Mary Terror – Mine (Mio), il titolo originale – è un duro romanzo di Robert McCammon del 1990, che venne pubblicato in italiano un anno dopo per i tipi “Interno Giallo” della Mondadori, e che viene ora meritoriamente riproposto da Gargoyle, mostrando immutata la verve originaria e la capacità d’impatto sui lettori.
Si tratta di un testo di difficile collocazione tra l’action novel e il racconto on the road (con descrizioni ricche e sontuose, a tratti quasi baroccheggianti, capaci – con la loro pienezza – di evocare atmosfere cinematografiche con forti coloriture horror). Leggendone alcuni passaggi viene spontaneo pensare a film come The hitcher. La lunga strada della paura di Robert Harmon, o al magistrale Duel di Spielberg, tratto dall’omonimo racconto di Matheson. È forse anche per via di questi autorevoli richiami che Mary Terror cattura immediatamente il lettore, che ne divora le pagine per scoprirne l’epilogo.
Come giustamente osserva Antonella Beccaria – nella prefazione alla nuova edizione, dal titolo “Mary Terror e la morte del più genuino sogno americano” – nel romanzo giganteggia un confronto tra due epoche diverse. Da una parte, c’è la rivoluzione dei fiori e il movimento hippy con tutte le sue sfumature, da quelle maggiormente libertarie alle propaggini più politicizzate (i Weathermen, Abbie Hoffman) sino ai lati più oscuri del fanatismo (anche Charles Manson con la sua “Setta di Satana” si colloca in quel periodo) e del terrorismo; dall’altra, la normalizzazione degli anni ’80, la generazione yuppie, il ritorno all’enfasi posta sul potere del denaro e della carriera.
Antonella Beccaria coglie con grande sensibilità la chiave interpretativa del libro, collocandolo sapientemente nel contesto storico-politico-sociale dell’America della restaurazione reaganiana: «[…] Mary Terror è prima di tutto un romanzo politico dai tratti impietosi che non risparmia nessuno dei suoi personaggi. È il ritratto dell’America post-contestazione, di ciò che è rimasto una volta conclusisi gli anni in cui si lottava per una rivoluzione che cambiasse il pianeta, dal singolo essere umano alla più tecnologizzata delle società occidentali. È un romanzo sugli effetti dell’estremismo come unica risposta ritenuta possibile».
Per leggere l’intera prefazione, clicca qui.
È, infatti, proprio sul finire degli anni ’80 che prende avvio
Mary Terrell – alias Mary Terror, per la fama di feroce assassina che l’accompagna – è ricercata da tutte le polizie statunitensi, in quanto ex componente dello Storm Front, un’organizzazione terrorista di matrice sovversiva, attiva vent’anni prima e quasi interamente falcidiata, nel
Quando la donna legge, sulla rivista “Rolling Stone”, un annuncio con dei riferimenti comprensibili solo a lei e agli altri membri dello Storm Front, ritiene sia finalmente giunto l’agognato momento della ricostituzione del gruppo, e decide, quindi, di mettersi in viaggio alla volta della California (dove l’organizzazione è sorta), non prima però di avere rapito un neonato da portare in dono a Lord Jack, come compensazione per la perdita del loro bimbo mai venuto al mondo a causa delle ferite riportate da Mary nell’imboscata. Per un concorso di circostanze (il “karma”), Mary rapisce il figlio di Laura Clayborne, ex-hippie imborghesita e moglie infelice di un yuppie rampante. Il rapimento determinerà un febbrile inseguimento lungo le strade di gran parte dell’America.
Di Mary Terror colpisce immediatamente
Jim Morrison (soprannominato “Dio”, nel delirio della donna, che lo reputa un vero e proprio guru sapienziale), fondatore del gruppo musicale dei Doors, il mitico complesso californiano, accompagna costantemente Mary, come fosse un singolare angelo custode, e lei lo ricambia ascoltandone di continuo le canzoni e canticchiandone i refrain.
