venerdì 22 aprile 2011

Il merlo caduto


Nei fumi dei gas di scarico
e nei sentori grevi degli incendi di plastica e altri detriti
mi colpisce il penetrante profumo
del glicine fiorito e dei pittosfori
che evocano il buio vibrante e la dolcezza sontuosa

di notti orientali


Un merlo è caduto stecchito sul cemento


Giace sul dorso
con le zampine rattrappite,
gli occhiettti devastati
che non vedranno più un'alba
e il becco giallo-arancione appena schiuso

Torre, mare e gabbiani


La torre sul promontorio pietroso e scosceso
da secoli se ne sta immobile a guardare
altre torri in corrispondenza visuale

Ai piedi della scogliera diruta,
s'apre una spiaggetta di sassi levigati

verso cui discende un sentiero tortuoso

immerso tra euforbie selvatiche e disi taglienti
Il mare è intensamente azzurro,

la superficie levigata dalla calma di vento,
e il greto sassoso è gremito di gabbiani
che spiccano il volo non appena avvertono
una presenza estranea
Poco prima di abbandonare il sentiero,

lo sguardo del viandante
è offeso da un copioso deposito di monnezza
e da innominabili lordure stratificate,

lasciate negli anni dai gitanti domenicali

Tanto, anche se qui torneranno
più volte ancora a sollazzarsi,
i rozzi gitanti sanno che questo luogo
non è casa loro
e può essere sporcato e degradato a volontà

Ma la vegetazione selvaggia crescendo irruenta copre tutto,

stendendo sul marciume un manto verde

che delle sostanze degradibili si nutre


Vis sanatrix naturae!

Un lieve odore di decomposizione
aleggia nell'aria
sul greto di sassi

Un pesce morto, forse, o un mollusco spiaggiato

oppure la carogna di un volatile

ma è un odore lieve e fa parte della natura


Gabbiani, a frotte
al largo,
gli stessi che prima indugiavano pigri sui sassi
a scaldarsi al sole
ora se ne stanno a flottare nell'acqua tranquilla,

in gruppi compatti,
come paperelle o gallinelle d'acqua,
ma poi si levano in volo disturbati da una barca di pescatori
in arrivo
con un motore sputacchioso e ansimante
a gettare le sue reti


Saranno un centinaio e forse di più


Altri se ne stanno arroccati sullle balze dell'alta scogliera.

Ci s'immmagina che stiano immobili come sentinelle

a vegliare gelosamente sui propri terreni di cova


Ci osservano, pronti a cogliere segnali di pericolo
E altri si stagliano vigili, ancora più in alto,
sui merli e sulla sommità dell'antica torre di guardia


Lanciano grida e strepiti,

un'infinita varietà di gorgheggi


Si alzano imponenti,

scivolano d'ala
oppure planano a volo radente sulla liquida superficie
e poi con grazia si posano

chiudendo sul corpo globulare le grandi ali

con un unico movmento fluido


Parlano tra loro
, anche,
in tempi che sono a noi estranei

Il luogo è loro,

noi - sempre - saremo soltanto ospiti

e osservandoli potremo soltanto dire grazie

per la bellezza che ci è offerta allo sguardo

Noi moriremo e loro rimarrano,

a fare da guardia
e ad accompagnare il nostro transito
con le loro strida


Un giorno la Natura violata
si vendicherà dei soprusi,
della violenza e delle brutture che le sono state inflitte


Ritorcerà su di noi la nostra hubris


Già lo sta facendo:
bisogna saper cogliere i segni


Quando ciò accadrà,
proprio i gabbiani
da fieri custodi
si trasformeranno nei nostri giustizieri
e ci trafiggeranno cuore e occhi
con becchi affilati

Un viaggio tra le scritture ultime


Un eremo sul colle,
cipressi e pini alle spalle,
croci, crocifissi, lapidi, angeli benedicenti
figure dolenti, pietrificate nel loro dolore
fiori freschi, vivi, appena recisi
fiori appassiti, fiori artificiali,
scale impervie e sentieri muschiosi,
piccole piante erbose cresciute tra gli interstizi della pietra
perchè la vita è sempre prepotente, anche nei luoghi di morte e transito

In questo luogo senza tempo
vorrei stare disteso,
con gli occhi chiusi,
su di una lastra di marmo
battuta dal sole del primo meriggio
con il mare lontano all'orizzonte
e i monti attorno
sormontati da antiche fortezze
a riscaldarmi come una lucertola,
ad ascoltare lo stormire del vento tra le foglie

Starei bene lì,
su quella pietra,
fantasticando di poter divenire io stesso marmo,
indugierei pigro,
pur sapendo che, dopo il sole,
il freddo della notte catturerà il mio corpo
sin dentro alle ossa

Ossa e cenere
questo siamo e diventeranno i nostri corpi
che sono solo simulacri,
involucri vuoti,
gusci spezzati

Attorno a me,
sento il mormorio di mille voci,
intrecciato con la voce del vento

Ognuna racconta una storia,
preghiere,
invocazioni,
per essere ricordato
e ognuna dice qualcosa
per mezzo delle scritture ultime
lì collocate, alcune tracciate su pagine di marmo

Voci di adulti che hanno vissuto pienamente,
e andati via al termine di vite operose,
di bambini e giovani troppo presto strappati alla vita
di giovani partiti in guerra
le cui spoglie non hanno mai fatto ritorno,
mentre qualcuno attendeva inconsolabile,
tre fratelli uccisi nello stesso istante
dall'esplosione di un ordigno

Foto antiche mi guardano
dai loro ovali
immagini in bianconero
o virate in seppia,
un po' sfocate
dall'aspetto antico,
anche quelle di defunti
d'oggi

Dai tondi o dagli ovali,
aperti come tante finestrelle sulle lapidi,
i defunti sembrano occhieggiare
da un altro tempo
e da un altro luogo
con sguardi
allegri o tristi,
qualche volta pensosi

Ieri ero in un cimitero,
Oggi sono in un altro,
domani non so.
Quale sarà il mio?
Qaundo arriverà il mio momento?

Eppure,
mi piace questo silenzio,
mon m'inquieta stare in questo spazio
risonante di scritture ultime

E' un silenzio che dà pace
e vorrei stare in questo luogo di quiete
a riposare
e a sognare la fine di tutte le cose
quando non ci sarà più nulla da desiderare



Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni (Salmo 23)

martedì 19 aprile 2011

Ogni tanto, la primavera ritorna...


