martedì 1 giugno 2010

Il naufragio della civiltà e l'estetica dell'apocalisse


Trovo che questa foto sia quasi perfetta.
Un colpo d'occhio inaspettato...
Per un elogio della natura gli elementi ci sono tutti: il mare e la sabbia, il sottile granigliato rossastro, derivante dai gusci silicei di piccoli bivalvi macinati dalla risacca, il cielo intensamente azzurro sullo sfondo
Ma nello stesso tempo, è tanto evocativa di un naufragio o - si potrebbe anche dire - del naufragio della civiltà.
La totale assenza di presenze umane facilità delle allusioni ad un possibile scenario post-apocalittico.
C'è l'invito alla riflessione (molto cara a Cormac McCarthy - almeno sino a prima del suo cupo romanzo "La strada") che la natura rimane sempre immutata con una sua bellezza intangibile, malgrado i rifiuti e le scorie che, senza sensibilità alcuna, disseminiamo attorno a noi, malgrado la furbizia e la cattiveria estrema di cui solo gli uomini sanno essere capaci...
Detriti e scarti che, per un effetto secondario assolutamente imprevedibile, diventano essi stessi elementi di singolare bellezza, utili a comporre un'estetica del naufragio e dell'apocalisse.

"E noi non ci saremo"... Ma la natura, trasformata e riciclata degli umani rimarrà sempre lì pronta ad accogliere dei novelli Robinson

Malgrado i presagi della catastrofe incombente, di fronte a questa scena, è più che lecito dire "...naufragar m'é dolce in questo mare".

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