giovedì 21 ottobre 2010

Gorbaciof: vita e morte di un piccolo guappo


Gorbaciof (Stefano Incerti, 2010) ha avuto una lunga gestazione e giunge come settima fatica di Incerti alla regia.
Forse proprio per via della lunga gestazione, avvatasi agli esordi della carriera cinematografica del regista, secondo alcuni, risulta essere una prova "incerta" e zoppicante.
Vede la buona interpretazione di Toni Servillo che, impersonando una parte sgradevole, mostra pienamente la sua stoffa di grande attore, pur con delle riserve espresse da più parti.
Marino Pacileo, detto Gorbaciof per la voglia rossastra che porta sulla fronte, è un oscuro ragioniere che lavora nelle carceri di Poggioreale, occupandosi della registrazione e della custodia delle somme che i familiari dei detenuti versano per il sostentamento dei propri congiunti.
Il più delle volte si tratta di veccchie banconote stropicciate e gualcite di tutti i tagli da quello da cinque a quello da cento che formano mazzette umide e puzzolenti e che Gorbaciof, a fine del turno allo sportello, ripone in una cassaforte antiquata, non mancando di intascare di tanto in tanto qualche banconota per il suo uso personale.
Gorbaciof trascorre una vita solitaria e squallida, occupando una casa spoglia talmente anonima e priva di segni di vita vissuta da farla apparire piuttosto come albergo.
La casa è lo specchio dell’anima, si dice.
Ed appunto questa casa vuota, perennemente in penombra, illuminata da fioche lampadine è l’anima del nostro Gorbaciof che però possiede un altro volto che è quello di piccolo guappo e di frequentatore dei tavoli da poker nelle bische clandestine che vedono la partecipazione di malavitosi con la doppia vita. E a Gorbaciof, che pur vince di tanto in tanto, più frequentemente le sorti sono avverse: la sua intima guapperia - più di facciata che reale - non gli consentirebbe mai di tirarsi indietro di fronte al bluff e al bisogno di vedere le carte dell’avversario.
In questo trantran quotidiano di Gorbaciof, fatto di abitudini piccole e meschine, tutto comincia a precipitare a scapito dela sua illusione di poter tenere tutto sotto controllo.
Il punto di svolta è dato da una rustica attrazione che il nostro comincia a sperimentare nei confronti di Lila, una giovane e avvenente cinese, figlia del proprietario del ristorante nel cui retro è ubicata la bisca clandestina, al cui tavolo partecipa lo stesso cinese.
L'interessamento per la giovane donna comporta che Gorbaciof si attivi con sollecitudine per proteggerla e per sanare dei debiti di gioco del padre di lei, indebitandosi lui a sua volta e aprendo delle voragini non più colmabili nella sua "fonte" di liquido, dalla quale i prelievi si fanno sempre più corposi.
Il vento cambia: Gorbaciof comincia a perdere al gioco ingenti somme e accumula debiti insanabili. A nulle vale il tentativo di tentare la sorte con altre forme di gioco d'azzardo: il giro delle scommesse e delle corse dei cavalli, perfino il bingo.
In carcere, diventa ricattabile: alcuni dei secondini sanno che lui si intasca i soldi.
Gli vengono fatte proposte alternative "Più hai bisogno di soldi, più i soldi costano", gli dice un secondino che, nel tempo libero, gestisce losche attività.
Nel suo modo poco comunicativo Gorbaciof decide di cambiare vita e di andarsene via con la cinesina, ma ormai è troppo tardi: non arriverà più in quell'aeroporto.
Il regista si sofferma a descrivere la zona grigia di transizione da un modo di vivere in cui Gorbaciof ha la sensazione di controllare il modo in cui le cose girano, con modi rustici e da piccolo guappo, ad una situazione in cui è sempre più in balia degli eventi e non gli rimane più né la possibilità di aggredire con spavalderia, né quella di difendersi.
Il suo mondo gretto e di solitudine va rapidamente in rovina. Di tutti questi aspetti, vengono mesi in evidenza lo squallore di una vita che si muove tra la coazione della vita carceraria, l'ossessione dei soldi, il mondo dei biscazzieri e dei malavitosi dalla doppia vita, perché ostentano un lavoro "rispettabile".
Ci vuole pancia per vedere questo film, in cui gli unici sprazzi lievi sono il delicato rapporto che si va costruendo con la ragazza cinese e i momenti di spensieratezza che Gorbaciof riesce a vivere con lei (niente di che: andare a passeggiare, visitare un Outlet), sino all'apertura verso un sogno impossibile di cambiamento e la speranza.
Alcuni critici (come Marianna Cappi, in www.mymovies.it) hanno rilevato che Toni Servillo in questo film rimane troppo legato al personaggio di Gomorra e che non riesce a districarsi dallo stereotipo: in ogni caso, nell'abbigliamento, nelle pose, nei modi da piccolo guappo che ostenta sicurezza, ma che in definitiva ha ben poche armi per difendersi in un mondo di squali, Gorbaciof riesce a rappresentare, da solo, gli aspetti della "napolitanità" più deteriore.
In ogni caso tutto il film è interamente giocato su di lui: tutti gli altri hanno la funzione di comprimari.

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