I giorni passano,
veloci a volte,
lenti altre

Un tempo si strappava
un foglietto dal calendario
in cui ogni giorno del mese
era scritto in grandi numeri rossi:
un singolo foglietto per ogni giorno.
Tutto l'anno era rappresentato
da un blocco di 365 foglietti
e, guardandone lo spessore che si riduceva,
avevi il senso del tempo trascorso

Da bambino, strapparli
era un privilegio
che mi era riservato
e, in una scatola,
conservavo gelosamente
i giorni trascorsi,
come fossero preziose reliquie

Erano un po' appiccicati l'uno all'altro

Ricordo vividamente che mi costava un po' di fatica
levare il foglietto vecchio
e far venire alla luce quello nuovo:
cercavo di farlo con cura,
perchè non volevo che quei foglietti si strappassero.
Sarebbe stato come distruggere i giorni passati,
profanare quelli futuri:
certo, una cosa non di buon auspicio

In questo, nell'archiviare
il giorno appena trascorso,
procedevo con prudenza
con delicatezza,
benchè volessi bruciare le tappe

Mi chiedevo come sarei stato
nell'allora mitico anno 2000
che mi pareva lontanissimo,
quasi irraggiungibile,
Cosa avrei fatto?
- mi domandavo -
senza poter trovare risposte
e facevo il computo dell'età
che avrei avuto,
impaziente di andare avanti

Quei foglietti strappati,
mi davano il senso del tempo che scorreva,
come le foglie morte d'autunno,
il lento cangiare dei colori,
l'arrivo delle prime pioggie e del freddo
e, ogni tanto,
per noi gente del Sud,
anche l'effimero biancore d'una nevicata
e credevi nella ciclicità, nei ritorni e nei ricorsi

Oggi, invece, non te ne accorgi più

Vai avanti
un giorno appresso
all'altro.

Si consumano, i giorni,
come chicchi di riso
allineati,
che scivolano attraverso il collo
d'una clessidra gigante
ma quelli passati
sono perduti per sempre
non ritorneranno a passare
una seconda volta

Poi, all'improvviso,
vedi che sono arrivati
i primi rondoni ad intrecciare i loro voli,
il glicine è fiorito
e riempie l'aria di inebriante profumo
e altri profumi sontuosi
ti entrano nelle narici
e gli uccelli si accoppiano

E' la primavera che continua ad arrivare,
malgrado tutto
e, ogni tanto, te ne accorgi
e sorridi rinvigorito
davanti alla vita che ritorna
e riempe l'aria che respiri

Palermo, il 19 aprile 2011

lunedì 21 marzo 2011

"La figura di cera": horror, intriso di decadentismo postmoderno, che nasce come sequel de "Il Morso sul collo"


E' uscito a febbraio il romanzo La figura di cera (2011) dello scrittore romano Riccardo D’Anna, per i tipi di Gargoyle. L’autore dichiara che l’idea del suo romanzo è scaturita dalla lettura di quello di Simon Raven, dal titolo Doctors wear scarlet (in Italiano: Il morso sul collo), pubblicato nel 1960 e proposto in traduzione dalla Longanesi nel 1968, ripreso infine da Gargoyle nel 2009 - in una nuova traduzione, revisonata dallo stesso D'Anna.
"Devo all'amicizia con Paolo De Crescenzo se mi sono avventurato, rispetto all'itinerario personale della scrittura, in un territorio non mio. Da anni, ben prima che desse alla casa editrice Gargoyle, mi incitava a misurarmi con un romanzo di genere, regalandomi consigli di lettura e fornendomi alcuni spunti.. Mi sono sempre schermito, pur tenendo l'horror in una certa considerazione,come una delle chiavi che non gira a vuoto nello scrigno del contemporaneo, per attraversarlo e comprenderlo. Insomma: pur essendo avvezzo agli intingoli del diavolo nella cucina di magro, non avevo però mai pensato di mettermi direttamente alla prova. Fino a quando, del tutto inaspettamente, la scintilla è scoccata: proprio un lavoro di revisione linguistica operato su un testo di Gargoyle (...) commissionatomi da Paolo, è stato (...) l'intonazione musicale... dalla quale prendere ispirazione e cominciare a comporre" (p. 183, in "Titoli di coda").
I protagonisti del romanzo di D'Anna si trovano alla prese con una serie di misteriosi suicidi e con la scomparsa dalla tomba del corpo di una marchesa famosa per la sua bellezza e per essere stata amante di Gabriele d’Annunzio. Risulta scomparsa anche una statua di cera con le fattezze della nobildonna, forse creata con pratiche negromantiche e da cui la stessa avrebbe attinto nuova vita.
L’azione, seguendo le tracce della calco di cera scomparso, si sposta a Venezia e successivamente a Berlino, una città che mostra ancora le ferite della guerra, ma dove si possono rinvenire i residui di società segrete legate alle pratiche magiche del nazismo. Quella intrapresa del manipolo di amici implicati nell'avventura, sarà una corsa contro il tempo per sventare il peggio e non priva di pericoli, rischi personali e qualche vittima.

D'Anna, saggista e critico, che si è già cimentato nella scrittura fiction colta ed intimista (Una stagione di fede assoluta, Pequod, 2006) o al romanzo che offre una ricostruzione storica alternativa a eventi realmente accaduti (Saint Ex, Avagliano, 2008) compie con quest'opera il salto alla narrativa di genere, ma a modo suo.

Nel riallacciarsi con il romanzo di Simon Raven, ripartendo esattamente dal punto in cui si era conclusa la storia narrata in "Il morso sul collo" e presentando gli stessi personaggi, ad eccezione di quelli deceduti nella vicenda precedente, offre ai lettori appassionati del genere (ma non solo, perchè ha tutti i numeri per interessare il cultore di letteratura, o di storia dell'arte o del costume) un romanzo che è assieme horror (decadente e, a tratti, estetizzante) e saggio storico e di costume.

Le vicende - come già detto - si dipanano tra Londra, Venezia e Berlino alla fine degli anni Cinquanta, ancora in pieno dopoguerra e pre-Muro di Berlino, consentendo di gettare uno sguardo sul decadentismo dannunziano e sugli epigoni di società segrete ed esoteriche che erano state in pieno vigore tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo (Aleister Crowley, la Golden Dawn, sino alle più oscure propaggini nel "nazismo magico"). Memorabili le pagine che si svolgono in una Venezia brumosa sino all'incursione nell'atelier di un oscuro artista, abilissimo falsario, specializzato nella riproduzione di opere pittoriche e scultoree di celebri artisti, ma anche le peregrinazioni nella Berlino del dopoguerra non ancora divisa dal Muro, o perfino la visita al londinese Museo delle Cere di Madame Tussaud.

