giovedì 12 marzo 2009

Un libro ci spiega perchè Facebook può diventare una droga


Lo sapete che il nome di Facebook (inizialmente noto col nome di Thefacebook) di riferisce agli annuari con le foto di ogni singolo membro (facebooks) che alcuni college e scuole preparatorie statunitensi pubblicano all'inizio dell'anno accademico e distribuiscono ai nuovi studenti e al personale della facoltà come una via per conoscere le persone del campus? In effetti, la parola significa, letteralmente, il "libro dei volti". Oggi, Facebook è un popolare sito di "social network", di proprietà della Facebook, Inc e ad accesso completamente gratuito.
Facebook è stato fondato il 4 febbraio 2004 da Mark Zuckerberg, all'epoca studente diciannovenne presso l'università di Harvard, con l'aiuto di Andrew McCollum e Eduardo Saverin, diventando rapidamente da sito di rilevanza locale, con iscritti prevalentemente della Harvard University a sito di rilevanza mondiale.
Il numero di iscritti è vertiginosamente aumentato a partire dal 2006, anno in cui venne autorizzato il loging anche per ragazzi dai 13 anni in su. Infatti, dal settembre 2006 al settembre 2007, la posizione nella graduatoria del traffico dei siti è passata - secondo Alexa - dalla sessantesima alla settima posizione.
Dal luglio 2007, FB figura nella Top 10 dei siti più visitati al mondo ed è il sito numero uno per foto negli Stati Uniti con oltre 60 milioni di foto caricate settimanalmente.
In Italia, nel 2008, c'è stato un vero e proprio boom: nel mese di agosto si sono registrate oltre un milione e trecentomila visite, con un incremento annuo del 961%; il terzo trimestre 2008 ha poi visto l'Italia in testa alla lista dei paesi con il maggiore incremento del numero di utenti (+135%).
Il sito conta attualmente oltre 175 milioni (!!!) di utenti in tutto il mondo ed è valutato più di 16 miliardi di dollari.

In un articolo pubblicato on-line dalla rivista britannica The Economist, il sociologo Cameron Marlow ha divulgato i dati sulla socializzazione degli utenti registrati su Facebook.
Secondo i dati interni al sito di social networking il numero medio di amici per utente è 120.
Esistono delle differenze sessuali per quanto riguarda la socializzazione e le donne sarebbero mediamente più attive degli uomini.
Gli uomini in media rispondono solo a 7 dei loro amici con commenti alle foto, messaggi di status o sul "wall". Le donne, sempre in media, rispondono con messaggi a 10 dei loro amici. Quando si parla di comunicazione a due sensi, come la chat o le e-mails, gli uomini socializzano con 4 amici, mentre le donne con 6.
Anche quando l'utente raggiunge una lista di 500 amici esiste un ragguardevole scarto tra questo numero e l'effettiva socializzazione: un uomo invia commenti a 17 amici e si intrattiene in chat o scambia e-mails con 10 di loro; la donna è mediamente è un po' più socievole ed invia commenti a 26 amici e chatta o scambia messaggi di posta elettronica con 16 contatti su Facebook.
Siamo tutti su Facebook.
Oggi, non essere in Facebook significa esprimere una propria diversità anticonformista secondo un punto di vista, anche se - secondo altri - chi non è su FB è un poveretto che si perde delle meraviglie. A differenza del blog che, forse, è più elitario e meno sociale, fatte salve alcune eccezioni, Facebook ha a che fare con la creazione di una rete "sociale" che, come è nella Biblioteca di Babele borgesiana, può progressivamente estendersi all'infinito, con un incremento geometrico dei propri contatti: anche se, in definitiva, a giudicare dai risultati dello studio sociologico in sintesi riportati sopra, si tratta dell'attivazione di una rete pseudo-sociale e
profondamente solipsistica.
Rimane, in sostanza, come un luogo virtuale, una "bacheca" ("wall") in cui si fa "pubblicità a se stessi" per citare il titolo di un'opera di Norman Mailer.
Ma se la parete è una bacheca, può diventare anche una prigione che distoglie dai contatti sociali reali, diventando "The wall" per parafrasare il concept album dei Pink Floyd che fa appunto da veicolo per esprimere l'angoscia e la solitudine dell'uomo postmoderno.
Una volta che ci sei dentro ti rendi conto che FB è abbastanza totalizzante.
Lo posso confermare sulla base della mia breve esperienza di neofita.
Non sapevo nulla di FB, sino ad un mese fa. Un mio amico me ne ha parlato e ho cominciato a curiosare.
Da lì a fare il login è stata questione di secondi.
Oggettivamente, devo dire che mi piace come strumento di comunicazione, ma nello stesso tempo ho constatato che con FB, crescendo a dsimisura le cose da controllare, come le risposte ai messaggi personali, ai wall-to-wall, i commenti alle note che hai postato, la movimentazione nei gruppi che tu hai creato o a cui hai aderito, i tempi di permanenza davanti al PC lievitano in modo non indifferente, direi quasi preoccupante.

