Ho appena finito di leggere il secondo romanzo di Carla Vangelista, "Un altro mondo", molto più maturo di "Parlami d'amore" che - come si ricorderà - è stato scritto in tandem con Silvio Muccino.
C'è un un pizzico di buonismo che non guasta, in primis perchè i personaggi principali Andrea e Livia immersi come sono in uno stile di vita insulso e sprecato sono sufficientemente antipatici; in secondo luogo, perchè l'intreccio è, in definitiva, tutto centrato su di un percorso di formazione e di crescita, con l'elaborazione del lutto e della morte e delle separazioni subite da parte di ciascuno dei tre personaggi-chiave (Andrea, Livia e il piccolo Charlie), ciascuno seguendo proprie vie.
Alla fine, non c'è nessun finale del tipo "E vissero tutti felici e contenti", ma semplicemente l'attraversamento di una soglia (ianua = Giano, ovvero il dio degli inizi) ... che comporta l'abbandono alle spalle di ciò che è stato elaborato (nei suoi aspetti di incoerenza caotica ed ingestibile) e l'avvio di un percorso di cui comunque rimane ignoto l'esito na che si può percorrere con un bagaglio emozionale più leggero. Ma c'è anche l'ottimismo della scoperta che, attraverso il rinsaldarsi dei legami d'amore, si può essere più forti nell'affrontare l'ignoto, più forti perchè si è più solidali.
Insomma, questa lettura mi ha dato buone sensazioni e ho trovato che i personaggi e le situazioni siano psicologicamente credibili e consistenti, con un'ottima trasposizione in fiction dei modi e dei mezzi che possono essere scelti per eludere sistematicamente qualsiasi contatto (sentito come pericoloso e devastante con il dolore e con i sentimenti): e allora, ci sono la droga, l'amore come sesso e mai come relazione fondata sul sentimento, la pratica dell'anoressia, un modo di vivere accelerato e "liquido", secondo lo stile tipico della nostra "modernità" delineato da Zigmunt Baumannn. Anche se, poi, i sentimenti (non le emozioni violente, anch'esse droga che stordiscono) e il dolore che grida per essere elaborato, cacciati fuori dalla porta, rientrano prepotentemente dalla finestra.
"Non sei tu a cambiare la realtà, è la realtà a cambiare te": ma tra l'enunciazione teorica di questo semplice e profondo assunto e la sua piena accettazione (una vera e profonda resa emozionale) Andrea e Livia dovranno percorrere un lungo cammino.
Nella realtà, però, non è così facile che individui calati così radicalmente in un sistema di vita distorto e di perenne elusione dalla ricerca della verità interiore possano realizzare da soli esperienze catartiche e di trasformazione, ma può anche succedere e, quando succede, non se ne parla.
Spesso, i professionisti dell'aiuto e della cura rimangono più nettamente ancorati ai meccanismi distorcenti della psicopatologia e sono meno propensi a studiare i mezzi naturali e autogestiti di guarigione.
C'è un un pizzico di buonismo che non guasta, in primis perchè i personaggi principali Andrea e Livia immersi come sono in uno stile di vita insulso e sprecato sono sufficientemente antipatici; in secondo luogo, perchè l'intreccio è, in definitiva, tutto centrato su di un percorso di formazione e di crescita, con l'elaborazione del lutto e della morte e delle separazioni subite da parte di ciascuno dei tre personaggi-chiave (Andrea, Livia e il piccolo Charlie), ciascuno seguendo proprie vie.
Alla fine, non c'è nessun finale del tipo "E vissero tutti felici e contenti", ma semplicemente l'attraversamento di una soglia (ianua = Giano, ovvero il dio degli inizi) ... che comporta l'abbandono alle spalle di ciò che è stato elaborato (nei suoi aspetti di incoerenza caotica ed ingestibile) e l'avvio di un percorso di cui comunque rimane ignoto l'esito na che si può percorrere con un bagaglio emozionale più leggero. Ma c'è anche l'ottimismo della scoperta che, attraverso il rinsaldarsi dei legami d'amore, si può essere più forti nell'affrontare l'ignoto, più forti perchè si è più solidali.
Insomma, questa lettura mi ha dato buone sensazioni e ho trovato che i personaggi e le situazioni siano psicologicamente credibili e consistenti, con un'ottima trasposizione in fiction dei modi e dei mezzi che possono essere scelti per eludere sistematicamente qualsiasi contatto (sentito come pericoloso e devastante con il dolore e con i sentimenti): e allora, ci sono la droga, l'amore come sesso e mai come relazione fondata sul sentimento, la pratica dell'anoressia, un modo di vivere accelerato e "liquido", secondo lo stile tipico della nostra "modernità" delineato da Zigmunt Baumannn. Anche se, poi, i sentimenti (non le emozioni violente, anch'esse droga che stordiscono) e il dolore che grida per essere elaborato, cacciati fuori dalla porta, rientrano prepotentemente dalla finestra.
"Non sei tu a cambiare la realtà, è la realtà a cambiare te": ma tra l'enunciazione teorica di questo semplice e profondo assunto e la sua piena accettazione (una vera e profonda resa emozionale) Andrea e Livia dovranno percorrere un lungo cammino.
Nella realtà, però, non è così facile che individui calati così radicalmente in un sistema di vita distorto e di perenne elusione dalla ricerca della verità interiore possano realizzare da soli esperienze catartiche e di trasformazione, ma può anche succedere e, quando succede, non se ne parla.
Spesso, i professionisti dell'aiuto e della cura rimangono più nettamente ancorati ai meccanismi distorcenti della psicopatologia e sono meno propensi a studiare i mezzi naturali e autogestiti di guarigione.
Un sincero complimento a Carla Vangelista da parte mia non solo come lettore tout court ma anche come persona "competente" nei meccanismi della psicologia umana.
La trama
Andrea vive insieme a Livia una esistenza smemorata, molle, remissiva, in mezzo ad amici che, come lui, più di lui, ricamano finzioni intorno al buio del cuore, all’abisso di sentimenti inespressi. Tanti anni prima il padre di Andrea ha abbandonato la famiglia e si è trasferito in Kenya, lasciando dietro di sé solo silenzio. E ora arriva una sua lettera: vorrebbe rivedere il figlio prima di cedere alla morte.
Andrea è più rancorosamente curioso che animato da pietà filiale, ma ci va. Va in Africa. E là scopre di avere un fratello, più orfano di lui. Il padre ha lasciato a entrambi una eredità difficile. Comincia a quel punto un viaggio che è una vera e propria avventura dentro l’immensità e la maestà di un continente derelitto, e dentro la devastata interiorità di un giovane uomo che al fratello-figlio, al piccolo Charlie, deve aprire uno spazio o lasciarlo fuori da sé per sempre, nero e bastardo. In fondo, a una decina di ore di volo c’è il suo mondo che lo aspetta e dove tutto può ricominciare – come prima, come sempre. E se invece fosse possibile un altro mondo? Se sulla scacchiera dell’esistenza ci si potesse muovere senza l’ingombro di fantasmi, finalmente pieni di vento e di memoria?
Un altro mondo è un romanzo che racconta con grandezza e generosità di scenari, di temi, di personaggi memorabili la distanza che ci divide dalla semplice ed evidente sostanza dell’amore.
Il sito di Carla Vangelista.
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