I personaggi fiction s'incontrano, nel corso della loro indagine, attraverso il racconto fatto da altri o per confronti vis à vis, con personaggi realmente vissuti: in primis, Gabriele D'Annunzio e la marchesa Luisa Casati, musa ispiratrice dello stesso D'Annunzio, ma interagiscono anche con Peggy Guggenheim nella sua splendida dimora veneziana, sulle tracce della "figura di cera".
Nel romanzo si trovano il fascino e le nebbie della narrativa gotica, ma anche lo stile dello scrittore che conosce a menadito il periodo storico in cui colloca la sua narrazione e le radici culturali che lo hanno determinato. Vi è anche - come argomenta acutamente Stefano Priarone, che firma l'introduzione dal titolo "Un burlesque letterario postmoderno" - una rappresentazione della forza del cameratismo tra uomini (il "Compagnonnage"): un po' come nella compagnia che si raccoglie attorno ad Abraham van Helsing per sconfiggere Dracula, in cui le donne sono o vittime o testimone narranti (attraverso il meccanismo del romanzo diaristico ed epistolare), qui i personaggi femminili non sono coinvolti nell'indagine avventurosa dal lato dei "buoni", ma utilizzati solo come rivelatori di testimonianze funzionali alla detection o, eventualmente, come incarnazione del potere e del rischio della seduzione, come anche nel rapporto duale che ripropone il meccanismo della coppia investigativa, incarnata da Sherlock Holmes e dal suo narratore/testimone Watson, vero alter ego dello scrittore. Qui i rapporti duali sono molteplici e dinamici, mentre la voce narrante è unica e ciò serve a conferire omogeneità all'esposizione dei fatti e ai continui cambiamenti di scenario.

Come sempre in tutte le edizioni Gargoyle, è ricchissimo l'apparato di note al testo che sono un complemento essenziale alla lettura, dal momento che consentono un approfondimento storico e bibliografico alla narrazione, non semplici note redazionali ma vere e proprie note di approfondimento vergate dallo stesso autore che è un profondo conoscitore del periodo dannunziano e del Decadentismo che vi è correlato.
Ma sono di grande interesse anche l'introduzione di Priarone già menzionata (soprattutto per l'originale interpretazione del romanzo di D'Anna in chiave di "burlesque" postmoderno) e la postfazione dello scrittore, in cui egli - oltre a raccontare in sintesi, ma incisivamente, la genesi del romanzo, spiega al fedele lettore (quello che lo ha seguito sino alla conclusione dell'opera) le radici di una serie di suggestioni letterarie e di spunti colti, visibili nella filigrana del suo testo.

Si sente la mancanza, a mio avviso, di un elenco dei personaggi e dei rispettivi ruoli come si usava fare un tempo nei volumi della narrativa di genere: il romanzo è breve e fulminante e non c'è il tempo per approfondire bene la conoscenza dei singoli personaggi. Ma in più si potrebbe anche arguire che le difficoltà che qualche lettore potrebbe avere nel focalizzare i singoli personaggi, possa derivare forse dal fatto che essi, a parte qualcuno nuovo ed inedito - in funzione dell'originalità del plot, sono trasposti con tutte le loro caratteristiche dal romanzo di Raven e che, quindi, spostati da un contesto narrativo all'altro hanno un po' meno spessore come personaggi e sembrano essere piuttosto dei "caratteri". Quindi, un tale dispositivo sarebbe stato sicuramente il benvenuto, soprattutto per i lettori che arrivano alla lettura de "La figura di cera", senza aver prima letto il romanzo di Simon Raven.

L’autore: nota bio-bibliografica È nato a Roma nel 1962. Vive e lavora nella sua città natale. Ha curato l'antologia sull'idea di nazione Frammenti d'Italia (Roma 1993). Ha pubblicato Roma preraffaellita. Note su Gabriele D'Annunzio, Diego Angeli, Giulio Aristide Sartorio, per l'Accademia nazionale dei Lincei (Roma 1995), e un saggio sui mutamenti riguardanti scrittura e lettura in epoca contemporanea (e-Book. Il libro a una dimensione, Roma 2001).
Nel 2006 ha pubblicato Una stagione di fede assoluta (Pequod, 2006).Nel 2008 esce il suo secondo romanzo: Saint-Ex (Avagliano, 2008), ipotesi fantasiosa sugli ultimi giorni di vita di Antoine de Saint-Exupéry. Suoi contributi critici sono apparsi su “Nuovi Argomenti” e “L’Urbe”. Ha collaborato come autore di soggetti cinematografici e di fiction per la Rai Tv e come critico per Radio Rai 3.
Dal 1992 lavora all’Enciclopedia italiana Treccani come “redattore-autore”, occupandosi nello specifico della compilazione di un’opera monumentale e sui generis come il Dizionario biografico degli Italiani che, diversamente dai dizionari di altri Paesi, è costituito esclusivamente da voci saggistiche, scientificamente vagliate e scritte.


Dal risguardo di copertina

Londra 1958. Una serie di misteriosi suicidi preludono alla riapertura di un caso risolto forse solo in apparenza, denso di preoccupanti e inaspettati sviluppi. La scomparsa dalla tomba di una marchesa caduta in disgrazia, da poco defunta fra le mura di un appartamento londinese — donna dall’indiscutibile fascino, musa ispiratrice di D’Annunzio, appassionata di occultismo e interprete dei brillanti riti della belle époque — muove i protagonisti, in una corsa contro il tempo, alla ricerca del suo calco di cera da cui ella avrebbe potuto riattingere vita.
Dopo un incontro a Venezia con Peggy Guggenheim, i nostri eroi si vedranno costretti a recarsi a Berlino, in una città che mostra ancora le ferite della guerra e dove sopravvivono gli ultimi scampoli di quelle società segrete che furono legate ai presupposti oscuri e alle origini magiche del nazismo.

Non solo, quindi, un semplice romanzo di genere, ma un racconto che coniuga atmosfere noir e sfondi storici, personaggi reali e derive fantastiche.
Concepito quale omaggio al Morso sul collo di Simon Raven (Gargoyle 2009), La figura di cera è in realtà una sorta di obolo sentimentale che l’autore versa nei confronti dell’horror classico, che riaffiora timidamente non tanto e non solo in chiave letteraria: dai film della Universal a quelli della Hammer, da Vincent Price e Lon Chaney junior a Basil Rathbone e Nigel Bruce, indimenticati interpreti della coppia Holmes-Watson.

domenica 20 febbraio 2011

Sanctum in 3D in barba agli effetti speciali e all'uso degli stunt va presto in debito di aria


