Questa foto ha una sua storia ed apre uno scenario sui miei giochi da spiaggia quando ero piccino.
Ovviamente, secchiello, paletta ed innaffiatoio erano immancabili.
Ma io volevo di più...
Non mi bastavano questi semplici strumenti...
Volevo costruire con la sabbia e dare forma alle mie fantasie.
E, dunque, assecondato da mia madre, tenevo con me un'intera scorta di legni (tutti raccolti in spiaggia) che servivano da materiali da costruzione, per fare ponti rampe, ponti levatoi, palizzate, perfino pavimenti sospesi in modo da poter realizzare nelle costruzioni di sabbia (castelli ed altro) concamerazioni su più livelli.
Di questi pezzi di legno di varia foggia io ero assolutamente geloso: erano un mio patrimonio personale e viaggiavano sempre con me, contenuti in una vecchia borsa di stoffa verde con manici di legno che mia madre mi aveva dato, proprio per questo scopo.
In una fase successiva, crescendo la mia capacità di movimentazione di carichi più ingenti e avendo ricevuto in dono dai miei una bella pala di metallo, scavavo profonde ed articolate trincee. Oppure fossi profondi con l'obiettivo di raggiungere il livello del mare e creare, al fondo della buca, una polla di acqua salmastra.
Raggiungere l'umido era una meta ambita, ma anche la fine del gioco perchè l'acqua corrodeva le pareti del fosso che cominciavano a franare, compromettendo tutto il lavoro fatto.
Poi, sono passato alla fase delle grandi buche che venivano mascherate con una copertura distecchi leggeri e di sabbia: delle vere e proprie trappole...
E fu una fortuna che nessuno si sia mai fatto male...
Con mio padre - ma questa è stata una cosa che facemmo soltanto due o tre volte - costruivamo sulla spiaggia il "vulcano".
Si faceva così: formavamo una grande montagna di sabbia, prediligendo all'inizio quella umida, ma non bagnata, perchè si compattava meglio per creare la camera di combustione e il camino.
Quando la montagna era sufficientemente alta - e in genere veniva di foma conica, come l'Etna - mio padre scavava un cunicolo orizzontale nella sua base, sino al centro. Quindi, partendo dalla sommità faceva un secondo cunicolo sino a congiungerlo con la cavità centrale: e così il vulcano era pronto. A questo punto, bisognava soltanto riempire il punto di congiunzione di materiale combustibile e dargli fuoco.
Di tutti questi aspetti "tecnici" si occupava mio padre...
Se il tiraggio era buono e se si aveva l'accortezza di aggiungere anche molta carta, dal cratere del vulcano cominciava a venire fuori un bel fumo bianco, con grande delizia di tutti i bagnanti presenti.
Era questo il motivo per cui il "vulcano" non si poteva fare ogi volta che avrei voluto: ma io, a mio padre, glielo ricordavo sempre perchè il divertimento era davvero troppo grande...
La nostalgia dei giochi di sabbia è rimasta dentro di me molto forte.
Sino a quando mio figlio ha avuto voglia di farlo costruivo con lui - per lui, perchè dopo un po' lui si stancava di lavorare a spostare e a compattare sabbia - grandi castelli che poi venivano ammirati da tutti gli altri bambini, che chiamavano il proprio padre per mostrarglieli e dire loro: "Papà, costruiscine uno così anche per me!".
Anche adesso che mio figlio è cresciuto e si vergognerebbe a indulgere in questi giochi, se mi ritrovo su di una spiaggia si manifesta quasi sempre irrefrenabile l'impulso a scavare e ad ammucchiare la sabbia che viene fuori dallo scavo e finisce con l'assumere forme diverse; in genere fortificazioni, castelli, città, dighe...
Potrei passarci ore a occuparmi così...
Ovviamente, secchiello, paletta ed innaffiatoio erano immancabili.
Ma io volevo di più...
Non mi bastavano questi semplici strumenti...
Volevo costruire con la sabbia e dare forma alle mie fantasie.
E, dunque, assecondato da mia madre, tenevo con me un'intera scorta di legni (tutti raccolti in spiaggia) che servivano da materiali da costruzione, per fare ponti rampe, ponti levatoi, palizzate, perfino pavimenti sospesi in modo da poter realizzare nelle costruzioni di sabbia (castelli ed altro) concamerazioni su più livelli.
Di questi pezzi di legno di varia foggia io ero assolutamente geloso: erano un mio patrimonio personale e viaggiavano sempre con me, contenuti in una vecchia borsa di stoffa verde con manici di legno che mia madre mi aveva dato, proprio per questo scopo.
In una fase successiva, crescendo la mia capacità di movimentazione di carichi più ingenti e avendo ricevuto in dono dai miei una bella pala di metallo, scavavo profonde ed articolate trincee. Oppure fossi profondi con l'obiettivo di raggiungere il livello del mare e creare, al fondo della buca, una polla di acqua salmastra.
Raggiungere l'umido era una meta ambita, ma anche la fine del gioco perchè l'acqua corrodeva le pareti del fosso che cominciavano a franare, compromettendo tutto il lavoro fatto.
Poi, sono passato alla fase delle grandi buche che venivano mascherate con una copertura distecchi leggeri e di sabbia: delle vere e proprie trappole...
E fu una fortuna che nessuno si sia mai fatto male...
Con mio padre - ma questa è stata una cosa che facemmo soltanto due o tre volte - costruivamo sulla spiaggia il "vulcano".
Si faceva così: formavamo una grande montagna di sabbia, prediligendo all'inizio quella umida, ma non bagnata, perchè si compattava meglio per creare la camera di combustione e il camino.
Quando la montagna era sufficientemente alta - e in genere veniva di foma conica, come l'Etna - mio padre scavava un cunicolo orizzontale nella sua base, sino al centro. Quindi, partendo dalla sommità faceva un secondo cunicolo sino a congiungerlo con la cavità centrale: e così il vulcano era pronto. A questo punto, bisognava soltanto riempire il punto di congiunzione di materiale combustibile e dargli fuoco.
Di tutti questi aspetti "tecnici" si occupava mio padre...
Se il tiraggio era buono e se si aveva l'accortezza di aggiungere anche molta carta, dal cratere del vulcano cominciava a venire fuori un bel fumo bianco, con grande delizia di tutti i bagnanti presenti.
Era questo il motivo per cui il "vulcano" non si poteva fare ogi volta che avrei voluto: ma io, a mio padre, glielo ricordavo sempre perchè il divertimento era davvero troppo grande...
La nostalgia dei giochi di sabbia è rimasta dentro di me molto forte.
Sino a quando mio figlio ha avuto voglia di farlo costruivo con lui - per lui, perchè dopo un po' lui si stancava di lavorare a spostare e a compattare sabbia - grandi castelli che poi venivano ammirati da tutti gli altri bambini, che chiamavano il proprio padre per mostrarglieli e dire loro: "Papà, costruiscine uno così anche per me!".
Anche adesso che mio figlio è cresciuto e si vergognerebbe a indulgere in questi giochi, se mi ritrovo su di una spiaggia si manifesta quasi sempre irrefrenabile l'impulso a scavare e ad ammucchiare la sabbia che viene fuori dallo scavo e finisce con l'assumere forme diverse; in genere fortificazioni, castelli, città, dighe...
Potrei passarci ore a occuparmi così...
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