giovedì 16 luglio 2009

La fragilità dell'uomo e l'immensità della natura


La luna alta nel cielo al primo mattino.
Il paesaggio brullo, esso stesso di una consistenza pietrosa, quasi lunare.
E, in alto, quelle figurette esili, niente più che formiche sul dorso d'un gigante dormiente, danno l'idea della fragilità della condizione umana davanti all'immensità della natura.
Non siamo altro che minuscoli fuscelli davanti alla montagna con le sue altezze vertiginose e la sua tremenda vicinanza al cielo...

Ancora la luna e imponenti contrafforti rocciosi.
Cielo terso e rarefatto, di una cristallina purezza.
Le montagne che si spingono alte verso il cielo rappresentano meglio di ogni altra cosa lo slancio della pesantezza della terra verso la volta celeste.
Le cime dei monti sono il luogo delle congiunzioni mistiche astrali.
Forse sono il luogo che meglio si presta - per questa spaventosa vicinanza al vuoto del cielo - alll'incontro con un'entità superiore, se questa esiste da qualche parte.
Ma le domande cruciali sono queste: "C'è posto per l'uomo in questa intangibile maestosità della natura? C'è posto per gli uomini che vogliono soltanto dominare, controllare, plasmare il mondo in funzione delle proprie esigenze predatorie, anche al prezzo di distruggere ciò che dovrebbe essere preservato"?
L'armonia che c'era un tempo è compromessa; l'antico patto tra uomo e natura è stato oggi infranto e l'Uomo procede alla deriva su d'un pianeta che, prima o poi, gli si rivolterà contro, ostile.
La natura di una bellezza indicibile ci guarda e gli uomini, insensibili all'armonia e alla bellezza, compiono meschinità, nefandezze, misfatti.
Solo pochi cercano di perdersi nell'abbraccio con la Terra madre per puro piacere e per conquistare qualche scheggia di cielo da collocare nel proprio cuore.

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