lunedì 2 febbraio 2009

Angelo, fantasma, ombra, anima: una riflessione sulla peri-morte


E’ proprio vero che le soglie del testo rivelano molto delle preferenze e delle attitudini di chi scrive e che, contemporaneamente, influenzano profondamente il lettore nei confronti del libro che si accinge a leggere.
"Lasciami andare" di Marcello Alessandra (Dario Flaccovio, 2008) è un racconto breve, un po' filosofico, un po' nel genere dell'apologo morale, molto ricco per diversi aspetti, non solo per il suo contenuto ma anche per le numerose “soglie” che lo precedono e che bisogna superare una volta che si è giunti alla parola "fine": una fine che, per altro, non è che un inizio.
È difficile collocare esattamente questa seconda opera di Marcello Alessandra, psichiatra palermitano che è anche impegnato nel volontariato (essendo socio fondatore dell’Associazione Onlus “Stupenda-mente”).
Possiede indubbiamente le qualità del sogno e, come si è detto, del romanzo filosofico, ma contiene anche una dichiarazione di fede nella vita ultra-terrena e nello stesso tempo, è esplicitamente un forte tributo di indelebile affetto nei confronti d'un amico prematuramente scomparso.
Le soglie del testo, dicevo.
Anche la copertina del volume che raffigura il dettaglio di un’ala piumata bianca su sfondo celeste porta l'immaginazione del lettore all’interno del testo, prima ancora che – di esso – abbia varcato altre porte. Sembra alludere al fatto che il libro tratterà di “angeli”, impressione rafforzata dalla frase che fa da “occhiello” al titolo “Un uomo muore e scopre un’altra vita. La fine sarà un nuovo inizio”.
Questa molto in sintesi, la storia che Marcello Alessandra ci racconta.
Un uomo muore in una città lontana da casa, a seguito di un’imprevista
complicazione nel corso di un lungo intervento chirurgico che avrebbe dovuto essere risolutore di una malattia cronica. La sua anima scorporata rimarrà accanto alle proprie spoglie mortali e vicino ai suoi cari, ma anche in un percorso quasi iniziatico di presa di contatto con le sofferenza di altri pazienti e di altri che sono morti e che ancora si attardano nel luogo che è stato teatro della loro morte. Egli trasformato in anima fluttuante scopre che può aiutare gli altri che da poco si sono staccati dal proprio corpo e far loro da guida. Anche l’incontro con un amico, anche lui da poco morto a causa di un incidente sarà determinante in questo viaggio sino alla completa pacificazione e al momento del congedo definitivo dai propri familiari per avviarsi in un cammino al cui termine lo attende una luce abbagliante.

La lettura fideistica porterebbe a leggere tutta questa vicenda come un modo per esprimere una rappresentazione forte dell’esistenza d'una vita dopo la morte e ciò potrebbe essere un limite epistemologico di approccio al testo, nel senso che chi non “crede” potrebbe rifiutarsi di proseguire oltre nella sua lettura, una volta accertato l’intendimento dell’autore, non riuscendo a posizionarsi in modo “laico” rispetto a iò che viene narrato.
Ma il piccolo romanzo è ben di più: infatti, a ben vedere e traasciando troppo facili pregiudizi, non si limita a voler catechizzare sulla vita dopo la morte e sull’ontologia dell’angelo, come anima soccorrevole che, con la sua presenza silenziosa, conforta i vivi che pure non possono vederlo né sentirlo.
Una convinzione popolare fortemente radicata (e che è all’origine di un intero filone della parapsicologia e del genere letterario delle storie di fantasmi), sostiene che la parte immateriale dell’individuo stenta ad abbandonare il proprio corpo e il luogo dove è avvenuto il trapasso, specie quando esso si sia verificato in modo violento ed improvviso, oppure traumaticamente o per un imprevisto incidente.
Quella parte immateriale dell’individuo che altri identificano con un surplus d'energia che si è liberata dai vincoli materiali del corpo rimarrebbe come "aura" oppure diventerebbe “ombra” o “fantasma” in attesa d'una possibile, auspicabile, pacificazione per poi dileguarsi, con la persistenza d'un'iniziale inconsapevolezza che richiede chiarimenti circa l’origine di questa nuova condizione.
E, a volte, l'anima spaesata ha bisogno di una guida, un'altra anima già pienamente consapevole che le faccia, in certo qual modo, da "psicopompo".
E' riflessa peraltro nell'impianto narrativo il tema delle esperienze di quasi-morte, di quelle esperienze cioè raccontate da persone che sono state in coma e ne sono riemerse, o che - rimaste prive di coscienza dopo un grave incidente - al risveglio hanno raccontato di essersi sentiti "scorporati", di avere osservato la scena dall'esterno, vedendo il proprio corpo giacere nel letto d'ospedale, e di essersi incamminarsi in un tunnel al cui termine brillava una luce accecante.
Si veda, ad esempio, il saggio di Vladimir Jankélevitch, Pensare la morte? (Raffaello Cortina Editore, 1992) in cui "invece di proporre una nuova teoria 'sulla morte', l'autore invita piuttosto a guardare alla vita dal difficile margine che separa l'esistenza dal nulla. Ne deriva un punto di vista sul mondo e sulle cose che, alleggerito da qualsiasi dogmatismo, affronta ogni questione con il sorridente beneficio dell'ironia".
Il nostro immaginario, a questo riguardo, è stato colpito da tanti film, sicuramente.
Uno dei più celebri (e dei più riusciti per la sua capacità di creare coinvolgimento emozionale negli spettatori) è stato “Ghost” che prescindeva da un’interpretazione obbligata, dando semplicemente per scontata l’ipotesi della persistenza di un’anima al di fuori del corpo dopo la morte, come “fantasma” o “ombra” che pur potendo vedere, sentire, non ha la facoltà di interagire e per cui, proprio dalla percezione dolorosa di questo divario, scaturisce la possibilità di "iniziarsi" a questa nuova condizione.
In definitiva, si potrebbe dire che la definizione di “anima” o “fantasma” o “ombra” o "angelo" scaturisce dal vertice epistemico che si utilizza.
In più nel breve libro di Alessandra vi è, nell’uso d'una prosa immaginifica e trasognata, un tributo molto forte alla narrativa di Coehlo (che peraltro è rivelata da alcune citazioni di stampo coehliano, all’inizio e alla fine del romanzo).
Infine, è apprezzabile e commovente il tributo dolente di forte amicizia all’amico scomparso da poco (cui è dedicato il libro: “A Marzio, un marito, un papà, un amico che ha lasciato in tutti quelli che lo hanno conosciuto l’insegnamento più grande: l’amore e il rispetto per gli altri”).
Alla fine, l’autore ci rivelerà l’artificio narrativo che ha utilizzato.
Tutta la vicenda è stata un sogno evenescente (eppure visionario e, forse, anicipatorio di una vita "altra" che verrà) che tuttavia, attraverso la finzione di essere da poco morto, ha consentito all'autore di poter parlare con immediatezza e realismo dell’incontro con l'anima di Marzio, tributandogli così tutto il suo affetto.

Nessun commento:

Posta un commento

Creative Commons License
Frammenti by Maurizio Crispi is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at maurcrispi.blogspot.com.