Lo spettatore non informato potrebbe andare a vedere Sanctum 3D (disponibile anche nelle sale per una normale visione in 2D) icon l'attesa di trovarsi davanti ad un film di James Cameron (Abyss, Avatar per citare due dei suoi titoli più noti) e soprattutto di riconoscervi le tematiche che a Cameron sono care (la contemplazione della natura, il rispetto per essa, la necessità di apprendere un modo di convivenza con altre specie viventi, alcune delle quali nemmeno siamo in grado di comprendere lontanamente).
In realtà il regista è Alester Grierson e Cameron è soltanto uno dei produttori, oltre ad aver dato un contributo alla sceneggiatura.
La delusione è grande, anche perchè il cast non offre particolari attrattive, in termini di attori di grido e, per necessità di riprese, sopravanzato da un esteso utilizzo degli stunt per le scene più pericolose.
Il film è tutto giocato sull'esibizione della tecnologia applicata alla speleologia estrema, combinata con le tecniche di speleo-subacquea con l'ausilio delle tecniche di immersione più avanzate.
L'azione si svolge in Nuova Guinea e si concentra su di una spedizione speleologia che intende esplorare un'enorme e profondissima cava dolinica che, al suo fondo, si dirama in passaggi intricati, alcuni dei quali pieni d'acqua: la spedizione capeggiata dallo speleologo Frank e supportata dal ricco finanziamento di Carl, si pone l'obiettivo di individuare un passaggio che dalle viscere della terra immetta nel mare aperto, scoprendo nel transito alcune meraviglie nascoste tra cunicoli, cattedrali sotterranee, laghi e gorghi (tutto ciò si presenta come un "santuario", un luogo pieno di divinità immanente, essitito da sempre e che rimarrà indifferente, comunque, al passaggio dell'uomo).
E' una spedizione estrema e la vita degli esploratori è continuamente a rischio, come in tutte le avventure di immersioni ultra-profonde e in condizioni di difficoltà ambientale (il freddo, il buio tipico delle grotte marine o sommerse).
Infatti, in una delle sequenze iniziali del film, la sommozzatrice Judes, compagna di immersioni di Frank, muore a causa di un incidente, mostrando in tutta la sua crudezza una delle regole principe delle immersioni in coppia secondo la quale
occorre lasciare andare il proprio compagno d'immersione per salvare almeno una vita, quando si constata che non può essere più salvato dopo aver fatto tutto il possibile per aiutarlo a dominare il panico e a tirarlo fuori da una situazione difficile.
Una regola spietata, ma funzionale.
La decisione estrema e radicale di Frank (quasi ad inizio film) di allontanare da sé la sua collega di immersioni presa dal panico in una situazione critica di respirazione a due sott’acqua, lascia lo spettatore
, non avvertito e ignaro delle pratiche subacquee, perplesso e sconcertato, apparendo come una scelta crudelissima e disumana. Davvero non ci sarebbe stata altra soluzione?, ci si chiede.
La risposta è no, proprio riferendosi a casi come questo, in cui la ratio ultima si fonda sul principio secondo il quale, in simili situazioni estreme, se non si è capaci di prendere rapidamente una decisione radicale, assumendosene tutte le responsabilità, invece di una vittima sola, ce ne sarebbero due.
Delle possibili declinazioni di un simile principio, dopo la doccia fredda iniziale, lo spettatore se ne renderà conto pienamente in tutto il successivo percorso degli sventurati esploratori (percorso che, peraltro, grazie agli effetti speciali e all'intensa partecipazione degli stunt, sembra essere costruito come un videogioco): ma di nulla si può lamentare chi ha fatto del rischio una pratica consuetudinaria.
Poi, nel prosieguo del film, il diavolo ci mette lo zampino e una tempesta tropicale si abbatte sulla spedizione, un fiume straripa e la grotta al cui fondo si trovano viene rapidamente allagata, sicchè - essendo preclusa la via d'uscita "normale" e considerando che
è utopico pensare all'arrivo di squadre di soccorso - gli esploratori rimasti intrappolati devono tentare di scoprire una via d'uscita alternativa.
Qui la storia perde rapidamente di mordente perchè le situazioni si fanno via via più improbabili, mentre si attivano contrasti e conflitti tra i sopravvissuti che,dagli incidenti e dal confronto con situazioni sempre più estreme sono progressivamente falciati.
Il film stupisce per l'esibizione di ritrovati tecnologici: per esempio, nella ricostruzione stereotassica degli interni della grotta e dei suoi condotti come strumento tecnologico utilizzato dagli esploratori per visualizzare il risultato dei loro rilievi e progressi, mentre la visione in 3D man mano che il film va avanti risulta irrituale, sempre meno significativa e di scarso respiro.
Anche la riflessione sulle motivazioni nel portare avanti simili esplorazioni risulta debole e scontata, assieme alla rappresentazione quasi grottesca di una pratica dell'accettazione della morte, quando il trapasso risulta un evento ormai inevitabile (un tipo di filosofia sconfinante quasi con il culto di una forma di "eutanasia" da sport estremi: quando non ci sono più vie di uscita, ci si lascia andare alla morte oppure la si cerca attivamente).
I conflitti tra i personaggi sfociano nello scontro fisico violento e nel coinvolgimento in azioni avventate e dagli esiti disastrosi, in una situazione delicata in cui la perdita di controllo, il panico e la titubanza possono portare ad esiti letali.
Insomma, il film rimane sostanzialmente debole nel suo svolgimento, benchè le sue premesse avrebbero potuto ricevere un sviluppo ben più interessante. Fallisce anche un suo eventuale aspetto didascalico sulle spedizioni di speleologia subacquea estrema, sul suo significato e sul suo bilancio di vittime e dispersi (speleosub e cultori delle immersioni profonde nel fondo di doline "abissali" - come la Bushman's Hole - i cui corpi non sono stati più recuperati).
Come già detto, la visione in 3D risulta scasamente renumerativa rispetto al costo ben più salato del biglietto e all'onere dei pesanti occhialoni da indossare.
Il consiglio più sincero è che, se proprio lo si vuole vedere, lo si veda nella tradizionale versione 2D, quantomeno più economica!

Nullarbor Cave

Per chiudere, queste considerazioni, uno dei titoli di testa del film recita: "Basato su di una storia vera". Se è così non si tratta di un romanzo che è stato scritto a partire da una storia diaristica o da un reportàge. Pare le cose stiano così: Sanctum 3D si ispira ad un evento realmento accaduto che ha toccato da vicino uno dei produttori.
Nel 1988, il rinomato speleologo di grotte sottomarine, Andrew Wight, è stato a capo di una spedizione nell'inesplorato fondo marino di un nascosto sistema di grotte sotto il Nullarbor Plain, in Australia. Durante il suo viaggio, una tempesta tropicale causò il collasso dell'ingresso di una grotta, intrappolando quindici persone ad un'abissale profondità. Venne organizzata immediatamente una squadra di soccorso con un esito felice, poichè 15 sopravvissero tutti.
Quest'esperienza ha lasciato un segno indelebile nella mente di Wight e gli ha dato l'idea per sviluppare, insieme al suo collega di sempre, James Cameron, un film ispirato a quella grande sfida.
Con lo sceneggiatore John Garvin, Wight ha creato la storia, sottolineando come un legame affettivo (e di reciproca stima) fra un padre monolitico nella sua passione e un figlio dissidente e non pienamente convinto delle scelte del padre (e piuttosto costretto a subirle), si riscopra grazie a una terribile avventura, analizzando la potenza e la fragilità dei legami che nascono quando ci si trova davanti ad una calamità naturale e alla morte.

Immersione nella Nullarbor Cave

Sulle immersioni profonde e la vertigine, si rimanda al seguente link in "Stati della mente": Il profondismo e la vertigine

SCHEDA FILM
Un film di Alister Grierson, con Richard Roxburgh, Rhys Wakefield, Alice Parkinson, Dan Wyllie, Ioan Gruffudd, Christopher Baker, Allison Cratchley, Sean Dennehy
Titolo originale: Sanctum.
Azione, durata 109 min.
USA, Australia 2010. - Eagle Pictures

Uscita venerdì 11 febbraio 2011.

