venerdì 27 novembre 2009

In un delicato romanzo, il percorso iniziatico d'un adolescente frustrato ed infelice


Chi ha letto "Ibrahim e i fiori del Corano" ricorderà senz'altro la levità con cui si muove Eric-Emmanuel Schmitt nel delineare i suoi piccoli apologhi morali.
Perchè questo, in realtà, i suoi romanzi sono: dei piccoli apologhi che al lettore, in qualche misura, trasmettono degli insegnamenti, unitamente ad emozioni autentiche e vibranti.

I suoi personaggi sono alla ricerca di qualcosa, perchè, nel loro stato di partenza, sono infelici, scontenti e in lotta più o meno aperta contro il mondo (oppure si presentano come dei soccombenti). E, ad un certo punto della loro vita, per puro accidente (o per predestinazione) si trovano a confrontarsi con uno che potrà impartire loro un insegnamento, ponendosi nei loro confronti come maestro.

In questo senso i racconti di Schmitt sono delle piccole, minimaliste, storie di formazione.

Anche nel caso di quest'altra piccola storia,
"Il lottatore di sumo che non diventava grosso" (Edizioni e/o, 2009), il giovane Jun, appena adolescente, sbandato, carico di astio nei confronti dei suoi genitori (un padre assente che s'è suicidato, una madre-angelo che dispensa attenzioni e premure a tanti, ma non a lui) è profondamente infelice, anche se nasconde questo stato d'animo dietro una maschera di cinismo e di disprezzo radicale nei confronti del mondo.
Ma Shomintsu, allenatore di lottatori di sumo
"vede in lui uno grosso" e, dopo averglielo detto più volte, lo invita ad interessarsi al sumo: in particolare, gli chiede di venire ad assistere ad un incontro di questa particolare lotta.
Come a dire, intravede in Jun, magro ossuto e foruncoloso, una potenziale farfalla, un soggetto che può sbocciare secondo i canoni del corpo "grosso" richiesto ai lottatori di sumo.
Da qui comincia un lento percorso di avvicinamento, fatto di contrasti ed antagonismo, perchè Jun non vuole abbandonare la sua corazza di disprezzo nei confronti dell'umanità, sino ad un punto di svolta, a partire dal quale si dipana un percorso di formazione toccante, ed anche commovente, sempre delicato e discreto, quasi in punta di piedi.

Shomintsu non è solo un allenatore, ma è anche un maestro Zen e condurrà per mano Jun, attraverso una serie di passaggi iniziatici, dei quali tuttavia solo Jun - secondo un approccio tipicamente orientale - sarà l'artefice e che gli consentiranno di fare sbocciare il "grosso" e che lui, per passare poi a decidere con libertà della propria vita.
Una narrazione semplice e piacevolissima. Il romanzo si aggiunge alla serie del cosiddetto "Ciclo dell'invisibile".

Lottatori di sumo si fronteggiano
Eric-Emmanuel Schmitt è nato a St. Foy Les Layons nel 1960. Ha studiato musica e letteratura e si è laureato in filosofia presso la École Normale Supérieure nel 1983. Dopo aver ottenuto un dottorato nel 1987 è diventato “maître de conférences” all’Università di Chambéry. E’ autore di racconti, romanzi e di opere teatrali tradotte e rappresentate in tutto il mondo ed è considerato uno degli autori di maggior successo nel panorama della drammaturgia francese contemporanea.

Eric-Emmanuel Schmitt

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