domenica 17 agosto 2008

I film visti dal retro dello schermo: un ricordo tramandato

La magia del cinema!
La meravigliosa invenzione dei fratelli Meliés, a partire dallo sviluppo della "lanterna magica", ha avuto un'incredibile sviluppo.
Difficilmente potremmo pensare alla nostra vita senza il cinematografo
E anche se oggi ci sono molteplici possibilità di vedere un film (in televisione, in DVD, attraverso il PC direttamente dalla rete, sullo schermo minuscolo di un I-Pod) rimane sempre unico ed irripetibile quello straordinario insieme di sensazioni derivanti dal vedere un film nel buio di una sala cinematografica, in una condizione di isolamento e distacco rispetto alla realtà "ordinaria".
Vedere un film al cinematografo è come entrare in uno stato onirico.
E, per quanto sofisticata possa essere, la visione casalinga dei film ( o in tutti gli altri modi che ci consente oggi la tecnologia) rimarrà sempre un pallido surrogato della sala cinematografica.
C'era un tempo in cui i primi film li si potevano vedere soltanto in luoghi spcificatamente preposti: ancora non sale cinematografiche come le intendiamo noi, ma sale da teatro o da cabaret adattate alla bisogna con un grande telo bianco che fungeva da schermo.
E' in posti così che i nostri nonni (e forse qualcuno dei nostri padri) hanno visto i primi film, a partire dai cortometraggi - quasi sperimentali e girati a mano - dei fratelli Meliés.


Sino ad un certo punto la cinematografia è stata appannaggio del'Occidente, dove ha visto un grandioso sviluppo (sia tecnologico, sia nella varietà dei temi trattati); poi s'è verificato uno straordinario punto di svolta. Oggi, l'India è il paese del mondo che produce la maggior parte dei film dell'intera produzione mondiale. E' stato creata - a far da contraltare alla regina degli Studios cinematografici che è Hollywood, la denominazione "Bollywood" per indicare il centro pulsante del cinema made in India, ma anche il genere e lo stile cinematografici prediletti dagli Indiani.
In India, andare al cinema a vedere i film - a volte lunghissimi, vere e proprie saghe in più puntate - è diventato un vero e proprio sport popolare, diffuso trasversalmente tra tutte le caste.

Viaggiando in auto qualche tempo fa, ascoltavo una trasmisione radiofonica in cui si parlava proprio di questo fenomeno. Ad un certo punto, il conduttore della discussione e l'ospite di turno hanno tirato in ballo il discorso degli intoccabili per chiedersi: "Ma anche gli 'intoccabili', i paria, vanno al cinema? E se ci vanno, come si realizza questa loro partecipazione, visto che, essendo appunto 'intoccabili', non possono darsi condizioni di promiscuità con i rappresentanti di altre caste?" UNo dei due ha detto allora: "A loro è concesso di entrare dal retro del cinematografo e, quindi poter veder il film per così dire, dietro le quinte in una condizione di apartheid, guardando la parte posteriore dello schermo e, quindi, hseguendo il film "capovolto" orizzontalmente (il lato destro al posto del sinistro) e con un sonoro - ovviamente - attenuato".
Non so se questa sia una vera notizia oppure una semplice illazione scaturita nel clima "leggero" del programma.
Ho fatto delle ricerche al riguardo, ma non ho trovato alcun riscontro.
In ogni caso, come tutte le cose "comunicate", possiede un potere associativo intrinseco e fa venire in mente ricordi e flussi ideativi che s'innestano come "curiosità" nel percorso di crescita della cinematografia in occidente.


Se è vero che, oggi, i paria dell'India moderna vanno al cinema, ma vengono fatti accomodare in corrispondenza del vano che c'è dietro lo schermo, allora si può affermare che, in fondo, niente cambia al mondo, da un paese all'altro, da un tempo all'altro.
Ed è sorprendente constatare come si verifichino certe affinità.
Mi sovviene una storia che mi raccontava una mia zia quando ero piccolo.
La zia Mariannù, sorella di mio padre, era un autentico pozzo di San Patrizio di storie e aneddoti riguardanti la sua famiglia.
Io piccolo li ascoltavo sempre incanto e ne sollecitavo sempre di nuovi, oltre a volere raccontati reiteratamente quelli già ascoltati una volta.
Mio padre era il primogenito di quattro figli (sarebbero stati cinque, ma il maggiore di tutti, come spesso accadeva in quei tempi, morì piccino pe una di quelle infezioni che, in era pre-antibiotica, avevano esito infausto).
Le condizioni economiche della famiglia del nonno non erano eccellenti, benchè decorose: lui faceva parte di una famiglia decaduta a causa del vizio per il gioco del proprio padre che, in un colpo, aveva perso tutte le fortune di famiglia e lui, il nonno Totò, a causa di ciò, dopo esser cresciuto come un giovin signore (aveva perfino il suo calessino personale che, ai tempi, era l'equivalente di una spider), aveva dovuto cominciare a lavorare per tirare sbarcare il lunario e sostentare la sua famiglia in rapida espansione, trovando impiego in quell'altra grande famiglia delle Ferrovie dello Stato.
I soldi per tirare avanti erano pochi e bisognava dare la priorità alle spese essenziali per la sopravvivenza (il cibo che, secondo le concezioni del tempo, non doveva mai mancare, il vestiario - questo con molta parsimonia e privilegiando il riciclo - e le spese per l'istruzione).

Lo "svago" erano le passeggiate e qualche gita in campagna, ma nulla di più.
Ogni tanto, però, un conoscente di famiglia, dava loro la possibilità di entrare in uno dei primi cinema di Palermo (siamo negli anni tra le due guerre). La sua buona disponibbilità, tuttavia, non poteva giungere a procurare dei biglietti-omaggio regolari (che forse, allora, in quanto tali, nemmeno esistevano): a tutti gli effetti, invece, faceva entrare tutta la famiglia (papà e mamma, i quattro marmocchi) dalla porta sul retro, facendoli accomodare alle spalle del telone bianco dello schermo su alcune seggiole appositamente predisposte.
Qui, loro - con il senso di meraviglia che solo allora si poteva sperimentare davanti alle immagini in movimento - se ne tavano estasiati a guardare il loro film, in fondo ospiti privilegiati perchè il più delle volte erano soli.
Mia zia ricorda di tanti film visti in questa maniera ed aveva anche vivida la sensazione di dovere ad una sorta di privilegio il fatto di essere là - ogni volta protagonisti di un'occasione speciale, per la quale era di prammatica vestirsi bene come si fa in tutte le uscite importanti.
Il fatto che il film si vedesse come allo specchio, in fondo, aveva un'importanza molto relativa, come anche il fatto di sentire come colonna sonora le risate ed i commenti del pubbblico che si trovava dall'altra parte dello schermo, mentre loro - proprio a causa della loro condizione di "clandestini" - dovevano rimanersene rigorosamente in silenzio.
E malgrado tutto, loro si sentivano dei privilegiati, mica degli esclusi.


Del resto, andare al cinema era costoso e non tutti potevano permetterselo.
Come ci mostra Tornatore nel suo "Nuovo cinema paradiso" ancora negli anni Cinquanta, nei piccoli paesi, andare al cinema ed i sala occupare una posizione di privilegio era un segno di distinzione di classe.
C'era chi poteva e chi non poteva.
E chi poteva non solo traeva piacere dallo spettacolo, ma godeva anche del suo privilegio, a fronte dei tanti che avrebbero desiderato entrare ma che rimanevano di fatto esclusi.

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