"Nel cratere Yökull dello Snæffels che l'ombra dello Scartaris tocca alle calende di luglio, scendi, coraggioso viaggiatore, e raggiungerai il centro della terra. Ciò che feci. Arne Saknussem".Questo il crittogramma decifrato che apre la strada al viaggio d'esplorazione sino al cuore della terra, da parte dell'intrepido professore Otto Lidenbrock e del nipote Axel, protagonisti del romanzo verniano "Viaggio al centro della terra".
Jules Verne con i suoi romanzi di scoperta ed esplorazione e i molti altri che hanno anticipato importanti scoperte scientifiche (perfino la NASA, a detta di alcuni, ha un debito nei suoi confronti) ha fatto sognare generazioni di adolescenti, istruendoli in modo intelliggente, nello stesso tempo. In tutti i suoi romanzi, sempre cercando di mantenere fede ala credibilità scientifica, egli esplorava di volta in volta i limiti della conoscenza umana, senza mai dimenticare l'aspetto avventuro condito di elementi romanzeschi e romantici (anche se, a differenza della scrittura di Salgari, in Verne predominava sempre l'aspetto didascalico). Molti adolescenti hanno avuto in questi romanzi un'importante complemento dei programmi scolastici per conoscere il mondo e, in un certo senso, per formare dentro di sé una giusta dose di curiosità epistemologica.
"Viaggio al centro della terra" è stato sempre per me uno dei suoi romanzi più affascinanti, anche se - in definitiva - quello meno veritiero, dal momento che già ai tempi di Verne era disponibile la conoscenza che la temperatura della massa terrestre s'incrementa progressivamente man mano che si procede verso il centro di essa. L'idea di fondo, mutuata da alcune teorie "para-scientifiche" del tempo che, tuttavia, malgrado la loro eccentricità, ebbero largo seguito di pubblico, è che la terra possa avere al suo interno grandi cavità, collegate da cunicoli e camminamenti e che possa ospitare, al suo interno, dei veri e propri ecosistemi nei quali, in alcuni casi, persistono forme di vita primitive mai distrutte dalle quelle grandi catastrofi naturali che hanno rappresentato dei "salti" nell'evoluzione della vita nell'ambiente terrestre. Una delle più celebri di tali teorie fu quella di John Cleves Symmes, come è illustrato nel bel saggio di Martin Gardner, "Nel nome della scienza", illustrante alcune delle principali teorie scientifiche "eccentriche" che pur nondimeno hanno lasciato una traccia nell'immaginario collettivo).
In "Viaggio al centro dela terra" c'erano proprio tutti gli elementi del romanzo d'avventura: il crittogramma svelato, la storia di un precedente viaggio compiuto da un certo Arne Saknussen il viaggio avventuroso verso l'Islanda sino alle pendici del vulcano Snaeffels che sovrasta l'imponente ghiacciaio dello Snaeffelsjokull, poi l'esplorazione del misterioso cunicolo, dove gli esploratori - a conferma dele loro illazioni - ritrovano su una roccia un'incisione lasciata dallo stesso Saknussen, la scoperta di cose meravigliose, l'oceano sotterraneo, la persistenza di forme di vita estinte da milioni di anni sulla terra, il gregge di dinosauri tenuto al pascolo da un un uomo gigantesco, tanto per citare alcuni dettagli. Fascino che era acresciuto dalle illustrazioni mutuate dalla prestigiosa edizione Hetzel che lo corredavano, spesso realizzate come incisioni in bianco-nero, ma con tratti accuratissimi.
Di tutti questi elementi, prima ancora di ciò che io lessi direttamente ricordo le descrizioni e i racconti appassionati che me ne faceva mio padre. E la mia fantasia di ragazzino s'infiammava e fantasticava questi stessi scenari.
Nel 1959, quasi allo scoccare del centenario della prima edizione a stampa del fortunato romanzo, venne fuori un film (per la regia di Henry Levin) che, pur con tutti i limiti del linguaggio cinematografico di quel tempo, riusciva in parte a ricreare l'atmosfera fantastica, eppure realistica, del romanzo verniano. Chi dovesse andare a vedere questo remake rimarebbe deluso per molti aspetti.
Per semplificare sul budget, la storia - con uno stratagemma - è ambientata in epoca moderna. In secondo luogo, tutta la parte preliminare della decifrazione del crittogramma e del viaggio avventuroso di avvicinamento all'Islanda che segue sino alla porta d'ingresso al mondo sotterraneo è di molto semplificata, se non attraverso il riferimneto ad un'ipotetica società di "verniani", una sorta di congrega di studiosi e scienziati che credono alla verità d'una serie di cose prospettate da Verne nei suoi romanzi, anche di quelli più fantastici.
Tutto serve da preambolo per introdurre lo spettatore ad una serie di "topoi", di pezzi "forti" realizzati con una profusioni di effetti speciali digitali, in cui vengono - in sostanza - presentate sequenze da videogioco (con l'implicita regola che è necessario superare una prova per accedere al livello successivo) come, ad esempio, la discesa mozzafiato nei carrelli da miniera (una citazione da "Indiana Jones e il tempio maledetto"), la caduta "infinita" nel camino vulcanico, il passaggio attraverso grandi lastre di pietra tenute sospese sull'abisso da un campo magnetico, l'attacco dei pesci volanti armti di denti aguzzi e mandibole voraci, il confronto con le orrende piante carnivore, l'inseguimento da parte del Tirannosaurus Rex.
Tutto il resto del film (trama e personaggi) è semplicemente l'apparato (piuttosto esile) che consente di mettere in scena, con un minimo di credibilità, le diverse "prove" che i personaggi devono superare.
Così come la trama è tenue ed inconsistente, così i personaggi sono appena abbozzati.
Con l'unica differenza che qui viene a mancare proprio quell'aspetto che renderebbe intrigante un videogioco, cioè la possibilità di sperimentazione dell'azione in soggettiva, nonché il brivido derivante dal fatto che, almeno "virtualmente" è il giocatore potrebbe anche "morire". Diciamo pure che questo film è una semplificazione di come stia diventando la rappresentazione del mondo attraverso la cultura dei videogiochi e, in questo senso, s'allinea a tanti altri film - ormai di "genere" - con una forte impronta omologante, ma con la perdita secca della specificità e dell'originalità della trama originaria.
L'unico aspetto per cui questo film dovrebbe essere visto è la sua realizzazione in 3D (che necessita d'una sala cinematografica attrezzata con due proiettori sincronizzati che, proiettando ciascuno 2/3 del fotogramma, realizzano una visione somigliante a quella naturalmente stereoscopica fornitaci dalla nostra modalità di visione che è "binoculare".
Peccato che le sale cinematografiche attrezzate per questo siano in Italia soltanto una trentina: la maggior parte degli spettatori dovranno accontentarsi d'una "normale" visione, visto che il film è stato messo in distribuzione nella doppia versione.
Quindi, salvo a vivere in una delle città italiane dotate di sala cinematografica 3D, le aspettive di molti spettatori rimarrano deluse.
Questo, il sintetico occhiello che correda la scheda del film in www.mymovies.it: "Un giocattolone da parco dei divertimenti, da vedere in 3D. L’incredibile avventura di tre esploratori alla scoperta di un insolito regno sotto la superficie terrestre, in cui incontreranno dei luoghi meravigliosi, ma si ritroveranno ad affrontare dei gravi pericoli".
Nel nome del padre, o del padrino
1 settimana fa
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