sabato 5 aprile 2008

Come il porno è entrato nelle nostre vite

Questa la notizia che vale la pena commentare:
Cosa si fa di solito all’università? Si studia, si danno esami, si fa amicizia, si fa un po’ di festa, a volte ci si innamora e ci si prepara anche al futuro professionale. In America oltre a fare tutte queste cose, stampano anche riviste sexy. Sempre più università americane, infatti, si sono messe a realizzare vere e proprie riviste porno, che sono gli stessi studenti a produrre. Tra le università che hanno voluto copiare il Playboy di Hugh Hefner abbiamo Harvard, Yale, Boston University, Columbia, University of Chicago, Stanford e Ucla. Tutti istituti prestigiosi e “seri”, che però hanno voluto cambiare le regole e dare una svolta: il sesso non è più un tabù e quindi si può parlarne liberamente. Anche dentro le mura universitarie. E alcuni di questi giornali escono anche sul mercato, come la rivista Boink, della Boston University."Forse quello che facciamo dà sui nervi a qualcuno, ma il sesso è dappertutto e per questa generazione lo è sempre stato. Un corpo è un corpo. Io sono orgogliosa del mio corpo e non vedo perché non dovrei mostrarlo. Non mi impedirà di trovare un lavoro, non è più il tempo de La lettera scarlatta". [notizia d'agenzia, pubblicata in "Siciliainformazioni" il 20 marzo 2008, "Internet: sempre più adolescenti producono materiale pornografico in casa"]
In verità, nulla di nuovo sotto il sole: ogni tanto accade che le agenzie di stampa prendano una notizia e la presentino come il portato d'un fenomeno emergente (e ciò per dare il senso della novità), svincolando il fatto citato dal suo contesto più ampio.
Un libro-inchiesta pubblicato pochi anni fa (2005) e comparso in lingua italiana nel 2007 ha già segnalato questo fenomeno in uno dei suoi capitoli, ma collocandolo all'interno al'interno di un trend molto più complesso.
Il libro è "Pornopotere. Come l'industria porno sta trasformando la nostra vita" (Orme) scritto da
lla giornalista Pamela Paul, con il taglio dell'inchiesta sociologica. La pornografia - secondo l'autrice - tra la fine del XX secolo ed il primo decennio del XXI ha letteralmente "colonizzato" la vita delle persone, influenzando, i gusti, il costume, il modo di pensare la sessualità e di approcciarvisi. E ciò è avvenuto trasversalmente in tutti i continenti.
Il porno, inteso nell'accezione che vi ha dato l'americano Robert J. Stoller, psichiatra e psicoterapeuta, nel suo libro Il porno. Miti per il XX secolo (Feltrinelli, 1993) sembra essere dappertutto: lo si trova in internet, in televisione, nei libri, nella pubblicità, con una presenza pervasiva ed ubiquitaria. Ciò che prima era considerato "osceno" ed offensivo della sensibilità altrui viene oggi accettato praticamente senza riserve. Le pornodive ed i pornoattori vengono accolti come ospiti graditi nei più rinomati talkshow, scrivono le proprie biografie, riasciano autografi, sono osannati dal pubblico giovanile. Proprio alcuni giorni fa, in un talk-show della televisione nazionale (Rai2) in un orario di largo sharing è intervenuta la pornodiva Eva Henger per spiegare ai suoi interlocutori e al grande pubblico come - e se - il suo mestiere ha interferito nel rapporto con la figlia oggi ventenne.
Negli ultimi anni, lo sviluppo tecnologico, i cambiamenti sociali e culturali hanno trasfigurato il paesaggio della pornografia. Il libro, capitolo dopo capitolo, indaga i modi in cui, in questo primo scorcio del ventunesimo secolo, la vita delle persone sia sempre più influenzata dalla "cultura" del porno. L'autrice che poggia alcune delle sue considerazioni su centinaia di interviste e ricerche sul campo, ha tracciato un quadro variegato della società "pornificata".
