domenica 12 settembre 2010

Il merchandising appiana tutte le differenze: di tale assunto l'amaro Il Padrino ci fornisce un'esemplificazione


Una legge di mercato dice che ogni cosa diventa "buona" se se ne può ottenere un "prodotto" da vendere a dei "consumatori", in linea con la concezione che il sociologo Zigmunt Baumann tratteggia dell'uomo postmoderno in quanto "homo consumens" e con la trasformazione di gran parte del mondo in un grande ipermercato globalizzato in cui tutto può diventare oggetto di una transazione commerciale. In quest'ottica anche le imprese del serial killer più efferato, trasformate in libro o in film possono essere vendute diventando oggetto di consumo.

Corleone è stata per decenni un cupo feudo mafioso e ha prodotto alcuni dei più temibili personaggi della "cupola", del malaffare e del malgoverno siciliano (basti pensare ad alcuni potenti in odore di mafia anch'essi di origini corleonesi). Dietro a questi personaggi, aleggia no la fiction e la matrice "originaria" della rappresentazione dell'uomo di mafia, cioè il don Vito, protagonista ed emblema de "Il Padrino" di Francis Ford Coppola, che per caso o per necessità di cognome faceva appunto "Corleone", quando ancora non si parlava esplicitamente della mafia corleonese.

Dopo i duri colpi inferti dalla Giustizia alla mafia e dopo l'eclissi di alcuni corleonesi di spicco, Riina e Provenzano in testa a tutti, Corleone ha cominciato a cambiare e a trasformarsi, tentando di mettere da parte un passato ancora recente di cui i cittadini benpensanti adesso si vergogano.

E sono state tante le iniziative a favore del ritrovato piacere della legalità, come - nel 2008 - al ricorrere della strage di mafia in cui perì Giovanni Falcone con la sua scorta si celebrò una corsa podistica che, partendo alle prima luci dell'alba dal "covo" di Provenzano arrivò a Palermo sino all'Albero Falcone, trasportando un messaggio di legalità da leggere ai tanti che si erano raccolti nella dolente commerazione.

Nello stesso tempo, se un tempo la Mafia e Cosa Nostra rendevano Corleone un luogo ostile in cui tutti i cittadini camminavano a testa bassa e gli stranieri in visita o di passaggio non erano ben visti, oggi vi è un fiorente flusso di turisti che arrivano in una cittadina bella e, forse, più ridente di prima - meno cupa - e che indubbiamente presenta numerose bellezze architettoniche e punti di interesse storico di rilievo: non dimentichiamo che Corleone viene definita "la città dalle cento chiese".

Corleone, interessa come meta turistica, non solo per questo motivo, ma proprio perchè è stata città di mafia e può quindi essere inserita in una sorta di "mafia tour": molti stranieri possono arrivare qui con questa motivazione. Si assiste dunque ad un paradossale rovesciamento di valori: se prima la mafia era un motivo per non visitare Corleone, oggi invece è diventata sicuramente uno dei motivi per andarci per un certo tipo di "consumatori" turistici.

Se si entra nella pasticceria-bar ubicata nel corso proprio davanti alla Matrice (Central Bar dei fratelli Ruggiriello) e si chiede un caffè, si rimarrà sopresi nel vedere che alle spalle del bancone sono in esposizione svariate bottiglie targate "Il padrino". Numerose sono quelle di un amaro (Amaro Il Padrino), ma vi è anche un Limoncello e poi un vino rosso (un Nero d'Avola) e uno bianco, presentati in un'allettante confezione cartonata di due bottiglie e con etichetta personalizzata "Il Padrino"). Tra le bottiglie in evidenza si intravedono anche delle tazze stampate con l'effigie di Don Vito Corleone ("il Padrino" cinematografico), che emblematicamente, essendo nella rappresentazione letteraria (Mario Puzo) e filmica, il "padre" di tutti i padrini rimanda per ellissi ad altri "padrini" corleonesi, e questi realmente esistiti purtroppo.

La presentazione dei prodotti è accativante e segue tutte le regole del merchandising e del marketing: l'etichetta è un omaggio alla Corleone d'altri tempi, visto che porta il dettaglio di una foto d'epoca con il corso principale e la Matrice, ma assieme alla bottiglia acquistata viene consegnata all'acquirente una grande brochure con tutti i dettagli tecnici del prodotto e, eventualmente, anche una più piccola di cui una parte ritagliata diventà una cartolina che sul fronte reca una foto vedutistica di Corleone. Inoltre, i prodotti acquistati vengono consegnati in un sacchetto di carta decorato con la stessa immagine dell'etichetta e con la dicitura "Amaro Il Padrino": tutto molto elegante e perfettamente studiato, con criteri decisamente moderni e orientati dalla volontà di fideizzare i clienti e diffondere la conoscenza del proprio prodotto.

Questa la presentazione, rinvenibile anche nel web (e, tra l'altro, L'Amaro Il Padrino ha addirittura un suo sito web costruito in modo egualmente accativante: http://www.amaroilpadrino.com/).

L'amaro "Il Padrino" nasce grazie all'intraprendenza dei fratelli Ruggiriello, da un antica ricetta Corleonese che combina numerose erbe siciliane, unite in maniera armoniosa, tal eda conferire al liquore che si ricava dalla lavorazione un sapore unico ed inimitabile. Nel corso degli anni l'amaro il Padrino ha riscosso ottime critiche da vari degustatori ed è consigliato come digestivo.

I turisti entano vocianti, eccitati e allegri e comprano o l'Amaro o il Limocello o il vino, ben certi che con tali prodotti potranno fare ad amici e parenti lontani un dono gradito ed "esotico".

Lo confesso: non si può che rimanere turbati da questo stravolgimento "commerciale" di un fenomeno sociale e delinquenziale che tanto male ha fatto e che tante vite ha spezzato crudelmente.

Ma il commercio è commercio: tende ad omologare tutto in un unico pastone indifferenziato.

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