lunedì 29 novembre 2010

Cani e gatti - Frida e l'accappatoio


L'altro giorno, di primo mattino, c'è stato un violento acquazzone e durante la corsa mattutina ce lo siamo beccato tutto, io e Frida.
Al ritorno, Frida era zuppa e sgocciolava acqua da tutte le parti, a rivoli.
Per questo motivo, le è stato precluso l'ingresso in casa e, contemporaneamente, come misura straordinaria, è stata paludata in un vecchio accappatoio appartenuto un tempo a qualche bambino e ora riciclato come accappatoio per cane.
Frida, come altre volte, non era molto felice di doverlo indossare, ma si è dovuta rassegnare, facendo buon viso a cattivo gioco...

"Guardate a cosa mi costringe il mio padrone" - sembra dire con il suo sguardo umido.

Poi, tale era la sua insofferenza, che alla fine è riuscita a sfliaserlo e se ne è scappata su per le scale del condominio, trascinandoselo con sé.
L'accappatoio ho dovuto recuperarlo qualche piano più su.

giovedì 18 novembre 2010

The way I was - Carcò, il mio compagno di banco di III

Uno dei temi frequentemente assegnati dai maestri ai ragazzini delle Scuole primarie (un tempo "elementari) alle prese con i primi e faticosi cimenti della scrittura è relativo alla descrizione del mondo che circonda i bambini, l'immediato "vicino", anche nel senso antropologico del termine.

Un esempio di composizione, attinto dai miei personali ricordi:

Il mio compagno di banco

si chiama Carcò

Ha gli occhi marrone.

Ha i pantaloni marroni

Porta un maglione marrone

e ha le scarpe e le calze marroni

Fu il testo di un mio tema quando ero - se non ricordo male - in 3^ elementare.

Il titolo che ci aveva assegnato il maestro era: "Descrivi il tuo compagno di banco".

La mia composizione si distingue per la stringatezza ("stitichezza" compositiva, soleva dire mia madre raccontando l'episodio) e monotematicità.Parrebbe cheio vedessi il mio compagno di banco come un pezzo di cacca, né più né meno (considerando la profusione di marrone), forse perchè fui sollecitato dall'assonanza tra "carcò" e "cacò" (passato remoto del verbo "cacare") con un istintivo e spontaneo spostamento verso la "cacca", amata/odiata.

"Cacca", da piccolo, parola amata: spesso solevo dire, arrivando a casa dei nonni, provocatoriamente (o forse soltanto perchè lo trovavo divertente o perchè così ritenevo di manifestare il mio affetto), "Nonno Totò e Nonna Ia, cacca e pipì!".

Ma anche odiata: la nonna sentendomi pronunciare a ripetizione queste parole esortava mia madre a punirmi, pungendomi la lingua con uno spillo.Lei diceva che sì, l'avrebbe fatto ma poi non eseguiva mai. Cionondimeno io ero terrorizzato, ma non per questo riuscivo a tenere a freno la mia linguaccia.

Mia madre raccontava questa storiella su Carcò tutto marrone e ogni volta si faceva grasse risate, commentando: "Chi l'avrebbe mai detto che, dopo, da grande, ti sarebbe venuta la passione per la scrittura!".

Mi raccontava anche che, dopo quel tema, il maestro la chiamò per discutere con lei di questa mia scrittura "stitica" e monocorde,lamentandosi della mia scarsa fantasia e della mia pigrizia nell'aggiungere alla mia composizione altre parole che rendessero il racconto un po' più corposo.

Ed ora - mi chiedo - dove sarà finito il buon Carcò (di cui non ricordo nemmeno il nome)?

mercoledì 17 novembre 2010

Con Unstoppable di Tony Scott un bell'esempio di cinematografia "ferroviaria".

