sabato 14 giugno 2008

"E venne il giorno" ovvero una metafisica dell'apocalisse

I film di M. Night Shyamalan colpiscono sempre forte e duro, lasciando una traccia intensa. E non sono mai dei film agevoli da vedere: creano inquietudine, perchè ciascuno di essi - in modo diverso - porta lo spettatore ad attendere, in un crescendo di ansia e trepidazione, la rivelazione finale che non sarà mai consolatoria (basti pensare a "Il sesto senso") e che, il più delle volte, arriva come una doccia fredda (forse, in questo senso, fa eccezione, "Lady in the water" (che sviluppa una riflessione sulla metafisica delle narrazioni). In ogni caso, Shyamalan è un grande affabulatore per il quale ciò che conta è la trama narrativa non il genere né il forte vincolo di stilemi obbligati.Forse per questo motivo, i suoi film sono di difficile catalogazione: nel caso di "E venne il giorno", alcuni lo hanno rubricato come "Fantascienza", altri come thriller, senza che si possa dire che appartenga all'uno o all'altro genere.
Il film che, significativamente, nell'edizione originale è intitolato "The happening" ("L'evento", "L'accadimento"), in quella spagnola "La fine de los tiempos" ("La fine dei tempi"), in quella francese "Phenomènes" (“Fenomeni”), parla di un'apocalisse prossima ventura: qualcosa che semplicemente "accadrà", ma che - si badi bene - non coinciderà con la fine della nostra "casa" terrena - del mondo cioè (della Terra, di Gaia che con tanta ingratitudine abitiamo e di cui vantiamo - abusivamente - il possesso). Sarà piuttosto un'apocalisse che porterà alla scomparsa dell'Uomo (dell'Umanità), degli uomini ormai divenuti indesiderati ospiti e non possono più essere tollerati. Nulla di più calzante in un momento in cui ci avviciniamo ad una data "millenaristica" che è il 21 dicembre del 2012 e sul quale tanto si sta dibattendo proprio in questi giorni.
La locandina diffusa nei circuiti italiani, il cui tema è quello di una lunga strada (che si distende a perdita d’occhio verso l’orizzonte) disseminata di automobili abbandonate ed illuminata da un crepuscolo livido, sembra alludere proprio ad un'improvvisa catastrofe.
Ma lo spettatore che si rechi a vedere il film, dopo aver attraversato una simile "soglia" alla sua tessitura narrativa, si ritroverà ad impattare su d'una rappresentazione ben più perturbante di un semplice "after-day" nucleare (che abbiamo visto in diversi film) o di una catastrofe climatica (come nel recente "The day after tomorrow").
Si tratta, invece, di un'aggressione "di ritorno" all'uomo da parte della natura offesa, dalla Terra, intesa come unitario organismo vivente e capace di produrre reazioni difensive e di adattarsi, oppure - se vogliamo introdurre un punto di vista ben più metafisico - dell'azione d'un essere superiore, un creatore che, riflettendo che ciò che ha creato è bello e deve essere mantenuto integro, elimina definitivamente quegli esseri senzienti che agiscono fuori controllo, attentando in modo reiterato alla buona salute del pianeta, con il loro esserci, con il carico di odio e di aggressività con cui avvelenano l'aria, con il loro stare raccolti in masse informi che producono cattive vibrazioni.
La vicenda, rivelando così anche una vocazione ambientalista, prende spunto da una frase di Einstein (più volte citata in vari contesti e particolarmente pertinente oggi in cui sono sempre più diffuse le segnalazioni della scomparsa su larga scala delle api): "Se le api dovessero scomparire dalla faccia della Terra, all'Uomo rimarrebbero soltanto quattro anni di vita". L'assunto sviluppato dal regista nel corso del film è che certi eventi semplicemente accadono (sono degli eventi "assoluti") e che, per essi, non sarà mai possibile trovare una spiegazione scientifica ragionevole (anche se la si vorrebbe trovare anche al costo di falsificare le evidenze, perchè le ipotesi scientifiche con le loro ristrette certezze sono consolatorie rispetto alla solitudine e alla paura dell'uomo contemporaneo di fronte all'ignoto).
Risulta evidente che il messaggio lanciato dal regista è che, nella catastrofe, si può pur sempre ricostituire l'unità elementare dei rapporti familiari, una coppia cementata da un reciproco, forte, sentimento assieme ad un terzo (una ragazzina) e che, a partire da questo, è pur possibile ricominciare.
Ma anche questo non è sufficiente, se avviene troppo tardi, quando il degrado latente e le derive sono andate troppo avanti.
La visione finale del regista non è affatto consolatoria: in fondo, sembra volerci dire che siamo come miserabili pulci posate sul vello di Gaia (la Terra che secondo alcune ipotesi sarebbe un complesso organismo vivente) e che, in qualsiasi momento, potremmo essere spazzati via come indesiderati ospiti.

Il regista (da www.my.movies.it) - M. Night Shyamalan è un regista e sceneggiatore indiano. Cresciuto in Pennsylvania, debutta alla regia nel 1992 con Praying with Anger ("Pregando con rabbia"), il cui successo di critica non è bissato da Wide Awake ("Ben sveglio", 1998), film che annuncia la tensione del giovane regista verso una lucida rappresentazione del perturbante contatto fra normale e paranormale, fra vita terrena e aldilà.
The Sixth Sense - Il sesto senso (1999), clamoroso successo in tutto il mondo, affascina per il rigore narrativo con cui racconta la storia di un bambino che vede i morti e del suo psicologo, ma anche per una non trascurabile carica di riflessione narratologica.
Unbreakable - Il predestinato (2000) prende spunto dal mondo dei fumetti per rinnovare l’incursione nell’ambito del trascendentale, raccontando di un supereroe in carne e ossa e del doloroso convivere con la sua condizione.
Signs (2002), originale esempio di science fiction sui sintomi allarmanti di una presenza aliena, conferma le sue robuste doti di narratore e ne fa una delle personalità più promettenti del cinema hollywoodiano degli inizi del XXI secolo.
The Village (2004) è quasi una sintesi perfetta della sua idea di cinema: narrando di una piccola comunità contadina che vive isolata in un villaggio circondato dalla foresta e che impedisce a tutti i suoi membri di allontanarsi con la minaccia di creature innominabili che infesterebbero il bosco (e che poi si rivelano invece solo un’invenzione degli anziani per tutelare la sicurezza della comunità e per mantenere l’ordine sociale).
Shyamalan fa della paura il collante sociale delle sue storie, sempre costruite in vista di una rivelazione finale che obbliga lo spettatore a riconsiderare tutto quello che ha visto in una nuova e inedita luce.

La scheda del film
Un film di M. Night Shyamalan, con Mark
Wahlberg, Zooey Deschanel, John Leguizamo, Betty Buckley, Frank Collison, Ashlyn
Sanchez, Spencer Breslin, Robert Bailey Jr.
Genere Fantascienza (o, secondo
altri, thriller), colore 91 minuti.
Produzione USA, India 2008.
Distribuzione 20th Century Fox

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