mercoledì 17 marzo 2010

In Alice in wonderland di Tim Burton Alice diventa un'eroina normalizzatrice...


Diciamo pure che Alice nel paese delle meraviglie, oltre ad essere stato un classico dell'infanzia (che pure si offre a sofisticate letture) ha molto interessato i cineasti che si sono cimentati più volte in riduzioni cinematografcihe sia con attori reali sia in animazione.
Questo "Alice in wonderland" di Tim Burton si pone un po' come un sequel delle due storie fantastiche elaborate da Lewis Carroll (e farebbe quasi pensare alla rivistazione di un altro grande classico dell'infanzia operata da Spielberg con Hook).
Alice è ormai una fanciulla di 17 anni, orfana di un padre che, oltre ad essere un intraprendente commerciante, era per la figlia ancora bimbetta un grande narratore di storie.
Alle soglie di una grande festa in una country home di lontani parenti nobili e ricchi, dove, a sorpresa (ma è un segreto di Pulcinella per tutti, fuorchè per la diretta interessata), la mano di Alice verrà chiesta da un giovane lord alquanto bruttino.
Ma, a questo punto si apre la "distrazione" verso il mondo fantastico (per Alice, sempre estremamente vivido in forma di sogni e, a volte, di incubi, come traccia dei racconti del padre) che, in questa vicenda, diventa il "sottomondo": Bianconiglio la attira verso un buco nascosto tra le radici di un vecchio albero nodoso e spezzato da un fulmine e Alice precipità giù, in una caduta fantasmagorico dove si esercitano al meglio gli effetti in 3D.
Attraverso una serie di peripezie e l'incontro con uno stuolo di personaggi fantastici che, pur essendo elaborati sulla falsariga di quelli del classico di Carroll, sono - come nei migliori sogni ed incubi - il frutto della combinazione delle fantasie inconcsce di Alice con il cosidetto "residuo diurno" di fatti accaduti nella realtà e personaggi effettivamente incontrati.
Una sfilata di personaggi, elaborati con profusione di effetti speciali: qui la vicenda di Alice "classica" si perde e diventa la personale rielaborazione di Tim Burton.
Abbandonato il tentativo di riprodurre i paradossi semantici, i calembour linguistici, le comunicazioni a doppio legame che tanto hanno interessato gli psicologi relazionali, (e che da essi sono stati citati ad esempio di come una comunicazione asu più livelli contradditori possa ingenerare follia), Tim Burton trasforma l'avventura sotterranea di Alice in una lotta tra il Male (impersonato dalla Regina di Cuori - the Red Queen - cui dà il volto la moglie di Tim Burton) e il Bene (la Regina bianca).
Secondo la profezia scritta su di una pergamena animata gelosamente conservata dai custodi del Bene, nel Sottomondo, infatti, soltanto Alice, brandendo una magica spada potrà sconfiggere la Regina di Cuori ed il suo più temibile guardiano, un drago possente e altrimenti invicibile.
Alice avrà la meglio nella lotta, assumendo le vesti di paladino del popolo dei bianchi e di tutte le creature che ne fanno parte (il Cappellaio matto, il Brucaliffo, la Lepre marzolina, lo stesso Bianconiglio, per non parlare di Panco Pinco e Pinco Panco).
Ma l'intrinseca "cattiveria" del Paese delle meraviglie, la sua stupefacente capacità di provocare follia e paralisi del pensiero decisionale con i suoi paradossi, in qualche modo si perde per strada e Alice, di questo mondo diventa, una specie di "normalizzatrice".
In un certo senso, Alice, per diventare adulta e potere prendere le sue decisioni autonome, nella vita reale, deve sconfiggere quel tanto di follia e caos che è dentro di lei e che è stato instillato dai racconti fantastici del padre, quando era bambina.
In compenso, il film è dominato da una fantasiosa grafica, a tratti lussureggiante e quasi psichedelica.
Il film è decisamente godibile, anche se gli effetti in 3D sono limitati al minimo quasi inesistenti e anche se nei suoi sviluppi si presenta come un'altra storia rispetto a quella originaria, una re-interpretazione che, tuttavia, non presenta quegli aspetti insieme malinconici e macabri, tipici della rappresentazione del mondo interiore di Tim Burton, come ne La sposa cadavere, in Edward mani di forbice o in Sweeney Todd, dove l'aspetto macabro-horror è sviluppato all'ennesima potenza e assume quasi toni disturbanti.

Per vedere il trailer, clicca qui.

Questo è invece il commento che avevo scritto, ancora caldo, poco dopo aver finito di vedere il film la prima volta:
Una psichedelica, lussureggiante, interpretazione del classico Alice in wonderland di Lewis Carroll da parte di Tim Burton. Dietro gli elementi fiabeschi, come è nella poetica di Burton si intravede lo spettrale e il macabro che tuttavia sono perfettamente fusi con la parte godibile della storia.
Che, in metafora, restituisce l'idea del viaggio visionario dentro se stessi alla ricerca di verità possibili e di scelte esistenziali congrue. Nei momenti difficili e cruciali della nostra vita una discesa tormentosa, ma ciò nondimeno stimolante, negli inferi della follia (morte e rinascita, secondo altre filosofie) può avere un effetto risolutorio.
E' quello che sosteneva quell'altro grande visionario, Ronald Laing, nelle sue teorie sulla follia, intesa come viaggio.
Johnny Depp nella parte del Cappellaio Matto un po' delude rispetto ad altri ruoli interpretati in precedenti film di Tim Burton, sorprendenti anche gli altri personaggi canonici della storia, sia quellli "veri"sia quelli virrtuali o digitalizzati...
Tuttavia, per molti critici, questo lavoro di Burton è risultato deludente e troppo "normalizzato" come rappresentazione d'un mondo intrinsecamente folle, nel senso che qui l'eroina Alice sembra avere il compito di normalizzare questo e di riportarvi l'ordine della ragione e del buon senso.
Molto più incisiva da questo punto la versione in cartoni animati della Walt disney, risalenti a tanti anni addietro, in cui invece "wonderland" mantiene intatto sino alla fine il sapore forte dell'incubo dal quale, quando le minacce diventano troppo incombenti e pressanti, ci si può salvare soltanto con un repentino risveglio.

2 commenti:

  1. Martina Montauti, mia amica in FB, ha scritto:

    Sono davvero curiosa di vederlo. Ho amato tanto il libro di Carroll e sono una grandissima fan di Tim Burton... anzi... non esagero nel dirti che è il mio regista preferito, perchè è capace di mostrare persino la tenerezza e l'umanità del lato oscuro. I miei preferiti: Edward Mani di Forbice e Big Fish ...

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  2. Alice Ferretti, mia amica in FB, ha scritto:

    Nella storia di Alice il cielo non è mai azzurro, ma anzi è sempre notte e questo, da piccina, quando vedevo il film, mi inquietava, perchè mi avvicinava alla follia. Non ho visto il film e sono curiosa anche io, ma conoscendo quasi tutti i suoi precedenti, credo che riuscirà anche questa volta ad essere triste, ironico, fiabesco e tetro contemporaneamente.

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