Di Crosby, Still Nash & Young viene citato Marrakech Express, celebre brano che inneggia al viaggio; poi, sebbene mai esplicitamente menzionato, c’è Bob Dylan – il menestrello d’America, simbolo della canzone di protesta degli anni ’60 – attraverso il nome di “Tamburino”, l’appellativo con cui Mary ri-battezza il piccolo David Clayborne. Il riferimento è al brano giovanile di Dylan Mr Tambourine Man (1965), simbolo della fuga psichedelica e della ricerca dei paradisi artificiali nelle droghe, canzone presente in Bringing it all back home, il long playing del passaggio di Dylan da folk singer a musicista pop e sperimentale.
Hey! Mr Tambourine Man, play a song for me
I’m not sleepy and there is no place I’m going to
Hey! Mr Tambourine Man, play a song for me
In the jingle jangle morning I’ll come followin’ you.
Come dal titolo di questo intervento e già accennato in apertura, Mary Terror è un romanzo di confronto tra possibili evoluzioni di vita: l’esistenza di Mary è interamente immolata a un passato rimpianto (le cui storture e atrocità sono mascherate dal velo deformante dell’ideologia), quella di Laura, benché ex figlia dei fiori non esente da attimi di nostalgia, è invece venuta a patti con il presente, attraverso un lavoro soddisfacente e il raggiungimento di un rispettabile status sociale.
Ricorrendo a delle categorie psicoanalitiche, si potrebbe dire, che, mentre Laura rappresenta l’istinto di vita (non disgiunto da elementi aggressivi che risulteranno indispensabili per la sopravvivenza propria e di suo figlio), Mary è portatrice di un istinto di morte, che si agita in una mente delirante e allucinata dove anche l’amore (che trapassa senza alcun controllo nell’odio e nella furia omicida) si rivela solo finzione grottesca, modalità per tentare di fare ritorno a un passato perduto.
Ma vivere di passato – e nel passato –, oltre a essere anacronistico, conduce a un destino di distruttività e di morte, perché la vita vera, la vitalità e lo slancio possono alimentarsi solo di continui e dinamici cambiamenti, compreso quello di rinunciare a parti di Sé per riuscire a intraprendere percorsi nuovi e inediti, distaccandosi da quegli aspetti della propria personalità oramai non funzionali ad alcun adattamento e, infine, elaborando il lutto per ciò che si è perso o per ciò che è stato irreparabilmente danneggiato. Crescere e cambiare significa abbandonare una visione del mondo retta da grandi e inconciliabili scissioni, da opposti radicali, dal delirio e dalla persecuzione, ed entrare in un mondo dove i conflitti interiori ed esteriori cessano e inizia una fase di accettazione (delle cose guaste e morte), di negoziazioni e compromessi.
Quella di Mary Terror è una personalità borderline con tendenze sociopatiche e con un forte discontrollo comportamentale che la porta a disconoscere con estrema facilità ciò che idealizza (quando David piange, ad esempio, non è più un “buon” bambino e deve essere punito): parallelamente, molta della sua distruttività è supportata da una spiccata tendenza all’organizzazione rigorosa delle azioni delittuose, tipica dei serial killer.
L’opposizione tra le due anime femminili del romanzo di McCammon è anche negli odori, che fanno parte dell’universo sensoriale attivato dalle descrizioni che vi sono contenute e dagli stilemi linguistici dell’autore, a volte ridondanti ma efficaci.
Per Mary Terror i riferimenti olfattivi sono l’odore animalesco della tana, il lezzo della plastica bruciata, quello rameico del sangue versato e il fetore del pus, del corpo non lavato e del sudore irrancidito (anche in questo caso, l’immagine bella e idealizzata del proprio Sé è consegnata a un passato cristallizzato); man mano che la vicenda evolve verso un finale, Mary assume sempre di più qualità olfattive ferine e sembra perdere le caratteristiche umane, che vengono soffocate dalla sua furia omicida.