TRAILER

lunedì 24 gennaio 2011

Ascesa e declino di un nano libertino


C'era una volta un nano ambizioso, nato con la passione del mattone

Il nano tanto si diede da fare che, a poco a poco, ramazzando soldi a destra e a sinistra, riuscì a conquistare il potere ed essere a capo del governo della sua nazione di eroi, naviganti e condottieri.

Il mattoncino, che gli aveva dato tanti soldi e con cui aveva edificato la sua fortuna, il nano non lo dimenticò mai e, quando dormiva, se lo teneva sotto il cuscino, perchè gli dava ispirazione e tanti sogni auriferi.

Il nano era avido e la sua brama di denaro e potere era immensa: pur di assencondare le sue brame ed essere il primo del suo reame, non si sarebbe fermato davanti a niente.

Il nano era un ottimo prosseneta.Quando fiutava l'affare era pronto a puntare dritto alla sua preda: così facendo, mescolava assieme le sue faccende private con quelle dell'intera nazione, trattando quest'ultima come un impresa redditizia, di cui era a capo e che doveva far fruttare al meglio.

La sua avidità lo tradì, ad un certo punto: i suoi compagni di imprese lo abbandonarono e decadde dal suo governo.

Nell'ombra riprese a tramare per ritornare nell'agone più forte di prima, ma intanto si sentiva come un leone in gabbia e così diede pieno corso alla sua smodata lussuria che, assieme alla passione per il potere e i soldi, era il suo pallino.

Alcuni dicevano che fosse un nano molto dotato... sotto quel profilo, altri invece mormoravano (ma erano dicerie di palazzo) che, a differenza di ciò che si dice dei nani, avesse soltanto un grazioso, ma inefficace, pistolino.

Festini promiscui, scopatine a destra e a manca, orge e partouze: il nanetto voleva essere sempre in tiro e non esitava a far ricorso a molteplici chemical little helper per aver la mazza sempre dura come il ferro o di pietra, a somiglianza di quel mattoncino su cui aveva edificato la sua fortuna.

Era incorreggibile, il nanetto: non c'era giorno che egli non dovesse "puciare" il biscotto da qualche parte.

E in questo non sentiva ragioni: era divenuto peggio di un sesso-dipendente sessuomane e fescenninico.

Intanto, non tralasciava le sue trame.

Fai oggi e fai domani, il nano riuscì a tornare di nuovo alla guida della sua impresa... pardon, della nazione.

L'intermezzo festaiolo aveva lasciato il segno: di quelle scopate senza cerniera, ora che la bella fatina (per tanti anni, sua devota e paziente moglie, nonché madre dei suoi figli) lo aveva lasciato indispetttita per tanta libidine mal orientata, non ne poteva più fare a meno.

La confusione aumentò a dismisura: escort e misses varie dal discutibile passato e dal cervello di gallina divennero sue preziose collaboratirci al governo, veline reclutate per le sue trasmissioni preferite (quelle che lui stesso gestiva), invitate a partecipare ai festini di palazzo, accettavano di buon grado sperando di far presto carriera e di ricevere preziose e munifiche elargizioni: insomma, il nano celebrava la sua dissolutezza al pari di grandi e libidinosi governanti del passato di cui il nano riteneva d'essere grande e-mulo, come Caligola o anche qualcuno degli alti prelati più chiacchierati di epoca rinascimentale, ma anche del Dux in persona di cui si dice che, ogni giorno, ricevesse nel suo palazzo una fervente ammiratrice che, con ardore latino, faceva sua nel giro di pochi minuti, praticando l'ideologia della sveltina piuttosto che quella lenta, tantrica e filosofale.

Il nanetto si comportava da vero libertino, da mandrillo libidinoso, da stallone fervente e ripetitivo, rivendicando il diritto di poter vivere la propria vita privata (sesso senza frontiere) senza ritegno alcuno.

Si vantava di essere sempre pronto, ma più il tempo passava più aumentava la necessità degli aiutini chimici ed anche della necessità delle scopate promiscue per trarne la conferma della sua virilità: sveltine a ripetizione con donnine compiacenti, pronte a celebrare la sua presunta vigoria (ma altrettanto rapide a criticarlo nel pettegolezzo spicciolo in camera caritatis con amiche e conoscenti). Dentro una e via l'altra, con una coda di fanciulle piacenti e disponibili sempre in attesa dietro la porta della sua alcova reale (e il mattoncino se ne stava sempre al sicuro sotto il guanciale).

La mente del nanetto era infiammata dalle mille fantasie di sesso orgiastico che, senza posa, gli frullavano per la testa.

Era divenuto ancor di più un sessuomane, un sesso dipendente (e lo stesso Michael Douglas impallidiva al suo cospetto): e nessuno avrebbe mai potuto eguagliare tali gesta amatorie ormai divenute proverbiali e da Guinness dei primati.

Tutto ciò era imbarazzante: gli stessi suoi collaboratori gli consigliarono di rivolgersi ad un gruppo di Sex Anonymous, per arginare la sua verve scopatoria. Ma lui niente: ripeteva piccato "Della mia vita privata faccio quello che voglio..."

Ma le dicerie volavano e facevano il giro del mondo.

Perfino pornoattori di grido nazionale e d'oltre Oceano si tiravano rispettosamente indietro al suo cospetto e gli riconoscevano con umiltà la palma della vittoria.

In verità, lui era un pusillanime: non avrebbe mai avuto il coraggio di presentarsi nudo e crudo in un consesso di amanti del sesso promiscuo, da nano libero.

Lui no! Voleva avere la certezza del suo potere: tutto doveva essere controllato e messo preventivamente in sicurezza.

Le guardie dovevano tenere d'occhio tutti quelli che entravano e uscivano dal Palazzo e dalla sua alcova. Ed anche nel corso dei festini i bodyguard erano tenuti ad essere presenti, anche se travestiti da eunuchi (in modo da escludere preventivamente ogni forma di competizione), possibilmente nani.

In ogni caso, le donnine (nanette o gigantesse che fossero) era sempre meglio comprarle che sedurle in un gioco che, al nano, avrebbe rubato troppo tempo prezioso e per il nano alacre - recitano i testi - il tempo è denaro.

Alla fine, fu proprio la libidine, a decretarne la fine e a farlo ruzzolare per sempre dal trono di mattoncini che s'era costruito.

Il popolino si stancò presto di dovere essere spettatore delle sue sexuales gesta e assoldò un potente mago per inviargli il più potente maleficio.

Costui richiese qualche elemento su cui poter costruire il suo più efficace maleficio voodoo e venne rapidamente accontentato: gli portarono un ciuffetto di canuti peli pubici, appartenenti al nano e scippati dall'ultima sua fiamma presa dagli spasmi del delirio d'amore (ovviamente recitato: ma i capi devono essere compiaciuti).

Il mago costrui una statuina di gesso, racchiudendovi nel punto cruciale su di un membro svettante e sproporzionato rispetto alle dimensioni dell'effigie, proprio quel ciuffo di peli e lanciò il suo anatema.

