domenica 17 gennaio 2010

La ragazza della porta accanto: il vero orrore è nella faccia oscura del quotidiano

The girl next door è anche un romanzo sulla perdita dell’innocenza dell’intero paese. Io volevo assolutamente che il microcosmo che mettevo in scena contenesse sia il lato allegro e le facce felici dell’America anni ’50, sia il lato oscuro che vi si annidava sotto e questo aspetto si è andato sviluppando piano piano, quasi spontaneamente (Jack Ketchum)

La ragazza della porta accanto (per i tipi della Gargoyle Books, 2009) è il secondo romanzo di Jack Ketchum, nom de plume di Dallas Mayr, ad essere pubblicato in traduzione italiana (ha visto la luce nell'estate 2009, il suo romanzo Red pubblicato da Mondolibri), ma il primo ad avere gli onori dell'hard cover: un fatto rimarchevole, visto che in patria, Ketchum non è mai riuscito a ottenere - a torto - un simile prestigio, rimanendo confinato - malgrado la sua fiorente, e varia, produzione narrativa - all'editoria pulp (una tipologia di libri che, negli Stati Uniti, come è noto, sono i più economici tra i tascabili).
La sua pubblicazione in hard cover riflette, peraltro, l'alta considerazione che gli tributa Stephen King, collocandolo tra i maggiori scrittori mainstream e non semplicemente di genere.
La ragazza della porta accanto è davvero libro straordinario! Ha dunque ragione Stephen King che, dall'alto della sua fama, non esista ad inchinarsi davanti alla prosa di Jack Ketchum, considerandolo uno dei maggiori scrittori americani contemporanei e accostandolo addirittura a Cormac McCarthy, il quale - non fosse stato per l'inatteso boom editoriale di Cavalli selvaggi - sarebbe probabilmente rimasto confinato al ruolo di scrittore serie B, pressocchè misconosciuto alla massa dei lettori consumistici.
Per King, Ketchum - scrittore poliedrico e versatile, dalla prosa asciuta, incisiva, evocatica, - è un fenomeno cult, con importanti punti di contatto con un altro writer di noir - in questo caso - Jim Thompson che, in vita, ebbe ben poco successo e che viene riscoperto solo in questi ultimi anni.
The girl next door è ben scritto, ben tradotto, con un ottimo apparato critico, comprese le note che al lettore europeo consentono di contestualizzare immediatamente alcuni riferimenti, specifici della cultura USA anni '50 che risulterebbero altrimenti ostici e, dulcis in fundo, anche l'approfondita postfazione (o "nota finale") di Stephen King.
Libro straordinario non significa romanzo facile da leggere: apparentemente piano e scorrevole, a tratti idilliaco nella rappresentazione della vita di un gruppo di adolescenti - divisi come sono tra battute di pesca al fiume vicino, partite di Baseball, le prime trasgressioni come la sigaretta e la birra consumate di nascoste, la frequentazione della fiera paesana - man mano che si prosegue ti colpisce ripetutamente come un maglio nello stomaco e, ogni volta, un po' di più, con un abile equilibrio tra ciò che viene detto e raccontato da David, il ragazzino che fa da testimone-narratore parzialmente coinvolto e paralizzato da una sorta d'indifferenza emozionale (ma solo fino ad un certo punto) e ciò che, invece, viene omesso o taciuto.
Come in Dante che fa dire al Conte Ugolino a conclusione del suo atroce racconto: "E poscia più che il dolor, potè il digiuno". E non c'è bisogno che Ugolino aggiunga altro per far comprendere come si conclude la sua storia. L'atrocità maggiore viene narrata (rappresentata) attraverso un ellisse, con un vuoto di parola.
Il tema proposto da Ketchum, quello dell'abuso e della violenza perpetrata su di una minore, impossibilitata a difendersi e tenuta quasi in ostaggio facendo leva su di un odioso ricatto affettivo, è molto attuale alla luce di tanti fatti di cronaca che si sentono oggi come anche quello - altrettanto importante - dell'abuso/violenza sia fisica, ma soprattutto morale, ai danni dell'infanzia e degli adolescenti, con in più l'aspetto inquietante dell'"addestramento" alla violenza da parte di un adulto/leader.
E' una sorta di enunciazione in corpore vili delle teorie di Zimbardo, elaborate a partire dagli studi di Milgram, sul fatto che chiunque, messo in una situazione favorente e sottoposto alle istruzioni provenienti da una persona al quale si attribuiscono autorevolezza e potere, può compiere anche le azioni più efferate ai danni di un altro (Stanley Milgram, Obbedienza all'autorità, Einaudi, 2003; Philip Zimbardo, L'effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Raffaello Cortina Editore, 2008). Tali teorie sono state ampiamente semplificate nel breve romanzo della belga Amélie Nothomb, Acido solforico e nel film - in stile docufiction - L'onda, a questo romanzo ispirato.