Con Unstoppable. Fuori controllo (di Tony Scott, USA, 2010) abbiamo modo di vedere un film di azione "ferroviaria". Ferrovie e treni in corsa hanno da sempre attratto i cineasti, sin dagli esordi della cinematografia, soprattutto perche le riprese dei film in movimento con la loro specifica cinematica ben si prestavano a creare effetti di "presenza" in sala di proiezione di rara efficacia e vividezza., in un connubio fertile tra le futuristiche macchine e vapore e la nacente cinematografia, arte legata in modo stretto alla ripresa di oggetti e persone in azione e, dunque, alla velocità e alla modernità.
Basti pensare ai numerosi esempi di questo tipo che punteggiano la storia del cinema, sia nell'ambito della cinematografia "seria" sia nelle comiche e nelle commedie.
Con i film di treni si è creato così un vero e proprio sotto-genere che percorre trasversalmente tutti i diversi ambiti "codificati" della cinematografia e che, nello stesso tempo, segue longitudinalmente la storia del cinema stessa.
Una regola accomuna tuttavia questi film: sempre, sin dagli esordi, le riprese - per essere efficaci nel loro impatto sul pubblco - dovevano riguardare "veri" treni in movimento. Ed è così tutt'ora: era ben più rimarchevole che ciò avvenisse agli esordi della cinematografia.
Ed è così che si giunge a quest'ultimo esemplare realizzato da Tony Scott, fratello del grande Ridley e maestro della cinematografia di movimento e di azione: per alcuni un vero autore cult.
La storia è semplice: un enorme convoglio merci si avvia - per una serie di sfortunate coincidenze - a lungo un binario, in accelerazione e senza nessun pilota a bordo. La sua traiettoria lo porterà ad attraversare la città di Stanton, Pensylvania, fittamente popolata piena di impianti che trattano sostanze pericolose. Lo stesso treno trasporta numerosi vagoni contenenti una sostanza chimica altamente tossica.
Inizia una corsa contro il tempo per cercare di fermare il convoglio. Falliscono i tentativi della dirigenza della Compagnia ferroviaria che, per limitare il possibile danno, dispone alcune misure sostanzialmente poco efficaci e che, nello stesso tempo, diffida dei suggerimenti e delle ipotesi ventilate dalle persone sul campo.
La soluzione verrà data da un macchinista "veterano dei veterani" (un Denzel Washington un po' imbolsito) che, alla guida del suo locomotore e, avendo a bordo, un capotreno novellino, neo-assunto (Chris Pine) parte a tutto gas all'inseguimento del convoglio fuori controllo per cercare di acchiapparlo da dietro.
Le riprese d'azione si fanno via via più coinvolgenti ed emozionanti man man che il convoglio macina i chilometri e, sino all'ultimo, lo spettatore rimane con il cuore in gola, mentre al passaggio del treno c'è l'inevitabile contorno di automezzi investiti e ribaltati, il dispiegarsi d'un mastodontico schieramento di polizia e Vigili del fuoco che isolano la zona per vietare l'accesso a tutta la popolazione civile e la massiccia copertura mediatica che solo gli Americani USA sono capaci di mettere in campo.
La parte debole del film - debole perchè si perde in luoghi comuni e dialoghi scontati - riscattata tuttavia dall'efficacia e dall'intensità delle scene di movimento è quella dei colloqui tra i due nella cabina di pilotaggio del locomotore che, alla fine, salverà la situazione: nei dialoghi va in scena, in modi un po' scontati, il confronto tra un veterano del lavoro ferroviario e tra un giovane neo-assunto, un pivellino che deve la sua assunzione al fatto di portare un cognome importante per la dirigenza (quindi, una specie di "raccomandato"), un confronto che, dopo la fase dell'insofferenza, dell'incomprensione, del dileggio e della mancanza di stima, si tramuterà alla fine in reciproco rispetto: ma entrambi sono piccoli proletari, onesti lavoratori, che - pur bistrattati dal proprio datore di lavoro e sfiduciati da esso - in modo molto "americano" sono pronti a rischiare il tutto per tutto per essere degli eroi.
Il film si basa su di una storia realmente accaduta in una zona della Pennsylvania, negli USA.

Scheda Film

Un film di Tony Scott
Interpeti principali: Denzel Washington, Chris Pine, Rosario Dawson, Ethan Suplee, Kevin Dunn, Kevin Corrigan, Kevin Chapman, Lew Temple, T.J. Miller, Jessy Schram, David Warshofsky, Andy Umberger, Victor Gojcaj, Adam Kroloff, Maxx Hennard, Eric Unger, Scott A. Martin, Christopher Stadulis, Kevin McClatchy, Joshua Elijah Reese, Jeff Wincott, Paul Vasquez, Elizabeth Mathis, Meagan Tandy, Keith Michael Gregory, Patrick McDade, A.J. Verel, L. Derek Leonidoff
Titolo originale: Unstoppable
Genere:Azione, durata 99 min.
USA 2010. - 20th Century Fox
Uscita venerdì 12 novembre 2010.

domenica 14 novembre 2010

"La psichiatra", opera d'esordio di Wulf Dorn: uno psycho-thriller davvero ben costruito


