venerdì 20 febbraio 2009

"Juno" diventa realtà: il caso del bambino inglese, padre a 13 anni


Avete il film "Juno"?
E' un felice apologo sulla possibilità che una ragazzina, appena adolescente, possa rimanere incinta e affrontare la "crisi" di crescita legata all'incipiente maternità.
Il delicato racconto, in modo garbato, sviscera questa problematica e mostra che è possibile affrontare l'incidente di una gravidanza non desiderata e, inizialmente, nemmeno "pensabile", come occasione per una crescita interiore e per l'assunzione di scelte consapevoli.
Juno è contro l'aborto: e decide di andare avanti per la sua strada. Per lei, il bimbo dovrà nascere, anche se - dopo vari tentennamenti ed indecisioni (ma, in ciò, è adeguatamente supportata dai propri genitori, presenti e sensibili) il bimbo, appena nato, verrà consegnato ad una coppia di genitori affidatari.
A Juno, plasmata da questa esperienza, rimarrà una seconda chance, in futuro, quando sarà cresciuta ed in grado di assumersi pienamente le responsabilità connesse ad una maternità.
E' semplicemente un problema di tempi e di occasioni.
E Juno è consapevole di ciò.
Questa storia dal film è entrata nella realtà con questo "caso" recente che ha davvero fatto scalpore, anche se molti lo hanno catalogato più come una "curiosità" che non un indicatore di una tendenza sociologica preoccupante, di una "deriva" in cui i piccoli sono sempre più abbandonati a se stessi.
Diventare padre a 13 anni. Ma dimostrarne otto.
E’ la storia di Alfie Patten, un bambino dell’Est Sussex, Gran Bretagna.
Che d’improvviso si ritrova al centro di una vicenda più grande di lui.
La neo-mamma Chantelle Steadman è poco più che una compagna di giochi: ha 15 anni. E insieme, almeno stando alle foto, compongono una coppia veramente improbabile.
E il dibattito sullo stato della società britannica naturalmente s’infiamma. (Stralcio dall'articolo di Mattia Bernardo Bagnoli in LaStampa.it)

Lasciando perdere tutte le polemiche successive attorno alla notizia (che, secondo alcune fonti, sarebbe non vera, per quanto riguarda almeno l'attribuzione di paternità), ciò che rende veramente perplessi in questa vicenda non è solo l'età dei due novelli genitori (la puerpera on avrebbe più di 15 anni), ma l'aspetto fortemente infatilizzato del neo-padre.
Non si comprende come questo evento sia potuto accadere e, soprattutto, come mai sia mancato del tutto il supporto degli adulti vicini, non dico esclusivamente dei genitori.
Sembrerebbe che, a differenza di quanto è prospettato in modo idealizzante in "Juno", qui, la gravidanza indesiderata ed inaspettata non si sia tradotta in un momento di crescita e formazione, con l'approntamento delle soluzioni più idonee, per quanto apparentemente causa di una sofferenza.
Ciò che stupisce è che i due ragazzini siano stati lasciati in preda a se stessi, in balia di una mal riposta capcità di autodeterminazione.
Quanto mai è vero, secondo me, il breve "aforisma" utilizzato da Simona Vinci per dar titolo al suo romanzo "Dei bambini non si sa niente" (Einaudi, 1997).
I bambini si muovono sempre di più e il più delle volte, in mondi separati, in luoghi fisici e mentali di cui l'occhio distratto degli adulti non riesce più ad avere alcuna visione.
Gli stessi bambini, a volte, finiscono con il diventare "invisibili" agli adulti, intenti come sono a giostrare tra TV, PC e videogiochi vari che li assorbono totalmente.
Il disinteresse degli adulti e l'immersione spinta nella dimensione virtuale fanno sì che i ragazzini crescano ignorando del tutto che le loro azioni possono avere delle conseguenze - anche gravi - nella realtà, anzi senza nemmeno riuscire a costruire dentro di sé una rappresentazione valida della realtà.
E quando accade qualcosa è ormai troppo tardi per porre rimedio: i giovani "attori", senza averlo previsto, si trovano davanti a conseguenze irreparabili che saranno causa di dolore e di sofferenza, vere ocasioni mancate che non potranno tradursi mai in un momento di crescita.
"Juno", invece insegna che sinergie positive tra adulti ed adolescenti possono innescare circuiti virtuosi di crescita e miglioramento, ma anche ad attivare un fruttuoso confornto con la realtà "vera" che quindi diventa una "severa" maestra, imponendo scelte, rinuncie e altre decisioni la cui responsabilità ultima non può essere condivisa.
Ciò può accadere soltanto a condizione che gli adulti non rinuncino mai a portare avanti un dialogo costruttivo con i figli che sono a loro affidati e che mai distolgano lo sguardo.
E, per questo motivo, "Juno" è un film che tutti, genitori e figli, dovrebbero vedere assieme e discutere.

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