Fu così che il nanetto malefico e libidinoso venne per sempre trasformato nella minuscola statuina di un Priapo dal fallo gigantesco, il volto eternamente fissato in un sorriso ghignante.

La statuina venne collocata nel museo delle italiche glorie, ma venne presto dimenticata.

Dopo un po', per ordini superiori, gli inservienti del museo, la trasferirono negli scantinati del palazzo e al suo posto collocarono una statua di Rocco Siffredi, promosso al rango di unico ed inarrivabile priapo del XXI secolo.

A ricordo del nano che ride rimasero solo alcune ballate popolari.

E poi, niente più, per sempre.

Le vignette sono di Luigi Alfieri che ringrazio per avermi consetito di utilizzarle.

giovedì 20 gennaio 2011

In un romanzo di Carlotto, il fascino della "Barberia" a cavallo tra il XVI e il XVII secolo


In decine di migliaia si convertirono all'Islam nel periodo tra il XVI e il XVII secolo, unendosi ai corsari musulmani provenienti dal Nord Africa per le loro scorrerie nei paesi costieri dei territori della cristianità. Tunisi, Algeri, Rabat: queste le loro roccaforti ubicate nei vasti territori dell'odierno Mahgreb che veniva allora indicato con il termine generico di "Barberia" dalle quali partivano continue scorribande come parte di un'attività che, a detta di alcuni, fu una continuazione delle Crociate e un'asserzione dell'indomito spirito dei musulmani, mai veramente piegati dalle mire espansionistiche e di dominio economico della Cristianità nei territori del Medio-Oriente.
Secondo alcuni contemporanei la "Barberia" fu, a tutti gli effetti, una sorta di Far West del Mediterraneo, il cui controllo era conteso tra Musulmani e Cristiani, con diritto di cittadinanza per spiriti liberi e avventurieri.
Quello dei rinnegati (o renegados, in spagnolo, o degli "apostati") rimane tutt'ora un fenomeno misterioso ed inspiegabile, anche perchè non vi fu nulla di simile da parte dei Musulmani: non si registrarono quasi mai defezioni o conversioni. I Musulmani venivano tratti in schiavitù dai Cristiani e tali restavano, fedeli alla loro cultura e al loro credo religioso.
Perchè in tanti rinnegarono la loro fede, divendendo quelli che furono definiti i "cristiani di Allah"?
Uno dei pochi studi su questo fenomeno, attualmente disponibile è quello di Peter Lamborn Wilson, anche conosciuto come Akim Bey (uno scrittore politico nordamaericano, saggista e poeta, autore del classico TAZ. Zone temporaneamente autonome). Wilson nel suo saggio Le repubbliche dei pirati. Corsarimori e rinnegati europei nel Mediterraneo (Shake edizioni, 2008) ipotizza che si sia trattato di una forma di resistenza sociale e che tanti trovassero uno sbocco fecondo per un rinnovamento della propria esistenza in un clima non oppressivo ed oscurantista, come era divenuta l'Europa della Controriforma.
Nel suo saggio di ampio respiro, Wilosn - naturalmente interessato per via dei suoi preceenti saggi - a tutte le forme di resistenza sociale - si focalizza particolarmente sulla Repubblica corsara di Salé (l'odierna Rabat), la forma più evoluta tra tutte le comunità corsare del Nord Africa.
Come integrazione, ricca di quei cromatismi che solo possono derivare dalla narrativa, "Cristiani di Allah. Un noir mediterraneo" (2008) di Massimo Carlotto (per i tipi di E/O, 2008), perfetttamente documentato, ci dà un'idea di com'era la vita nel Nord Africa popolato dai Saraceni e divenuto nel frattempo zona di influenza dell'Impero ottomano, ispirandosi in questo liberamente, come fonte documentaria al volume "I cristiani di Allah" di Bartolomé e Lucille Bennassar, pubblicato nel 1991 in traduzione italiana da Rizzoli e oggi purtroppo introvabile.
Pirpiri, giannizzeri, bey, schiavi e rinnegati, moriscos, musici tratti in schiavitù, monaci redentoristi fanno parte della moltitudine di personaggi che compaino in questo romanzo storico che, con le sue coloriture noir, ci introduce nel mondo "libero" di Algeri dove tanti cristiani decidevano di andare a stare da rinnegati per potere vivere le proprie inclinazioni (come l'omosessualità: ed è il caso del protagonista, con la sua passione per il germanico Othmane) e per poter trovare rapidamente la via verso l'agio, la ricchezza, la dissolutezza.
Un mondo tendente al tramonto, perchè sempre più dominato dalla forza militare turca, rappresentata dai temuti giannizzeri, cui in virtù di accordi di pace sono stati concessi diritti (e privilegi) immensi.
Questo mondo, oltre che dal volume già citato, è illuminato da un altro libro oggi pure introvabile, purtroppo: si tratta della storia autobiografica di Emanuel de Aranda che, commerciante e appartenente all'alta borghesia di Bruges, venne tratto in schiavitù dai pirati di Algeri e che, dopo un lungo periodo di cattività, grazie all'intervento di mediatori e dietro pagamento d'un congruo riscatto, riuscìa fare ritorno alla civilità nord europea (Emanuel De Aranda, Il riscatto, Serra e Riva editori, 1981).
Il romanzo di Carlotto ci illumina sula condizione dei cristiani che vengono tratti come schiavi dai Saraceni per poi chedere un riscatto - grazie all'intercessioni di speciali confraternite religiose che lucravano le loro tangenti da queste operazioni - ma anche sulla condizione e sulle motivazioni dei "rinnegati", cioà di coloro che, venendo dal mondo della cristianità, decidevano di convertirsi all'Islam e, infine, sulle scorrerie dei Saraceni lungo le coste dell'Italia e della Francia (comprese le grandi isole) alle ricerca di bottini, di merci pregiati, di schiavi, in ciò coadiuvati in modo determinante proprio dai rinnegati che guidavano le scorrerie nei luoghi che a loro erano noti e di cui conoscevano debolezze e punti di vulnerabilità, frequentemente alla ricerca di vendette.
Il volume nasce come come "concept book": è accompagnato infatti da un godibile CD contenente delle musiche appositamente costruite per il romanzo da Maurizio Camardi e Mauro Palmas e che andrebbero ascoltate come "colonna sonora" e contrappunto di ciascun capitolo.
Le musiche si avvalgono di antichi strumenti maghrebini, quali il Duduk.
Cristiani di Allah - nella filiera letteraria di Massimo Carlotto - si pone come un romanzo insolito che, ciò nondimeno, pur con la sua particolare cornice storica, si tinge di noir e forse anche di una certa coloritura autobiografica visto che Readouane e Othmane sono ambedue dei fuoriusciti (a cui indubbiamente vanno tutte le simpatie dell'autore).
Proprio per questa lieve incursione nel noir, il sottotitolo recita: "Noir mediterraneo".


