"Ritorno ad un'altra vita, oltre la propria vita. Confondendo memoria e desiderio, Vadim Perelman azzera, riavvolge e riavvia la cronaca di un martirio. La vita di Diana McFee è tormentata da un mistero, un terribile evento avvenuto circa quindici anni prima: una strage avvenuta all'interno del suo liceo nella quale la sua migliore amica Maureen rimase uccisa" (www.mymovies.it). Nel flm di Perelman (il regista ucraino autore di "La casa di sabbia e nebbia"), viene raccontato il desiderio di riplasmare la propria vita, cambiando le proprie scelte.
Ci sono nella vita di ciascuno degli eventi cruciali, a volte, tali da segnare profondamente il decorso di tutto ciò che segue. Ci si può ritrovare, talvolta, a rimpiangere amaramente di non aver compiuto una certa scelta, di non avere agito seguendo un altruismo disinteressato laddove le circostanze hanno spinto a seguire ottusamente il proprio istinto di sopravvivenza.
In alcuni casi, essere i "sopravvissuti" d'una tragedia che ha colpito altri in modo irreparabile è un peso troppo difficile da sopportare ed è cosa che attiva dei sensi di colpa insopportabili, anche quando non ve ne sarebbe una ragione oggettiva.
"Davanti agli occhi" tratta proprio questa tematica.
Il regista sviluppa questo interrogativo: "Come sarebbe vivere per tutta la vita avendo costantemente 'davanti ai propri occhi' quel momento fatale, consapevoli che proprio lì, a quel punto, la propria esistenza ha imboccato un bivio dopo il quale non sarà più dato ritornare indietro per poter riplasmare le proprie vicissitudini e salvarsi da derive intollerabili di amarezze e di colpa?"
Il bel film di Perelman, intenso e conciso, è tratto da un romanzo che, anche in Italia, ha avuto un discreto successo (Laura Kasischke, La vita davanti ai suoi occhi, Neri Pozza, 2003), ampiamente rimaneggiato nella sceneggiatura per creare, nella storia del personaggio interpretato da Uma Thurman, un antefatto più aderente all'attualità.
L'evento che modula e plasma l'intera vita della Thurman è il confronto con un "mass murderer" nella scuola da lei frequentata da ragazza.
Una strage, terribile come quella di Columbine, viene perpetrata: un compagno, dopo aver esplicitato le sue intenzioni senza essere creduto, arriva a scuola con un'arma da guerra e spara a ripetizione, uccidendo chiunque gli venga a tiro. Diana è nel bagno della scuola con la sua amica del cuore, Maureen: l'assassino, in uno stato di forte alterazione psichica, irrompe e le mette entrambe sotto tiro, dicendo che solo una di loro dovrà morire. Maureen, altruista, dice, senza esitazioni: "Uccidi me. Non lei!". Quando a Diana tocca dire la sua in questo gioco atroce, ella - cedendo alla paura - grida "Uccidi lei!", pur consapevole dell'atroce tradimento che sta consumando nei confronti dell'amica.
Nel flm noi vediamo una Diana (Uma Thurman) adulta e madre, a confronto con la figlia adolescente e capiamo che ella rimane indissolubilmente vincolata a quel passato e alla ripetizione ossessiva della pellicola di quei pochi attimi che hanno segnato per sempre la sua vita, e alla rivisitazione di tutto ciò che è accaduto nei giorni precedenti, quelli della crescita e del formarsi di un forte sentimentio di amicizia, fatto di complicità e di condivisioni, con Maureen (anche confidente di tutti i suoi turbamenti adolescenziali e, nello stesso tempo, oggetto della sua gelosia).
La Thurman vive quasi spaesata nel presente, perchè piccoli dettagli, stimoli apparentemente insignificanti la fanno rimpiombare nel passato, in quel passato, un passato che non passa mai, costringendola a vivere in un presente smorto e derealizzato a confronto a quelle forti emozioni mai elaborate del tutto..
E' come se il regista ci presentasse due vicende parallele che convergono ossessivamente in quell'unico momento cruciale e determinante: la scelta definitiva ed irreparabile, Mors tua vita mea, l'affermazione della propria viltà e il trionfo, a dispetto di tutto, del proprio attaccamento alla vita.
Proprio di vicende parallele si tratta e non di semplici flashback tinti di onirismo.
La mente e gli occhi della protagonista sono là, sempre aperti su quell'istante e su quelli precedenti.
La tecnica di presentazione del passato e del presente sembra derivare dal montaggio di due film distinti e combinati ad incastro in un viluppo intrigante e non immediatamente decifrabile.
In questa ossessione, Diana cerca di riscrivere il suo passato alla ricerca d'un possibile riscatto.
La sua vita sarebbe finita se si fosse detta pronta ad immolarsi per l'amica, o forse no.
Questo non possiamo saperlo.
Avrebbe anche potuto sopravvivere, pur ferita.
E il regista sembra voler proporre, in chiusura, proprio quell'impossibile riscatto.
Nel nome del padre, o del padrino
1 settimana fa
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