La "pornification of life": questo è il fenomeno vividamente rappresentato da Pamela Paul. In effetti, proprio in uno dei capitoli del suo libro, l'autrice - sempre avvalendosi di inchieste ed interviste - racconta della penetrazione della cultura del porno all'interno delle università americane, un'invasione pacifica che ha assunto il carattere d'un mix tra leisure, intrattenimento, trasgressione e, alla fine, anche business.
Il fenomeno, molto tangenzialmente, viene anche toccato in un libro-inchiesta italiano che, pure di recente pubblicazione, racconta le notti brave degli adolescenti nostrani in un intersecarsi di festini, uso di droghe stimolanti (ectasy e, negli ultimi anni, sempre di più la cocaina), trasgressioni, promiscuità sessuali e diffusione in rete di immagini e sequenze video auto-prodotte. Ciò avviene - è universalmente noto - innanzitutto attraverso youtube, il sito più conosciuto dove chiunque può "postare" - per lo sharing e la condivisione - i suoi filmati, passando al più specializzato youporn (esclusiamente dedicato all'hard amatoriale, con qualche incursione nei pzzoni video piratati dagli hard commerciali), sino alla creazione di siti specifici (a pagamento) in cui soprattutto le più giovani adolescenti si espongono alla webcam, traducendo le proprie voglie di esibizionismo e trasgressione in fonte di reddito (e, in questi tempi magri, sempre di reddito si tratta, per quanto discutibile).
Il piccolo ed interessante volume è Cocaparty. Storie di ragazzi fra sballi, sesso e cocaina (di Federica Angeli e Emilio Radice, Bompiani, 2008).
Questa l'inarrestabile evoluzione dei costumi: se, da un lato, crescono i fatturati dei produttori di DVD hard e di oggettistisca sessuale, dall'altro lato con l'avvento di internet è cresciuta vertiginosamente la fruizione della pornografia on line, una pornografia "immediata" che induce i "consumatori" ad una visione febbrile, sempre più frantumata ed avulsa da qualsiasi contesto
intellegibile (trattandosi - il più delle volte - di spezzoni di filmati senza storia e senza sentimenti tutti centrati sull'atto performativo o su semplici frammenti di esso) e che, in taluni casi, può portare a forme di vera pornodipendenza (assimiliabile - nelle modalità di espressità clinica - ad altre forme di dipendenza patologica), come descrive magistralmente Vincenzo Punzi nel suo libro drammaticamente autobiografico (che, al tempo stesso, offre un margine di speranza a chi è rimasto agganciato a questa foma di dipendenza) Io, pornodipendente. Sedotto da internet (Costa & Nolan, 2007)
Il libro di Punzi è tante cose assieme. E' una confessione senza pudore, perchè l'autore, coraggiosamente, vi racconta la propria esperienza di coinvolgimento nel porno in rete, mettendosi letteralmente a nudo. E' un pamphlet di denuncia sul "potere" insito nella rete di "catturare" sempre più individui con le sue seduzioni (tra le quali l'offerta pressocché gratuita di immagini e filmati porno occupa una posizione di primo piano). Infine, è un efficace manuale di terapia che mostra minuziosamente (a volte in modo sofferto e coinvolgente) i diversi passaggi compiuti dall'autore per uscire dalla condizione di "pornodipendenza" e per ritrovare faticosamente tutti i requisiti di individuo libero e capace di autodeterminaione, non più schiavo della compulsione, con l'illustrazione (non teorica, ma con le esemplificazione dei continui - e fecondi - scambi di riflessioni ed analisi, con gli aderenti al suo gruppo) tutti i passaggi compiuti, dalla ricerca di aiuto "professionale" (spesso fonte di fraintendimenti nel confronto con psicoterapeuti non preparati a questa realtà), alla costruzione d'un gruppo di auto-aiuto (in rete), sino all'acquisizione della capacità di raccontarsi, di raccontare della propria esperienza, ad un pubblico più vasto con sincerità, senza infingimenti ed edulcorazioni. Se vogliamo, è un libro molto crudo, di scomode verità,sincero, impregnato di un'attitudine severa ed impietosa nei confronti delle debolezze, degli alibi e delle infinite trappole cognitive che il dipendente (in questo caso, il pornodipendente) è abilissimo nel tendere a se stesso.
