Alcuni giorni fa (poco prima del ricorrere della strage di Via D'Amelio) è uscito, per i tipi di Aliberti, il libro "I misteri dell'agenda rossa" (Aliberti) degli inviati di Repubblica Viviano e Ziniti che riporta l'attenzione sulla scomparsa della "agenda rossa" da cui il giudice Borsellino, secondo le testimonianze di quanti conoscevano i suoi metodi di lavoro, non si staccava mai (perché lì - non amando particolarmente l'utilizzo dei moderni sistemi di scrittura - egli annotava i suoi pensieri, le sue intuizioni, spunti da sviluppare successivamente) .
Benchè la sua borsa sia stata rinvenuta intatta sul luogo dell'esplosione, l'Agenda rossa era scomparsa.
L'Agenda rossa avrebbe avuto nello svilupparsi delle indagine un'importanza cruciale in quanto avrebbe consentito di collegare Falcone e Borsellino alle dichiarazioni che entrambi, in momenti diversi, avevano raccolto da Gaspare Mutolo e che avevano ambedue solo annotato infomalmente, poichè non c'era stato il tempo di verbalizzarne ufficialmente, ne ve ne era stato il contesto.
Infatti, facendo un passo indietro, risulta che dell'incontro "segreto" (un colloquio "fondamentale") che Giovannni Falcone ebbe con Gaspare Mutolo nel Carcere di Spoleto nel 1991, Riina era venuto a sapere. Di quell'incontro non verbalizzato ufficialmente, Falcone aveva fatto sicuramente delle annotazioni nella sua agenda elettronica e forse nel suo PC (ma a parte una traccia in un appunto digitale rinvenuta da Giovanni Genchi), i file contenuti nei PC del giudice era stati manomessi e l'agenda elettronica si era (o era stata) smagnetizzata.
Mutolo dopo la morte di Falcone ritornò alla carica e volle parlare con Borsellino.
Anche in questo caso (si incontrarono per ben tre volte) il contenuto delle dichiarazioni di Mutolo non venne verbalizzato, ma sicuramente Borsellino ne trascrisse alcune annotazioni sulla sua agenda.
"Sicchè le morti di Falcone e Borsellino si portano dietro due singolari coincidenze: la scomparsa delle loro annotazioni e, e l'argomento prinicipale di quelle stesse annotazioni. E cioè le dichiarazioni di Mutolo sulla connivenza tra istituzioni e mafia. Dichiarazioni di cui nessuno o quasi nessuno doveva sapere nulla.(dall'introduzione di Edoardo Montolli, dal titolo "Le troppe verità ignorate", p. 10).
Il libro contiene due esclusive interviste inedite, una a Gaspare Mutolo, il quale (le sue testimonianze sono considerate addirittura più importanti di quelle di Tommaso Buscetta, che spiegò Cosa nostra a Giovanni Falcone) ribadisce l'esistenza di forti connessioni tra stato e mafia, e al giudice Luca Tescaroli che - sostituto procuratore a Roma e pubblico ministero nel processo per la strage di Capaci - ha condotto le indagini sui mandanti occulti per gli eccidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Nel volume inoltre viene riportato un manoscritto di Vito Ciancimino in cui è indicato per la prima volta il nome del misterioso “signor Franco” in una lista insieme a ex alti commissari per la lotta alla mafia, ex capi della polizia, ex dirigenti del Sisde.
Il volume contiene altri importanti documenti: quali, ad esempio, l'elenco di annotazioni scritte a mano, in allegato agli atti sulle stragi, in cui sono elencati i punti da dettare a Scarantino per la verità che il “falso” pentito doveva raccontare su via D’Amelio, e il documento in cui Massimo Ciancimino, ipotizzando la sua prematura scomparsa, nomina Francesco Viviano depositario del suo testamento.
Nel libro è contenuta anche la lettera inviata da Vito Ciancimino alla Commissione parlamentare antimafia il 29 ottobre 1992 in cui l’ex sindaco di Palermo chiede nuovamente di essere ascoltato in merito all’omicidio dell’onorevole Lima, lettera che non ebbe alcun esito perchè nessuno lo volle ascoltare.
Oggi a Caltanissetta hanno riaperto le indagini sui mandanti occulti delle stragi del '92. Si ipotizza che Borsellino sia stato ucciso perché si pponeva a una trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra per far cessare una scia di sangue mai vista prima: E un sacco di gente sembra avere ritrovato la memoria, ricordando episodi e fatti che Mutolo aveva narrato quasi vent'anni fa. Si va alla ricerca di quel "quasi nessuno" che sapeva e che di fatto fece da trait d'union tra la mafia e lo Stato, una talpa o forse un'entità in grado di interagire con entrambi gli apparati (dalla prefazione di Edoardo Montolli, p. 11)
Il "quasi nessuno" potrebbe essere stato, secondo quanto dichiarato da Massimo Ciancimino, il misterioso “signor Franco”, che sarebbe stato a tutti gli effetti l’anello di congiunzione tra Cosa nostra e alcune istituzioni italiane, in particolare servizi segreti e alcuni politici che ancora oggi tacciono o ricordano solo vagamente.
C'è dunque un filo rosso che collega sempre, in ogni strage e delitto o suicidio, elementi di Cosa Nostra ed elementi dei segreti, ufficiali o ufficiosi. Un filo che si manifesta sin dal 1989 e che fa pensare che tutto sia cominciato molto prima e non certo per iniziativa dei caprai corleonesi. (ib., p.13)
GLI AUTORI
Francesco Viviano, inviato di «Repubblica», ha seguito tutti i maxiprocessi di mafia, analizzando l’evoluzione di Cosa nostra dalle stragi a oggi. Inviato in Iraq e in Afghanistan, è stato insignito di numerosi riconoscimenti e nominato Cronista dell’anno nel 2004, 2007 e nel 2008. Per Aliberti ha pubblicato Michele Greco, il memoriale (2008), Mauro De Mauro. Una verità scomoda (2009), Morti e silenzi all’università. Il laboratorio dei veleni (2010) e I maledetti e gli innocenti (2010).
Alessandra Ziniti, inviata di «Repubblica», ha seguito tutte le grandi inchieste di mafia e di cronaca in Sicilia. Insieme a Francesco Viviano ha vinto il premio Cronista dell’anno nel 2008 e sempre con lui ha pubblicato per Aliberti Morti e silenzi all’università. Il laboratorio dei veleni (2010) e I maledetti e gli innocenti (2010).
Il CURATORE
Edoardo Montolli dirige Yahoopolis, la collana di Aliberti, in cui è inserito il volume di Viviano e Ziniti. E' autore, oltre che di numerosi saggi e romanzi, di un corposo studio sul Caso Genchi.
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