E' una riflessione cogente su quanto la spersonalizzazione dell'altro e il ridurlo ad un mero oggetto possa avere effetti altrettanto devastanti nel liberare quote sempre più alte di aggressività e violenza: è noto che la spersonalizzazione dell'Altro da sé, la sua reificazione, sono alcuni dei meccanismi alla base della psicologia del serial killer e furono ampiamente utilizzati nei campi di concentramento nazisti e, purtroppo, in alcune esperienze concentrazionarie di moderni scenari di guerra, sino ad arrivare allo scempio di Abu Graib, in Iraq.
E, infine, è anche un magistrale studio applicato sulle moderne teorie della psicologia dell'indifferenza, (si veda al riguardo lo studio di Adriano Zamperini, L'indifferenza. Conformismo del sentire e dissenso emozionale, Einaudi, 2007), a proposito di come possa accadere che un'intera comunità, pur sapendo che qualcosa di terribile sta accadendo possa tacere e far finta di niente.
E' infine un romanzo sulla perdita dell'innocenza e sulle ferite indelebili che l'esposizione a certi stimoli può lasciare aperte in una mente giovane ancora in formazione, sino a segnare pesantemente buona parte dell'evoluzione futura della sua vita.
E, in entrambi i casi, vale il principio (sancito anche dei codici penali) che osservare lo svolgersi di un fatto criminoso (o comunque contrario ai propri principi morali) o sapere che tale fatto sta accadendo e non far nulla (per quanto sia nelle proprie possibilità) per impedirlo, equivale ad aver commesso quel fatto. Non c'è alcuna diluizione della responsabilità, fatti salvi - ovviamenti - dei plausibili ed inoppugnabili impedimenti). Da qui scaturisce la complessità della figura di David, insieme narratore e testimone, coinvolto in uno slittamento progressivo nella perdita di saldi ancoraggi morali e nell'azione criminosa e poi capace di distanziarsene per compiere un ultimo atto di giustizia, che tuttavia non ripara al male fatto.
Il racconto di Ketchum che è ispirato - come apprendiamo da una postfazione da lui stesso scritta - ad un reale fatto di cronaca accaduto nei tardi anni '60, ma antedatato - rispetto a quel fatto - di circa dieci anni, con l'ambientazione in una quieta cittadina satellite della metropoli, di tipologia quasi rurale, rimanda - almeno all'inizio - per le sue atmosfere provinciali, dominate da consuetudini e ritualità inamovibili a Stand by me di S. King, con una svolta dura e da incubo che prende piede in modo insidioso, mentre il tema dell'iniziazione adolescenziale in King rimane sempre alquanto diffuso e favolistico, pur contemplando l'impatto con la morte e il dolore e, in genere, con il perturbante.
Lo slittamento temporale all'indietro rispetto a quel fatto di cronaca Ketchum lo motiva con la necessità di far sviluppare la sua storia in un ambiente che
gli fosse più congeniale sia geograficamente, sia per riferimenti sociali e culturali.
Quando ero bambino la strada di casa mia era un vicolo cieco in cui ogni abitazione era piena di ragazzini nati a ridosso della guerra. Mi sono immaginato quella donna [quella del fatto di cronaca nera realmente accaduto] fare quelle cose proprio qui, E poi, se sei uno cresciuto negli anni Cinquanta, conosci il lato oscuro di quell'epoca. Tutte quelle piccole, soffici e impenetrabili bolle di segretezza e repressione pronte a scoppiare come pustole. Regnava il perfetto tipo di isolamento, riempito da quella nutrita schiera di personaggi mutanti che imperversavano alla televisione... (Jack Ketchum, A proposito de La ragazza della porta accanto, pp. 271-272).
L'orrore, quello vero, ci dice Ketchum si nasconde nel pieghe del quotidiano, dietro veli di apparente normalità o dell'iper-normalità del periodo maccarthista.
Ma c'è, indubbiamente, anche il rimando a Il signore delle mosche di Golding che pone il tema della degenerazione dell'istanza normativa nel momento in cui viene meno la funzione regolatrice dell'adulto o quando - ancora peggio - è l'adulto stesso a sobillare e a plagiare, abbattendo il limite della naturale eticità dell'infanzia.