La sintesi del volume.
Algeri, 1541. Il Mediterraneo è teatro di guerre, razzie, traffici di schiavi, scontri ideologici e religiosi. La possente armata di Carlo V, punta di lancia della Cristianità, viene annientata alle porte della capitale nordafricana dai corsari di Hassan Agha, che reggono la città per conto del sultano di Costantinopoli. I corsari sono in gran parte dei rinnegati, ossia degli europei cristiani che hanno abbracciato l'Islam, per interesse, come scelta di libertà o più semplicemente per poter saccheggiare navi e depredare coste nel Mediterraneo sotto la protezione della Sublime Porta. Anche Redouane e Othmane, i protagonisti del romanzo, sono dei corsari rinnegati. Il primo albanese, il secondo tedesco, ex lanzichenecchi, hanno scelto là libertà di Algeri, da dove salpano sul loro sciabecco per le scorrerie e dove credono, di poter vivere indisturbati la loro storia d'amore proibita. Othmane però commetterà l'errore di invaghirsi-di un giannizzero, uno dei fanatici e spietati cani da guardia del sultano, e trascinerà anche Redouane in un gorgo di vendette, agguati, intrighi.

martedì 11 gennaio 2011

"Hereafter" di Clint Eastwood: l'intreccio di tre storie di vita alla ricerca di risposte sul dopo-morte


Con "Hereafter" (USA, 2010) Clint Eastwood propone al grande pubblico una pacata riflessione sul dopo-morte, raccontata attraverso tre diverse vite che finiscono tutte per incontrarsi, ciascuna di loro dando - infine un senso alla propria inquieta ricerca e trovando risposte ai propri interrogativi.
Marie Lelay è una giornalista francese sopravvissuta alla morte e allo tsunami. Rientrata a Parigi, si interroga sulla sua esperienza di quasi-morte, sospesa tra brillantezza di una luce accecante in cui si aggirano ombre indistinte e l'oscurità definitiva, alienandosi con la sua determinazione a voler soddisfare sino in fondo la propria irrequietezza epistemofilica, fidanzato ed editore.

Marcus è un ragazzino inglese che, con una madre tossicodipendente e poco attenta, sopravvive al fratello gemello travolto da un tragico destino: rimasto solo, cerca ostinatamente - ma invano - di entrare in contatto con Jason, di cui continua ad indossare il berrettino a visiera e conserva le ceneri, attivandosi in una ricerca - il più delle volte deludente - tra medium e sensitivi che promettono a clienti indifesi di essere in grado di stabilire un contatto con i loro defunti.

George Lonegan è un operaio americano in grado di vedere al di là della vita. Deciso a ripudiare quel dono (che per lui è divenuto una "maledizione" e fonte di profonda solitudine) e a conquistarsi un’esistenza finalmente normale, George si rifugia nella lettura consolatoria dei romanzi di Dickens e, contemporaneamente, frequenta un corso di cucina italiana.

Sarà proprio la sua passione per il grande scrittore britannico a condurlo fino a Londra, dove vive Marcus e dove Marie si è recata per presentare il suo nuovo libro ("Hereafter. The conspiracy of silence"), in cui sviluppa un'inchiesta sull'Aldilà e sui fenomeni di quasi-morte, proprio partendo dalla sua personale esperienza, e sulla "conspirazione" di silenzio (scaturente da negazione e/o rimozione) che avvolge tali fenomeni
L’incontro tra i tre, segnati da un comune destino, sarà inevitabile. George, Marcus e Marie (ciascuno dei quali è portatore di un pezzetto di esperienza scissa che deve essere integrata in quella degli altri due) troveranno soccorso alla loro inquietudine, conforto al loro profondo isolamento emozionale e risposte ai propri quesiti su ciò che sta al di là della vita.
I loro turbamenti, la loro malinconia e la loro tristezza potranno finalmente ricomporsi.
"Nella compostezza di una straordinaria classicità, che si concede un momento di tensione quasi insostenibile nella sequenza lunga e spietata del maremoto, l’ultimo film di Clint Eastwood insegna qualcosa sulla vita confrontandosi con la morte, quella verificata (Marie), quella subita (Marcus), quella condivisa (George)"(Marzia Gandolfi, in www.mymovies.it).
Tutti e tre sono stati toccati dalla morte: Marie (Cécile De France), perchè è entrata in uno stato di quasi-morte e poi ne è venuta fuori; Marcus (Frankie McLaren) perchè, toccato dalla tragedia della morte del gemello (che rappresentava una sua viscerale metà), vuole andare a "vedere" cosa c'è nell'aldilà proprio per stabilire un ultimo contatto con Jason; George Lonegan (Matt Damon) perchè ha il dono di sentire e di vedere i morti degli altri (grazie al semplice tocco della mano di un vivente) e per questo viene cercato da tanti che sentono il bisogno di stabilire un ultimo contatto con i propri cari defunti, di sapere qualcosa di loro.
Ognuno dei tre personaggi fa da controcanto agli altri due, in una danza continuamente divisa tra l'aver visto, il voler andare a vedere e il voler riuscire a vedere.

Dall'incontro tra loro (incontri che avvengono sfalsati) queste tre modalità del vedere si ricomporranno in una visione più unitaria e, soprattutto, meno tormentata.
Il film di Clint Eastwood, pur offrendo una visione molto laica e secolare dell'Aldilà (un luogo in cui le "entità" dei defunti semplicemente "stanno" come ombre, avvolte in una bianca luminosità) senza alcun riferimento ad uno specifico credo confessionale, è stato apprezzato negli ambienti religiosi cattolici, perchè - in ogni caso - offre uno sguardo prospettico e di continuità tra la vita, la morte ed un ipotetico dopo-morte.
La fede - per chi eventualmente ha la fortuna di possederla e praticarla - aiuta a trovare un senso e a dare forma a questo ipotetico Hereafter prefigurato dal film, che - già in sé - è piuttosto consolatorio.
Clint Eastwood dimostra ancora una volta - con questa prova d'artista in cui il rigore documentaristico, assieme all'ampiezza e alla varietà degli scenari e dei contesti, si combina con la levità del tocco poetico con cui riesce a trattare così difficili questioni - di essere un regista grande e completo (anche la colonna sonora - come in Gran Torino - è sua).


Scheda film
Un film di Clint Eastwood.

Interpreti: Matt Damon, Cécile De France, Joy Mohr, Bryce Dallas Howard, George McLaren, Frankie McLaren, Thierry Neuvic, Marthe Keller, Jay Mohr, Richard Kind, Charlie Creed-Miles, Lyndsey Marshal, Rebekah Staton, Declan Conlon, Marcus Boyea, Franz Drameh, Tex Jacks, Taylor Doherty, Mylène Jampanoï, Stéphane Freiss, Laurent Bateau, Steve Schirripa, Joe Bellan, Jenifer Lewis, Tom Beard, Andy Gathergood, Helen Elizabeth, Niamh Cusack, George Costigan, Claire Price, Surinder Duhra, Sean Buckley, Paul Antony-Barber, Selina Cadell, Thomas Price, Céline Sallette, Celia Shuman, Joanna Croll, Jack Bence, Derek Jacobi

Drammatico, durata 129 min.
USA 2010. - Warner Bros Italia

Uscita mercoledì 5 gennaio 2011.
TRAILER

giovedì 6 gennaio 2011

La Tabaccheria Riggio di Palermo: un luogo cult e trans-generazionale per gli estimatori del tabacco, e non solo


Nelle città alcuni luoghi - non solo quelli monumentali e storici - contribuiscono a formare la memoria storica e affettiva dei cittadini che vi abitano. Possono essere, banalmente, degli incroci, dei giardinetti, una lapide commemorativa, una statua, una panchina, degli alberi dalla forma particolare, un'edicola votiva e,a volte, anche degli esercizi commerciali che persistono immutati nel tempo.

