venerdì 5 giugno 2009

Panchine da viaggio, il mondo in una stanza e tappeti magici


Mi ha molto colpito il post di recente comparso nel blog di Enzo Cordovana, dal titolo accativante "Panchine da viaggio", oltre che nel gruppo di discussione FB "QUELLI, KE LE PANCHINE...".
La definizione cordovanesca di "panchine da viaggio" mi è piaciuta davvero molto perchè nel nome c'è insita la garanzia di poter viaggiare con la mente, sicuramente e di potere osservare il mondo dislocarsi attorno a te, realizzando quindi una delle caratteristiche principali del viaggiare con l'effetto di spaesamento e quant'altro.
E' un modo per capovolgere l'idea stessa del viaggio: non sei più tu che vai verso il mondo, ma è il mondo che scorre davanti ai tuoi occhi, come in un film.
Il microcosmo che costituisce una rappresentazione attendibile, se non addirittura isomorfica, dell'intero macrocosmo.
Questo assunto ha degli antecedenti letterari significativi, tra i quali mi vengono in mente le due piccole opere del francese Xavier de Maistre.
Xavier De Maistre (1763-1852), fratello del più famoso Joseph, è l'autore di un piccolo libro, il "Viaggio intorno alla mia camera", composto nel 1790 in occasione di una sua forzata immobilità conseguenza degli arresti domiciliari cui l'avevano condannato le autorità militari savoiarde. Il libro, con un andamento discorsivo e raffinato al tempo stesso, è costituito da 42 capitoletti tanti quanti sono stati i suoi giorni di prigionia. De Maistre, nelle sue pagine, ci racconta di tante sue piccole scoperte che sono, in realtà, alla portata di ogni attento osservatore, ma il suo "tocco" ed il principio ispiratore (spiritualista) della sua narrazione lo hanno fatto apprezzare, nel tempo, anche da illustri scrittori quali Alessandro Manzoni e tanti altri suoi contemporanei.
Il piccolo libro venne seguito da un secondo volumetto, "Spedizioni notturne intorno alla mia camera", costruito in modo del tutto simile.
Un aneddotto: un uomo ubriaco se ne stava fermo, in piena notte, appoggiato ad un lampione. Si avvicina uno, incuriosito, e gli chiede: "Cosa fai qui? perchè non te ne vai a casa?" L'ubriaco gli risponde, guardandolo con sufficienza: "Me ne sto qui ad aspettare. E, prima o poi, la mia casa passerà di qui. Ne sono certo".
Certo: parole di ubriaco, ma in fondo anche di profonda saggezza. Inutile affannarsi per cercare di trovare qualcosa che, prima o poi, troverà te.
Seduti nella panchina ci si mette un po' fuori dal mondo e lo si osserva: ma non sempre questo volontario mettersi fuori dal flusso delle cose è ben accolto. In alcuni casi, per potere seguire indisturbato questa tua esigenza, devi un po' nasconderti.
Una volta, alla 100 km Trapani-Palermo, sentii impellente il bisogno di dormire: dovetti scegliere per la bisogna un posto relativamente appartato e fuori dalla vista. Se infatti fossi stato visto da qualcuno dell'organizzazione beatamente addormentato, nella peggiore della ipotesi, avrei suscitato allarme ("Sta male. Ha bisogno di soccorsi.") e di peso sarei stato portato via e, nella migliore, sarei stato guardato con compatimento ("Chistu è unu curiusu").
La panchina offre la possibilità di un viaggio "stazionario", un modo di viaggiare in controtendenza rispetto a questa nostra moderntà ipervelocizzata, in cui le cose che viengono maggiormente apprezzate e valorizzate sono il movimento continuo e la velocità.
Robert Anson Heinlein, uno dei maestri della narrativa di anticipazione, scrisse negli anni Sessanta un racconto che è una rappresentazione metaforica di ciò che accade al nostro mondo, oggi: in "Le strade devono correre" veniva preconizzato una società futura, in cui il nostro pianeta è ridotto ad una rete infinita di strade, su cui l'intera umanità vive la sua vita su mezzi di trasporto (la più parte autoveicoli personali), dunque ciascuno anche in modo solipsistico) in continuo movimento. Unica legge: non ci si può mai fermare.
A quel mondo (ma, senza arrivare all'estremo visionario di Heinlein, anche al nostro mondo attuale) preferisco una modesta panchina "da viaggio" che, in alcuni casi, può anche diventare come un tappeto magico che, subito in volo al tuo comando, ti trasporta ovunque tu voglia andare.

Foto: La panchina nella foto, si trova sulla strada che da Firenze porta a Faenza, subito dopo l'uscita di Ronta, dunque al 45° km circa. La panchina è posizionata su di un tornante in modo tale che standovi seduti lo sguardo può avere uno scorcio sulla valle del Mugello e, a più breve distanza, sul tratto di strada a partire dal tornante subito prima.
La panchina è ubicata proprio nel punto in cui la salita si fa veramente dura per poi mantenersi sino al Passo della Colla (di Casaglia) ubicato al 48° km.
Quando sono arrivato, la panchina era occupata da un papà e da un bambino (o ragazzetto): entrambi ciclisti, si concedevano qualche istante di riposo. Erano seduti e si riposavano. Avrei voluto fotografarli.
Non ho fatto in tempo perchè hanno inforcato le bici e sono andati via, continuando la dura pedalata in salita.
Non mi è rimasto altro da fare che fotografare la panchina vuota.
E poi mi ci sono seduto, in attesa del passaggio della testa della gara.

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