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giovedì 22 aprile 2010

Basilicata coast to coast: un film on the road, un viaggio di formazione

"Basilicata coast to coast è un film aperto e appagato, un progetto a mano libera di una piena fantasia, in cui l'estremo senso e l'estremo nonsenso si toccano e si armonizzano" (dalla recensione di Marzia Gandolfi in www.mymovies.it)

"Abbiamo tempo da perdere o, meglio, da regalarci"
(uno dei quattro, per spiegarsi)


Una scalcagnata e simpatica compagnia di quattro musici
dilettanti della Lucania (Nicola Palmieri, Franco Cardillo, Salvatore Chiarelli e Rocco Santamaria), che si sono battezzati con il nome d'arte del tutto improbabile (ma evocativo della loro realtà) de "Le pale eoliche", essendo stati ammessi allo sconosciuto concorso musicale che ha luogo a Scanzano Jonico ("Scanzonissima"), decidono di partire a piedi da Maratea e attraversando appunto la Basilicata coast to coast, dal mar Tirreno allo Jonio.
Si danno il tempo limite di 10 giorni per compiere il tragitto: il giorno d'arrivo dovrebbe coincidere con quello della manifestazione musicale cui sono stati ammessi.
L'idea (più che altro un sogno ad occhi aperti, una bella fantasia) sarebbe quella di dare risalto mediatico alla loro presenza scenica e di calcare il palco al momento della loro performance, dopo essere stati seguiti in TV da tanti fan, appassionati dal fatto che durante il viaggio avevano composto e provato le stesse canzoni che avrebbero poi eseguito in concerto.
La conferenza stampa di presentazione dell'impresa è un piccolo fallimento, poichè ricevono attenzione da un oscuro perodico cattolico che può offrire soltanto una copertura attraverso il web.
L'incarico di seguirli con giornalieri reportàge audiovisivi, viene assegnato alla giornalista Tropea Limongi (Giovanna Mezzogiorno), figlia di un noto politico lucano e scontenta della sua vita professionale, realizzata atttraverso le spintarelle e le raccomandazioni di papà.
I quattro si mettono in viaggio, rigorosamente a piedi e con l'ausilio di un carro trainato da un mansueto cavallo, per il trasporto di tutte le masserizie necessarie, compresi due generatori portatili di corrente elettrica ad energia solare, di PC e, ovviamente, di tutta l'attrezzatura musicale.
L'idea è quella di un viaggio puro, senza soste nei ristoranti e nelle trattorie, senza alberghi e case, ma solo attendamenti e cibo cotto all'aperto, passando per strade poco note, anche non asfaltate.
E' un impresa che, pur essendo scanzonata e con toni da commedia, assume dei risvolti mitici e da saga epica.
Ognuno dei quattro della compagnia, cui si aggiungerà dopo molto scetticismo, anche la Tropea Limongi, che viene presa dal fascino dell'idea, mentre Rocco Santamaria che in questa storia non riesce a venire a patti con il suo irriducibile narcisismo abbandona, ha una sua storia diversa, nella quale convergono delusioni più o meno cocenti, ferite, rinunce e in cui stanno sopiti, pronti a sbocciare, slanci e guizzi di entusiasmo.
Ognuno di loro ha dei motivi per voler compiere l'impresa, ad eccezione forse dell'apparentemente vanesio Rocco Santamaria (Alessandro Gassman) che partecipa per prestare agli amici la celebrità del suo volto (è arrivato a Roma, lui, comparendo in una sitcom che gli ha dato un'effimera notorietà), anche se, poi, in definitiva, è quello più fragile di tutti (è stato buttato a mare dal suo agente e da due anni non riceve più nessuna proposta di ingaggio) e non ha niente da perdere.
Per tutti, l'avventura è un vero e proprio viaggio di formazione: uno di quei viaggi che si affrontano come un "progetto" e che rappresentano, comunque, un punto di svolta nella propria esistenza: si parte in un modo e, quando si giungerà nel punto di arrivo, un cambiamento sarà avvenuto. Un cambiamento non cercato volutamente, ma inevitabile per scoprire alla fine dell'avventura: piccole verità disvelate, lutti e traumi superati, opportunità nuove che si schiudono dinanzi.
Questo è lo scopo vero ed ultimo del viaggio: non importa, poi, se il pretesto che lo aveva motivato troverà un'adeguata risposta.
Intanto, assieme ai chilometri del percorso, i quattro comprendono qualcosa di se stessi e del legame amicale che li lega.
Il viaggio serve a dare un senso alle loro vite e, per così dire, a ritrovare una via da seguire che dia loro un guizzo rispetto alla mancanza prospettive dell'esistenza quotidiana in una picola cittadina della Basilicata: è l'idea stessa del pellegrinaggio, in fondo, anche se il movente primo che inzialmente li ispira sembra essere essenzialmente pratico.
Per un cattivo calcolo dei tempi le Pale eoliche arriveranno in ritardo per esibirsi sul palco della "Scanzonissima": una piazza e un palco vuoti li accolgono, ma non importa.
Il loro viaggio è compiuto e il loro concerto lo faranno comunque: suoneranno su quel palco che poi sarà il loro ultimo accampamento.
Giunti alla fine di quel viaggio, i quattro scoprono che "the road has no ending": verità sintetizzata da Nicola Palmieri (Rocco Papaleo) in piedi con la moglie accanto all'auto, pronti a partire per un loro viaggio e di Tropea e Franco Cardillo (Max Gazzé) che si incamminano attraverso una piazza deserta, inseguendo una propria storia.
Il film è un grosso omaggio alla Basilicata: i luoghi attraversati dalla carovana sono di una grande bellezza, quella bellezza che viene dalle grandi solitudini, dai cieli aperti e delle notti all'addiaccio, con il confronto della parola (non sempre espressiva di un'oleografica amicia), ma portatrice di sentimenti turbolenti e contradditori) e della musica, colta nel suo farsi "in statu nascendi", proprio attraverso lo stimolo del movimento e dello scardinamento dalle catene della quotidiana prigionia.
Il progetto che i quattro amici mettono in opera è per se stessi, ma anche per la propria terra: i mettendosi on the road e viaggiandoci attraverso, rendono veramente "propria" la Terra in cui vivono, se ne "impossessano" e la fanno vivere con il respiro delle cose che tornano ad essere prese in considerazione.
C'è anche in quiesto diuturno andare, caratterizzato dai tempi lenti del contadino che si sposta a piedi per andare a lavorare nei campi, l'omaggio a tanti piccoli paesi della Lucania che, semivuoti di abitanti, mostrano impudichi le ferite ancora aperte dal terremoto di tanti anni anni fa e mai più sanate (un terremoto che quindi è consegnato ad un perpetuo ieri), castelli e fortificazioni su alte rupi, torrenti e fiumare, tanti piccoli centri dimenticati da dio e dagli uomini, come ad esempio Guardia Perticara.
Non a caso, nel progetto di viaggio è inclusa la sosta ad Aliano, per un brindisi simbolico a Carlo Levi (Cristo si è fermato ad Eboli) e a Gian Maria Volontè che lo ha interpretato) in un brindisi che prevede anche uno spargimento rituale di un ottimo Aglianico sula terra, perchè il brindisi è anche alla loro terra.
Decisamente è un film da vedere.
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