Il libro di Punzi è dunque una testimonianza ricca e complessa su un fenomeno attuale (quello delle dipendenze "problematiche") che, con molte sfaccettature e variazioni, pervade le nostre vite di uomini del XXI secolo. Per questo motivo, ha un elevato valore didascalico ed umano, perchè apre la porta alla speranza, mostrando che chi è invischiato nella fruizione compulsiva del porno in rete può riuscire a venir fuori dalla sua compulsione, a condizione d'essere disposto a seguire la strada che Vincenzo Punzi e tanti altri che hanno aderito al gruppo da lui avviato sono stati capaci di percorrere, lottando contro se stessi e affrontando dolorose verità.
Il tipo di coinvolgimento raccontato da Punzi rappresenta soltanto la punta emergente d'un iceberg di colossali - epocali - proprorzioni che è appunto rappresentato dal porno "normalizzato" che è entrato senza colpo ferire nella cultura e nell'estetica contemporanei. Basti pensare all'estrema diffusione del sesso come "divertimento" e piacere puro, svincolato da un suo contesto affettivo-sentimentale: basti guardare alla sempre più massiccia diffusione dei club privé, del fenomeno dello "scambismo" e del sesso di gruppo, sino alla codifica di luoghi pubblici in cui sono lecite manifestazioni ostentate della sessualità un tempo impensabili (come il celebre campo per nudisti-scambisti di Cap d'Agde - in Francia - che il grande pubblico ha avuto modo di conoscere attraverso la lettura dei romanzi di Houellebecq, ed in particolare, del suo Piattaforma).
Così, non c'è proprio da stupirsi se, in questo processo di "normalizzazione del porno" e di crescente "pornification" della vita, gli studenti dei campus americani abbiano deciso di produrre in proprio i propri scenari pornografici e, eventualmente, anche trarne un profitto.
Ovviamente, la notizia dovrebbe spingere tutti ad interrogarsi sulla pochezza morale dei nostri tempi e sulle trasformazioni che il mondo dei valori ha subito nell'arco di pochi decenni: il libertinaggio, peraltro non è cosa recente, poichè la pornografia - in modo ondivago - ha percorso tutte le epoche, con periodici ridimensionamenti e censure, ma soprattutto perchè era considerata destabilizzante per il potere costituito.
Non a caso, anni fa, si accese
una violenta polemica tra le femministe americane conservatrici e quelle radicali. Le prime sostenevano che il porno era offensivo per la dignità della donna e che, quindi andava censurato, se non addirittura combattuto aspramente, mentre le seconde affermavano che fa ciò avrebbe significato attentare alla libertà d'espressione e che, quindi, avrebbe portato il femminismo a trovarsi paradossalmente allineato su di una posizione analoga a quella dei peggiori conservatori. Autorevoli personaggi entrarono nel merito del ibattito per dire la loro, tra i quali il sudrafricano Coetzee, premio Nobel per la letteratura. Un recente volume propone un'interessante ed esuariente sintesi della diatriba (Alan Soble, Pornografia, sesso e femminismo. Un filosofo liberal confuta le più frequenti accuse contro il porno, Effepì Libri, 2007).
La polemica poi si placò, o meglio: si inabissò. Oggi, a distanza di anni
da quell'acceso scontro (si era negli anni Novanta), siamo in entrati in una fase di piena "normalizzazione" del porno e con questa evoluzione probabilmente bisogna imparare a convivere.

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