Immagini inquiete di un sogno che al mio risveglio non riesco a ricordare.
Eppure, più volte, nel corso della notte, mi son destato, come se stessi vivendo un'altra vita di cui serbavo solo tracce, impressioni confuse e vaghe immagini.
E, al mattino, dalla finestra hanno fatto irruzione a mandare via le brume del sonno lampi di luce bluastra, spettrale, e un cupo rullare di tamburi, quasi a sottolineare che il mondo del mio risveglio stesse precipitando verso un abisso e che i giorni allegri e luminosi di un tempo, quelli in cui si sentiva nell'aria il profumo della primavera, con un cestello di ciliegie appena colte che occhieggiava allegro dal davanzale della finestra, e i colori dell'estate conditi dall'aspro sentore di pesche montagnole, non potranno tornare più.
Forse, soltanto gli occhi e i sensi di un bambino che si affaccia alle prime soglie della vita sono capaci di cogliere questi aspetti, serbarne il ricordo e farli vivere con nostalgia anni dopo.
Forse, il mondo è stato sempre - drammaticamente - sull'orlo della fine ed è solo quello sguardo innocente che lo fa apparire pieno, rigoglioso e denso di promesse.
Fortunati quelli che mantengono quello sguardo e che nei momenti gravi della propria vita possono ritrovarlo in se stessi!
Eppure, più volte, nel corso della notte, mi son destato, come se stessi vivendo un'altra vita di cui serbavo solo tracce, impressioni confuse e vaghe immagini.
E, al mattino, dalla finestra hanno fatto irruzione a mandare via le brume del sonno lampi di luce bluastra, spettrale, e un cupo rullare di tamburi, quasi a sottolineare che il mondo del mio risveglio stesse precipitando verso un abisso e che i giorni allegri e luminosi di un tempo, quelli in cui si sentiva nell'aria il profumo della primavera, con un cestello di ciliegie appena colte che occhieggiava allegro dal davanzale della finestra, e i colori dell'estate conditi dall'aspro sentore di pesche montagnole, non potranno tornare più.
Forse, soltanto gli occhi e i sensi di un bambino che si affaccia alle prime soglie della vita sono capaci di cogliere questi aspetti, serbarne il ricordo e farli vivere con nostalgia anni dopo.
Forse, il mondo è stato sempre - drammaticamente - sull'orlo della fine ed è solo quello sguardo innocente che lo fa apparire pieno, rigoglioso e denso di promesse.
Fortunati quelli che mantengono quello sguardo e che nei momenti gravi della propria vita possono ritrovarlo in se stessi!
Un uomo stava camminando in un campo,
quando s'imbattè in una tigre...
Si mise a correre tallonato dall'animale...
Giunto ad un burrone, si afferrò ad un arbusto e si lascio penzolare...
Solo quel tralcio lo reggeva!
La tigre, sopra, lo fiutava, mentre un'altra - sotto - lo aspettava per divorarlo, quando fosse caduto.
Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare la radice dell'arbusto...
Fu allora che l'uomo vide accanto a sè una fragola...
Tenendosi saldo al tralcio con una mano sola, con l'altra spiccò la fragola.
"Com'è dolce!" - disse, assaporandola.
[D'incanto, i topi smisero di rosicchiare le radici dell'arbusto, le tigri se ne andarono e l'uomo che non aveva mai smesso di credere nel gusto della bontà, si salvò e visse ancora a lungo.].(da "Storie zen e dintorni, Casa editrice Demetra, 1989)
Questo piccolo apologo mi piace molto, anche se una vera storia zen si sarebbe conclusa con il rinvenimento della fragola oppure con la sua "degustazione" da parte dell'uomo in pericolo di vita. Il percorso sapienzale zen non prevede finali consolatori nelle sue storie: anzi chi le ascolta deve rimanere perplesso e con la mente turbata.
Solo un turbamento interiore può portare all'illluminazione e alla vera conoscenza di sé.