Occorre fare attenzione, mettendo in atto delle precauzioni d'uso: rinunciare a seguire qualcosa, non accettare tutti gli inviti, essere più selettivi nell'accettare nuovi "amici".
Esce in questi giorni un interessante libricino scritto da un facebookiano massimalista (con più di quattrocento "amici"), prima incallito utilizzatore e poi pentito, dal titolo "Facebook: domani smetto" (Castelvecchi, Roma, 2009).
Il libro, che nasce come una riflessione maturata all'interno di FB, pone sul tappeto alcune interessanti questioni.

La più cruciale è questa: che ci sia il rischio che FB possa diventare una nuova droga, soprattutto per tutte quelle sollecitazioni che è capace di offrire al desiderio dentro ciascuno di noi di una "socialità" intelligente?

Pensiamoci!

Riflettiamo!
E' bello potere prendere le distanze da ciò che ci coinvolge ed attivare forme di metariflessione sulla propria esperienza.
Questa che segue la sintetica presentazione al volume in quarta di copertina:

"Pensi sia solo un gioco e cominci: perché c'è dentro qualcuno che conosci, perché lo fanno tutti.
Per curiosità o per necessità, prima o poi è sicuro che ci finisci, e vedi che tutti gli altri sono già lì. A consumare la droga più devastante dai tempi del crack. Su di loro scopri tutto: e-mail, numero di cellulare, cartone animato preferito, voto di condotta delle medie. Nome e cognome veri e soprannome che gli ha dato la compagna di banco all'asilo. E dopo poco tempo ti basta una sola occhiata alla loro bacheca per inquadrarli: il principiante e il fanatico, la sex symboi e la timida, il boss e il pentito. È
la prima cosa a cui pensi quando ti svegli, l'ultima prima di addormentarti. La sera non esci perché tutti i tuoi amici sono lì, su Facebook. Il giorno non telefoni, non mandi e-mail, non incontri persone. Tanto c'è Facebook. E se proprio devi uscire di casa per fare la spesa, crei un evento con un inizio e una fine. Questo libro è per te, che avevi una vita più o meno felice fino a quando, un giorno, qualcuno ti ha chiesto: "Ma tu sei su Facebook?". Questo libro ti farà smettere. O quasi."
A guardare i titoli dei diversi capitoli, in cui è suddiviso il racconto della sua esperienza, sembrerebbe che Ferrari abbia preso una brutta cotta per FB e che il suo percorso sia stato estremamente simile ad una storia di coinvolgimento in una dipendenza e all'uscita da essa con tutte le ambiguità e i ritorni indietro (le ricadute).
Ma, a prescindere dalle estremizzazioni, FB può avere dei pregi e fornire stimoli intellettuali non indifferenti attraverso il confronto e la discussione in un'agorà senza limiti.

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