La sintesi del romanzo, proposta nel primo risguardo della sovraccoperta.

America rurale, anni Cinquanta.
David ha 12 anni e incarna il prototipo dell'adolescente medio.
Frequenta gli altri ragazzi del vicinato e comincia a sviluppare un certo interesse per il sesso femminile. Quando le sorelle Meg e Susan Loughlin si trasferiscono a vivere nella casa accanto, David è felice dell'opportunità di ampliare il proprio giro di amicizie, anche se Meg, che incontra per prima, è un paio d'anni più grande. I genitori delle due ragazze sono rimasti uccisi in un incidente d'auto, e le sorelle Loughlin sono state affidate alla vicina di David, Ruth.
Ma Ruth, in apparenza ottima madre di famiglia, nasconde una vena di sadismo e alienazione, che sfoga dapprima sottoponendo le ragazze a percosse sempre più violente e dolorose, poi dando vita a una serie di torture fisiche e psicologiche di cui David e gli altri ragazzi del vicinato divengono testimoni e, in qualche modo, complici inconsapevoli. La polizia non prende sul serio le denunce di Meg: l'unica speranza per lei e la sorella è nell'aiuto dell'amico David. Riuscirà a salvare le sorelle prima che sia troppo tardi?

Del romanzo è stata fatta una trasposizione cinematografica, mai giunta sul grande schermo delle sale italiane, una trasposizione cinematogriche che, nelle grandi linee è stata approvata da Ketchum che l'ha ritenuta aderente al suo testo e alle sue scelte narrative "tecniche" per poter raccontare di fatti talmente duri ed indicibili, cioà introducendo il punto di vista di un osservatore parzialmente coinvolto, ma con dei margini di innocenza che gli consentono un riscatto finale, per quanto tardivo.

Il film di Gregory Wilson, del 2007, venne intitolato "Jack Ketchum The girl next door" perchè non si confondesse con The girl nex door, una commedia brillante molto nota e popolare di alcuni anni prima.
Clicca qui per visionare il trailer del film.
Breve nota bio-bibliografica su Jack Ketchum

Jack Ketchum è lo pseudonimo usato dallo scrittore americano Dallas Mayr, autore controverso, esaltato e celebrato da autentiche icone del calibro di Steèhen King, attaccato spesso dalla critica ufficiale per la crudezza delle sue ambientazioni e il sadismo dei suoi personaggi. Mayr trae infatti ispirazione per le sue opere dalla violenza offerta dalla realtà che ritiene essere fonte di orrore principe, ancor più dell'immaginazione. Vincitore di numerosi Bram Stoker Awards, Mayr ha scritto anche libri che hanno avuto importanti adattamenti cinematografici: oltre a La ragazza della porta accanto, Red e The lost
A proposito del nom de plume di Dallas Mayr, scrive Stephen King con il suo consueto gusto per il macabro:
Non mi è sembrato che "Jack Ketchum" sia uno di quei nomi d'arte buttati lì a caso, mi è sempre sembrato piuttosto un nom de guerre... e di quelli che calzano a pennello. Del resto Jack Ketch in Inghilterra sin da quando ci sono state le impiccagioni, è stato per generazioni il soprannome del boia; e, nei romanzi del suo omonimo americano, non sopravvive mai nessuno: la botola si apre sempre, il cappio si stringe inesorabilmente, e perfino a qualche innocente può capitare di morire impiccato." (dalla Nota finale di Stephen King, p. 277.
E, tra l'altro, John Price, comunemente chiamato Jack Ketch, fu un boia realmente esistito ai tempi di re Carlo II d'Inghilterra (XV secolo) e fu noto per l'efferato sadismo con il quale portava a termine le esecuzioni che gli erano assegnate.

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