martedì 6 ottobre 2009

Le scorte e l'arroganza del potere

Palermo, Torre Sperlinga

Proprio pochi giorni fa, mi muovevo dalle parti di Villa Sperlinga, la villa comunale proprio a due passi da casa mia.
Ero uscito per sbrigare delle commissioni, ma - secondo una mia consuetudine - avevo una digitale compatta con me e andavo scattando delle foto.
In particolare, sono stato attratto da alcuni graffiti tracciati sul muro perimetrale della "Torre Sperlinga" un enorme edificio a meta tra condominio e residence di lusso, ubicato sul perimetro della Villa, proprio ad angolo tra piazza Unità d'Italia, via Francesco Scaduto e Via Giusti.
Improvvisamente, vedo un gruppo di individui che mi si avvicinano con fare concitato e minaccioso, esibendo da lontano un qualche tesserino.
Ma, da lontano, non si capisce bene cosa sia la patacca che mi mostrano con tanta veemenza.
Mi si fanno dappresso e mi circondano.
Uno dei bravi, però, secondo le migliori tecniche di stoppaggio dei riottosi si mette distante dal gruppo a bloccare un mio eventuale tentativo di fuga.
"Lei non lo sa che questo edificio è sorvegliato da una rete di telecamere a circuito chiuso?"
"Che cosa stava facendo?"
"Niente. Stavo fotografando?"
"Che cosa? Cosa c'è da fotografare qui?"
Gli indico il soggetto della mia foto: si tratta di una scritta che fa "scimmietta", di cui avevo fatto diverse inquadrature.
"Lei non lo sa che qui non si può fotografare?" - fanno, ancora più incalzanti.
"Che cosa fa lei, come lavoro?"
"Sono giornalista" - dico, giocandomi una mia carta.
"Per quale giornale scrive?"
"Sono un free-lance" - affermo, notando che stanno abbassando un po' la cresta.
"Ma il tesserino - se volete vederlo - l'ho lasciato a casa..."
"E dove abita?"
"Vicino, a due passi da qui!"
"Però, deve farci vedere le foto che ha fatto" - aggiungono, decisi a non mollare la presa sull'osso.
"Certo, - faccio io - che problemi ci sono!"
Accendo la digitale ed attivo il display.
Si affollano attorno a me per guardare meglio un eventuale corpo del reato.
Le foto scorrono e sembra che siano una beffa per loro tra graffiti ("Scimmietta", dichiarazioni di eterno amore) e cumuli di monnezza e cartelli di segnaletica stradale divelti.
"So benissimo chi abita qui - faccio io - e non mi metterei certo a fotografare la sua bella faccia..."
"Va bene - mi dicono, quasi a malincuore - adesso può andare..."
Ma, in pectore - ne sono certo - vorrebbero trattenermi.
Il gruppetto compatto attorno a me si disfà e il giannizzero alle mie spalle si riunisce con i compari.
Ognuno per la sua strada.
Chi abita in questo palazzo, direte voi? Nientepopodimeno che il nostro attuale Ministro della Giustizia, il Guardasigilli... e la sua sorveglianza è garantita da personale dipendente dal suo Ministero, quindi agenti carcerari dislocati ad hoc.
Dovrei sentirmi onorato di tante attenzioni...
In realtà, prevale il fastidio di fronte ad una manifestazione di inutile arroganza che dimostra quanto le cosiddette "misure di sicurezza", di cui molti uomini politici amano circondarsi, servono soltanto ad asserire quanto sono potenti: un'arrogante vetrina, nella buona sostanza.
Si tratta di gratuite manifestazioni assertive e di vacuo e inutile sfoggio di muscoli.
Sono certo che, di norma, per giorni e giorni non accade nulla: ad eccezione di situazioni tragicomiche come quella in cui sono incappato io.
Chi è fermamente determinato a fare del male , alla faccia delle misure di sicurezza e dell'intelligence, trova sempre e comunque il modo di agire per raggiungere e danneggiare il suo obiettivo sensibile.
Le misure di sicurezza servono soltanto a gettare fumo negli occhi e a fare vetrina, una detestabile ed insulsa vetrina.
Un'ultima notazione: è certo che questi agenti assegnati alla scorta e alla sicurezza del ministro, come tutti quelli dislocati ai più disparati servizi speciali, hanno visto troppa televisione e si comportano seguendo le regola di un loro immaginario, alimentato dalle fiction.
Il loro diventa, più che altro un divertente quanto inutile gioco di ruolo.
Loro si prendono tremendamente sul serio.
Noi ridiamo per non piangere.

1 commento:

  1. E'assurdo quello che ti e' successo, ma purtroppo non e' un caso raro.
    Per le fotografie in questa citta', e un po' al sud in generale, c'e' una sorta di timore e avversione e chi fotografa e' guardato con sospetto.
    Qui le foto si fanno ai matrimoni o in occasioni classiche: ci si mette in posa, si sorride e si scatta. Perche' mai uno dovrebbe immortalare un cumulo di immondizia?
    Ancora peggio se nell'inquadratura e' compreso uno sconosciuto. Le domande diventano invadenti. Perche'? chi sei? che ci devi fare?
    Posso imaginare benissimo la situazione che hai decritto benissimo. Umiliante sia per te che per le forze dell'ordine. La bravura di queste persone a nostra tutela dovrebbe stare nel sapere distinguere, senza ricorrere a queste improvvisazioni, la reale pericolosita' delle circostanze quando si manifestano agendo con discrezione e professionalita'. Io non credo che sia stato difficile rendersi conto che tu non eri li' per mettere a punto un piano terroristico a danno di qualcuno.
    Inoltre sono daccordo con quello che dici circa l'atteggiamento derivante da troppi esempi comportamentali televisivi ad imitazione delle figure dei serial video di cui abbonda la nostra povera cultura di massa.
    Luigi

    RispondiElimina

Creative Commons License
Frammenti by Maurizio Crispi is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at maurcrispi.blogspot.com.