Le immagini olfattive che contraddistinguono il mondo di Laura Clayborne richiamano, viceversa, alla pulizia del corpo lavato di fresco, al leggero sentore di shampoo alla mela, al latte e al miele di cui profuma la pelle del piccolo David.
Notazioni sulla cover della presente edizione
Nella prima di copertina, un passeggino, in stile anni ’60, abbandonato in un sottoscala buio e lercio, rappresenta magistralmente la sintesi del pensiero ossessivo di Mary Terror sulla sua maternità danneggiata, e del mondo crepuscolare e devitalizzato del suo delirio.
Sul dorso, campeggia un occhio circondato da colori iridescenti, che è insieme una citazione (e un omaggio) della grafica realizzata per la copertina dell’edizione di Interno Giallo, ma anche un riferimento all’occhio di Dio che tutto vede (dunque anche al “Dio” Jim Morrison) e alla stagione della psichedelia (enunciata dai colori screziati dello spettro dell’arcobaleno che, ancora oggi, i giovani e i movimenti di protesta no global associano alla pace).
Mentre il carrozzino rappresenta un passato statico e sterile, l’occhio guarda al futuro.
In fondo, un libro – se ben scritto – è sempre una porta che collega mondi diversi, sia fisici, sia temporali e, nella fine di ogni storia, c’è un nuovo principio che si genera e si autoalimenta. E, proprio a questo insieme di significati, sembrerebbe alludere quell’occhio. Un occhio che guarda al di là del testo e al di là della vicenda narrata.
Oltre a una “colonna sonora” fortemente caratterizzata è presente nel romanzo di McCammon anche il riferimento alle filastrocche popolari, in maniera quasi antitetica. Contrariamente al tipo di musica che fa da sfondo alla spasmodica fuga di Mary e all’inseguimento da parte di Laura, le cantilene per bambini rappresentano, infatti, il quieto mondo familiare, retto da una serie di valori consuetudinari che ricorrono da una generazione all’altra e che, con la ripetitività dei loro ritornelli – una sorta di “mantra rasserenante”– schermano da un mondo esterno spesso ostile.
La filastrocca inglese citata nel libro, Il figlio del lunedì – che diventa “Il figlio del giovedì”, dal giorno di nascita del piccolo David – è una canzoncina gioiosa, in quanto tributo alla vita, alla curiosità e alle scoperte che si prospettano davanti al nuovo nato, a cui ogni diverso giorno della settimana porterà doni differenti, tutti parimenti belli da conoscere…
Monday’s child is fair of face,
Tuesday’s child is full of grace,
Wednesday’s child is full of woe,
Thursday’s child has far to go,
Friday’s child is loving and giving,
Saturday’s child works hard for a living,
But the child who is born on the Sabbath Day
Is bonny and blithe and good and gay
Una filastrocca che – come spiega una delle tante note editoriali che rendono più comprensibile il testo ai lettori non di madre lingua – rimanda a una canzone di David Bowie, Thursday’s Child, improntata all’ottimismo e alla fiducia nel futuro…
Throw me tomorrow
Now that I’ve really got a chance
Throw me tomorrow
Everything’s falling into place
Throw me tomorrow
Seeing my past to let it go
Throw me tomorrow
Only for you I don’t regret
That I was Thursday’s child
(…)
Lucky old sun is in my sky
Nothing prepared me for your smile
Lighting the darkness of my soul
Innocence in your arms
E, come “il figlio del giovedì” della filastrocca farà molta strada, così auguriamo a questo romanzo riedito da Gargoyle – uscito nelle librerie giustappunto di giovedì (29 aprile) – di fare molta strada… Anche questo è karma, direbbe Mary Terror.
Una breve nota biografica su Robert McCammon
Nato a Birmingham (Alabama) nel 1952, Robert McCammon ha scritto diversi racconti e 13 romanzi, tra cui Baal (1980, suo libro d’esordio), Loro attendono (1980), Hanno sete (1981, Gargoyle 2005),
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