Sono punti di riferimento e di aggancio delle proprie memorie affettive. "Io ci andavo con mio padre", ad esempio, potrebbe dire qualcuno. Oppure: "Lì, mi incontravo spesso con i miei amici di scuola", affermerebbe un altro. O ancora: "E' stato lì che ci siamo dati appuntamento per la prima volta con la mia prima ragazza".

La memoria di tali luoghi si tramanda volentieri di padre in figlio, da una generazione all'altra: ed è così che si rafforza e si radica la propria identità.

Ed è così che in taluni contesti si mantengono nel tempo, degli antidoti efficaci contro l'anonimato dei "non-luoghi" (nel senso foucaultiano del termine) imposti dalla iper-modernità asfissiante e vuota (priva di storia e di memorie collettive) dei Centri commerciali, degli Outlet e di altre strutture similari.

La Tabaccheria Riggio di Palermo (da sempre in via Dante 82) appartiene indubbiamente a questa tipologia di luoghi e, a buon diritto - con la sua ormai venerabile età - si può considerare, un pezzo di storia della Palermo moderna, poichè ha sempre rappresentato un punto di riferimento dei fumatori raffinati e "amatoriali" per diverse generazioni, mantenendo tuttora - pur con alcuni adattamenti alla modernità - un suo stile peculiare.

Infatti, propone una serie di articoli destinati ai "gourmet" del tabacco, nelle sue molteplici declinazioni: diposendo di molteplici articoli: dalle sigarette ai sigari (specialista in "habanos"), alle pipe e ai tabacchi da pipa, ma anche ai tabacchi da sigaretta, inclusi tutti i diversi e più raffinati accessori che fanno del fumare un'arte che molti cercano di mantenere malgrado le restrizioni salutiste nei riguardi del fumo.

Il negozio dispone perfino di preparazioni del tabacco ormai desuete ed introvabili nella maggior parte delle tabaccherie "ordinarie", come il tabacco da fiuto e quello da masticare.

Insomma, la Tabaccheria Riggio promuove a pieno campo una "cultura" del tabacco e dei suoi accessori. Di ciò fanno fede alcune iniziative culturali che sono paragonabili alle degustazioni di vini pregiati. Per esempio, nel 2008, all'Ex-Deposito delle Ferrovie Sant'Erasmo di Palermo (tra il 28 e il 29 maggio), ha avuto luogo la manifestazione "E' tempo di cioccolata" nel corso della quale era possibile, senza nessun costo aggiuntivo rispetto a quello (modico: appena cinque euro) del biglietto d'ingresso, la degustazione di sigari Davidoff.

Un po' di storia

Dal 1920 tre generazioni si sono susseguite nella gestione della tabaccheria Riggio, ubicata a Palermo, in via Dante 82.. Fondata dal nonno dell'odierno proprietario, che volendo ampliare la sua attività lasciò il paese di origine nella provincia di Palermo per rilevare la già allora antica tabaccheria nel centro della città (già attiva dal 1870), negli anni, grazie all'aiuto dei figli Enrico e Giuseppe, si è specializzata sempre di più nel settore degli articoli per fumatori fino ad arrivare alla terza generazione e a più di 135 anni di storia. Oggi la ditta, guidata da Carlo Riggio (classe 1959) propone anche articoli per la scrittura, pelletteria, articoli da regalo, articoli per il gioco, cravatte, cinture e tanto altro ancora, ma tutto per gli estimatori più esigenti.

Nel 1999, la tabaccheria Riggio ha conseguito l'ambito riconoscimento comunale "Teatro Massimo" (una miniatura in argento, simbolo culturale della città, per i suoi primi 130 anni di attività).

Nel 2005, ha ricevuto dalla camera di Commercio di Palermo un riconoscimento specifico destinato ad attività commerciali rimaste imutate nel corso del tempo per ubicazione e tipologia: una Targa d'oro, datata 1870, per 135 anni di attività.

Nel maggio 2006, infine, è stata premiata come "Tabaccheria dell'anno" specializzata in sigari "Habanos".

La Tabaccheria Riggio si deve anche ricordare perchè negli anni del dopoguerra (e forse anche prima) aveva - per la gioia dei piccini, ma anche degli adulti collezionisti - un ricco assortimento di soldatini di piombo, prodotti con un antico stampo austriaco che, a detta degli esperti di modellismo, era molto pregiato.

Si trattava di soldatini in scala (i pedoni mediamente alti da 5 a 8 cm), appiattiti (lo stampo non era a tutto tondo), dipinti a mano in monocromia (dorati) oppure in policromia.

L'assortimento era ricchissimo e spaziava su tutte le epoche storiche, privilegiando - secondo tradizione - la storia militare, ma anche l'epopea western. Molto pregiati erano i soldatini a cavallo che erano di dimensioni maggiori (quasi 10 cme in altezza).

Erano disponibili anche tutti gli accesssori per rendere vivace il gioco o per creare scenari convincenti: cannoni e pezzi d'artiglieria, alcuni perfino con la vampa dello sparo, alberi, palme, muri sbrecciati. Molti, nati nel dopoguerra, ricordano che quando il proprio padre andava a comprare per sé gli articoli da fumo, indugiava a scegliere alcuni soldatini (allora a prezzo relativamente modesto) per il proprio figliolo o per sé (se li collezionava).

L'attuale proprietario Carlo ricorda che lui stesso, da piccolo (quando accompagnava il padre al negozio), soleva giocarci, anche se ormai - si era già oltre la metà degli anni Sessanta - la varietà dei "pezzi" si era molto assottigliata.

Molti dei bambini di allora quei soldatini li hanno conservati e adesso li espongono come pezzi da collezione, ma tanti - crescendo - se ne sono disfatti, manipolati dal baco della modernità e del rinnovamento.

Chi - avventatamente - se ne è disfatto, adesso li rimpiange.

Ma è ben difficile poterli ritrovare.

Quei soldatini, fatti con quel particolare tipo di stampo, sono ormai scomparsi per sempre ed è difficile reperirli perfino nei paesi dove la tradizione del soldatino fuso nel piombo è ancora viva, come l'Austria o la Cecoslovacchia.

La Tabaccheria Riggio ha un suo sito web: http://www.riggiodal1920.it/

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