Solo un turbamento interiore può portare all'illluminazione e alla vera conoscenza di sé.
Qualcuno si chiederà perchè l'ho citato: non so bene.
Prima di trovarlo scritto in un libro, questa storiella è "venuta" a me, letteralmente.
Camminavo in un parco, una mattina, e su una panchina di travertino era stata trascritta, per intero, a caratteri irregolari. L'ho fotografata e l'ho letta più volte (ed era la versione senza il finale consolotario). Poi, a distanza di tempo, è "venuto" a me il libro che la conteneva e, qui, il testo era arricchitto da vignette a colori molto belle e gradevoli.
E' stato, forse, a partire dall'immagine delle ciliegie sul davanzale che ho cominciato a pensarci su e tale era la forza trainante delle ciliegie (di cui, mentre me scrivevo ,mi sembrava di sentire il profumo e la consistenza della polpa sotto i denti), che, erroneamente, ho creduto che il frutto capace di salvare la vita del viandante fosse una ciliegia, e non la fragola. Anche se, in realtà, non è tanto rilevante sapere di quale frutto si tratti, perchè, in definitiva, è il viandante a salvare se stesso, perchè sa cogliere l'opportunità che la sorte, con quel frutto, gli offre).
Forse, ho voluto inserire il piccolo apologo, perchè - a prescindere dal quel finale che nemmeno a me piace molto - esso dà un senso forte a certe immagini dell'infanzia, radiose e piene di bellezza, immagini che, con i correlati ricordi, rappresentano un tesoro di risorse interiori che aiutano ad affrontare i pericoli della vita e a sfuggir loro, oppure a lottare con energia (e con speranza).
Citando, per una volta il maghetto Harry Potter, ricorderei che l'unico modo dei maghi "buoni" per evocare l'incantesimo "Patronus" (quello che può proteggere dai "Dissennatori") è avere la mente sgombra da pensieri tristi, da risentimento e odio, appigliandosi invece ai ricordi più belli e più gioiosi, custoditi nel profondo di sé.
Prima di trovarlo scritto in un libro, questa storiella è "venuta" a me, letteralmente.
Camminavo in un parco, una mattina, e su una panchina di travertino era stata trascritta, per intero, a caratteri irregolari. L'ho fotografata e l'ho letta più volte (ed era la versione senza il finale consolotario). Poi, a distanza di tempo, è "venuto" a me il libro che la conteneva e, qui, il testo era arricchitto da vignette a colori molto belle e gradevoli.
E' stato, forse, a partire dall'immagine delle ciliegie sul davanzale che ho cominciato a pensarci su e tale era la forza trainante delle ciliegie (di cui, mentre me scrivevo ,mi sembrava di sentire il profumo e la consistenza della polpa sotto i denti), che, erroneamente, ho creduto che il frutto capace di salvare la vita del viandante fosse una ciliegia, e non la fragola. Anche se, in realtà, non è tanto rilevante sapere di quale frutto si tratti, perchè, in definitiva, è il viandante a salvare se stesso, perchè sa cogliere l'opportunità che la sorte, con quel frutto, gli offre).
Forse, ho voluto inserire il piccolo apologo, perchè - a prescindere dal quel finale che nemmeno a me piace molto - esso dà un senso forte a certe immagini dell'infanzia, radiose e piene di bellezza, immagini che, con i correlati ricordi, rappresentano un tesoro di risorse interiori che aiutano ad affrontare i pericoli della vita e a sfuggir loro, oppure a lottare con energia (e con speranza).
Citando, per una volta il maghetto Harry Potter, ricorderei che l'unico modo dei maghi "buoni" per evocare l'incantesimo "Patronus" (quello che può proteggere dai "Dissennatori") è avere la mente sgombra da pensieri tristi, da risentimento e odio, appigliandosi invece ai ricordi più belli e più gioiosi, custoditi nel profondo di sé.
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