Lo psycho-thriller è un sotto-genere della più ampia categoria letteraria e cinematografica del thriller che accoglie in sè, tuttavia, anche elementi propri del mistery e del dramma (tipici e fondanti del thriller, non semplicemente d'azione), ma anche elementi ascriibili tout court più propriamente alla letteratura horror.
La psichiatra (dell'esordiente Wulf Dorn, publicato in Italia per i tipi di Corbaccio, 2010), che in Germania - grazie al passaparola tra i lettori - ha avuto un enorme successo di pubblico, appartiene appunto alla categoria del psychothriller, con elementi che all'inizio farebbero pensare al medical thriller, dal momento che l'esordio della narrazione è l'inquietante rapporto che si stabilisce tra una dottoressa, Ellen Roth, psichiatra molto apprezzata in una grande clinica privata (l'immaginaria Waldklinik) ed una misteriorsa paziente che sembra essere reduce da maltrattamenti e abusi (le appare sporca e ricoperta di lividi, alla prima visita) e che se ne sta rannicchiata, muta e spaurita, nell'angolo della stanza che le è stata assegnata. Chi è l'Uomo Nero che l'avrebbe maltrattata e sul conto del quale la misteriosa donna pronuncia delle frasi smozzicate, riottosa a qualsiasi tentativo di stabilire un contatto con lei??
Ellen Roth cerca di approfondire la questione, entrando maggiormente in contatto con la paziente, senonchè costei misteriosamente scompare, così come altrettanto misteriosamente era giunta nella Clinica il giorno prima (nessuno l'aveva vista, né ne serbava memoria).
Viceversa, compare un misterioso personaggio che prende a vessare la stessa dottoressa, sollecitandola ad andare avanti in una ricerca sempre più frenetica nel tentativo di salvare la donna scomparsa e, nello stesso tempo, mettendola in un confronto stretto con la convinzione degli altri che sia lei a manifestare segni di follia, forse perchè è sottoposta ad uno stress eccessivo.
Da thriller medico-psichiatrico lo scenario si trasforma in quello di uno psycho-thriller, leggendo il quale si scende nelle profondità insondabili di una mente umana gravemente turbata in uno scenario sempre più da incubo e il lettore, costretto a doversi calare verso il cuore oscuro di una follia antica, è trasportato con numerosi colpi di scena vieppiù incalzanti verso la soluzione del mistero.
Sul quale, ovviamente, non si può dire nulla, per non rovinare ai lettori il piacere della scoperta.
La narrazione di Dorn procede con grande slancio sino ad un certo punto, poi, rallenta: il punto debole di ogni psycho-thriller è il momento delle spiegazioni psicopatologiche, secondo una tradizione messa a punto , in modo magistrale, da Hitchcock con il suo celebrato Psycho che culmina con la descrizione icastica della follia profonda di Anthony Perkins e del suo sdoppiamento di personalità.
Ma la spiegazione psicopatologica - per essere efficace - deve essere data in modo fulminante, senza dare al lettore il tempo di razionalizzare: c'è il rischio altrimenti di fare scadere la propria narrazione alla pagina di un testo di psicopatologia oppure a quella di un volume di casi clinici.
Il romanzo di Dorn che rivela di possedere una grande maestria narrativa, con una scrittura agile ed incisiva, fornisce un'esemplificazione paradigmatica delle tematiche riguardanti il maltrattamento e l'abuso dell'infanzia, gli stati dissociativi della mente, l'incidenza di stati allucinatori e di tematiche deliranti nell'influenzare pesantemente il rapporto con la realtà, tematiche che, peraltro, l'Autore conosce bene per via del suo lavoro come logopedista presso una struttura psichiatrica.

Sintesi del romanzo (dal risguardo di copertina)
Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un'umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l'Uomo Nero la sta cercando. La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo di donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all'Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall'ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l'incubo. Nessuno l'ha vista uscire, nessuno l'aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire. Chi è quella donna? Cosa le è successo? E chi è veramente l'Uomo Nero? Ellen non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia. Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine...

Wulf Dorn (Germania) è nato nel 1969. Ha studiato lingue e per anni ha lavorato come logopedista per la riabilitazione del linguaggio in pazienti psichiatrici. vive con la moglie e il gatto vicino a Ulm, in Germania.

La psichiatra è il suo primo romanzo ed è diventato un successo grazie al passaparola dei lettori.


Creative Commons License
Frammenti by Maurizio Crispi is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at maurcrispi.blogspot.com.