Un esempio di composizione, attinto dai miei personali ricordi:
Il mio compagno di banco
si chiama Carcò
Ha gli occhi marrone.
Ha i pantaloni marroni
Porta un maglione marrone
e ha le scarpe e le calze marroni
Fu il testo di un mio tema quando ero - se non ricordo male - in 3^ elementare.
Il titolo che ci aveva assegnato il maestro era: "Descrivi il tuo compagno di banco".
La mia composizione si distingue per la stringatezza ("stitichezza" compositiva, soleva dire mia madre raccontando l'episodio) e monotematicità.Parrebbe cheio vedessi il mio compagno di banco come un pezzo di cacca, né più né meno (considerando la profusione di marrone), forse perchè fui sollecitato dall'assonanza tra "carcò" e "cacò" (passato remoto del verbo "cacare") con un istintivo e spontaneo spostamento verso la "cacca", amata/odiata.
"Cacca", da piccolo, parola amata: spesso solevo dire, arrivando a casa dei nonni, provocatoriamente (o forse soltanto perchè lo trovavo divertente o perchè così ritenevo di manifestare il mio affetto), "Nonno Totò e Nonna Ia, cacca e pipì!".
Ma anche odiata: la nonna sentendomi pronunciare a ripetizione queste parole esortava mia madre a punirmi, pungendomi la lingua con uno spillo.Lei diceva che sì, l'avrebbe fatto ma poi non eseguiva mai. Cionondimeno io ero terrorizzato, ma non per questo riuscivo a tenere a freno la mia linguaccia.
Mia madre raccontava questa storiella su Carcò tutto marrone e ogni volta si faceva grasse risate, commentando: "Chi l'avrebbe mai detto che, dopo, da grande, ti sarebbe venuta la passione per la scrittura!".
Mi raccontava anche che, dopo quel tema, il maestro la chiamò per discutere con lei di questa mia scrittura "stitica" e monocorde,lamentandosi della mia scarsa fantasia e della mia pigrizia nell'aggiungere alla mia composizione altre parole che rendessero il racconto un po' più corposo.
Ed ora - mi chiedo - dove sarà finito il buon Carcò (di cui non ricordo nemmeno il nome)?
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