venerdì 22 aprile 2011

Il merlo caduto


Nei fumi dei gas di scarico
e nei sentori grevi degli incendi di plastica e altri detriti
mi colpisce il penetrante profumo
del glicine fiorito e dei pittosfori
che evocano il buio vibrante e la dolcezza sontuosa

di notti orientali


Un merlo è caduto stecchito sul cemento


Giace sul dorso
con le zampine rattrappite,
gli occhiettti devastati
che non vedranno più un'alba
e il becco giallo-arancione appena schiuso

Torre, mare e gabbiani


La torre sul promontorio pietroso e scosceso
da secoli se ne sta immobile a guardare
altre torri in corrispondenza visuale

Ai piedi della scogliera diruta,
s'apre una spiaggetta di sassi levigati

verso cui discende un sentiero tortuoso

immerso tra euforbie selvatiche e disi taglienti
Il mare è intensamente azzurro,

la superficie levigata dalla calma di vento,
e il greto sassoso è gremito di gabbiani
che spiccano il volo non appena avvertono
una presenza estranea
Poco prima di abbandonare il sentiero,

lo sguardo del viandante
è offeso da un copioso deposito di monnezza
e da innominabili lordure stratificate,

lasciate negli anni dai gitanti domenicali

Tanto, anche se qui torneranno
più volte ancora a sollazzarsi,
i rozzi gitanti sanno che questo luogo
non è casa loro
e può essere sporcato e degradato a volontà

Ma la vegetazione selvaggia crescendo irruenta copre tutto,

stendendo sul marciume un manto verde

che delle sostanze degradibili si nutre


Vis sanatrix naturae!

Un lieve odore di decomposizione
aleggia nell'aria
sul greto di sassi

Un pesce morto, forse, o un mollusco spiaggiato

oppure la carogna di un volatile

ma è un odore lieve e fa parte della natura


Gabbiani, a frotte
al largo,
gli stessi che prima indugiavano pigri sui sassi
a scaldarsi al sole
ora se ne stanno a flottare nell'acqua tranquilla,

in gruppi compatti,
come paperelle o gallinelle d'acqua,
ma poi si levano in volo disturbati da una barca di pescatori
in arrivo
con un motore sputacchioso e ansimante
a gettare le sue reti


Saranno un centinaio e forse di più


Altri se ne stanno arroccati sullle balze dell'alta scogliera.

Ci s'immmagina che stiano immobili come sentinelle

a vegliare gelosamente sui propri terreni di cova


Ci osservano, pronti a cogliere segnali di pericolo
E altri si stagliano vigili, ancora più in alto,
sui merli e sulla sommità dell'antica torre di guardia


Lanciano grida e strepiti,

un'infinita varietà di gorgheggi


Si alzano imponenti,

scivolano d'ala
oppure planano a volo radente sulla liquida superficie
e poi con grazia si posano

chiudendo sul corpo globulare le grandi ali

con un unico movmento fluido


Parlano tra loro
, anche,
in tempi che sono a noi estranei

Il luogo è loro,

noi - sempre - saremo soltanto ospiti

e osservandoli potremo soltanto dire grazie

per la bellezza che ci è offerta allo sguardo

Noi moriremo e loro rimarrano,

a fare da guardia
e ad accompagnare il nostro transito
con le loro strida


Un giorno la Natura violata
si vendicherà dei soprusi,
della violenza e delle brutture che le sono state inflitte


Ritorcerà su di noi la nostra hubris


Già lo sta facendo:
bisogna saper cogliere i segni


Quando ciò accadrà,
proprio i gabbiani
da fieri custodi
si trasformeranno nei nostri giustizieri
e ci trafiggeranno cuore e occhi
con becchi affilati

Un viaggio tra le scritture ultime


Un eremo sul colle,
cipressi e pini alle spalle,
croci, crocifissi, lapidi, angeli benedicenti
figure dolenti, pietrificate nel loro dolore
fiori freschi, vivi, appena recisi
fiori appassiti, fiori artificiali,
scale impervie e sentieri muschiosi,
piccole piante erbose cresciute tra gli interstizi della pietra
perchè la vita è sempre prepotente, anche nei luoghi di morte e transito

In questo luogo senza tempo
vorrei stare disteso,
con gli occhi chiusi,
su di una lastra di marmo
battuta dal sole del primo meriggio
con il mare lontano all'orizzonte
e i monti attorno
sormontati da antiche fortezze
a riscaldarmi come una lucertola,
ad ascoltare lo stormire del vento tra le foglie

Starei bene lì,
su quella pietra,
fantasticando di poter divenire io stesso marmo,
indugierei pigro,
pur sapendo che, dopo il sole,
il freddo della notte catturerà il mio corpo
sin dentro alle ossa

Ossa e cenere
questo siamo e diventeranno i nostri corpi
che sono solo simulacri,
involucri vuoti,
gusci spezzati

Attorno a me,
sento il mormorio di mille voci,
intrecciato con la voce del vento

Ognuna racconta una storia,
preghiere,
invocazioni,
per essere ricordato
e ognuna dice qualcosa
per mezzo delle scritture ultime
lì collocate, alcune tracciate su pagine di marmo

Voci di adulti che hanno vissuto pienamente,
e andati via al termine di vite operose,
di bambini e giovani troppo presto strappati alla vita
di giovani partiti in guerra
le cui spoglie non hanno mai fatto ritorno,
mentre qualcuno attendeva inconsolabile,
tre fratelli uccisi nello stesso istante
dall'esplosione di un ordigno

Foto antiche mi guardano
dai loro ovali
immagini in bianconero
o virate in seppia,
un po' sfocate
dall'aspetto antico,
anche quelle di defunti
d'oggi

Dai tondi o dagli ovali,
aperti come tante finestrelle sulle lapidi,
i defunti sembrano occhieggiare
da un altro tempo
e da un altro luogo
con sguardi
allegri o tristi,
qualche volta pensosi

Ieri ero in un cimitero,
Oggi sono in un altro,
domani non so.
Quale sarà il mio?
Qaundo arriverà il mio momento?

Eppure,
mi piace questo silenzio,
mon m'inquieta stare in questo spazio
risonante di scritture ultime

E' un silenzio che dà pace
e vorrei stare in questo luogo di quiete
a riposare
e a sognare la fine di tutte le cose
quando non ci sarà più nulla da desiderare



Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni (Salmo 23)

martedì 19 aprile 2011

Ogni tanto, la primavera ritorna...


I giorni passano,
veloci a volte,
lenti altre

Un tempo si strappava
un foglietto dal calendario
in cui ogni giorno del mese
era scritto in grandi numeri rossi:
un singolo foglietto per ogni giorno.
Tutto l'anno era rappresentato
da un blocco di 365 foglietti
e, guardandone lo spessore che si riduceva,
avevi il senso del tempo trascorso

Da bambino, strapparli
era un privilegio
che mi era riservato
e, in una scatola,
conservavo gelosamente
i giorni trascorsi,
come fossero preziose reliquie

Erano un po' appiccicati l'uno all'altro

Ricordo vividamente che mi costava un po' di fatica
levare il foglietto vecchio
e far venire alla luce quello nuovo:
cercavo di farlo con cura,
perchè non volevo che quei foglietti si strappassero.
Sarebbe stato come distruggere i giorni passati,
profanare quelli futuri:
certo, una cosa non di buon auspicio

In questo, nell'archiviare
il giorno appena trascorso,
procedevo con prudenza
con delicatezza,
benchè volessi bruciare le tappe

Mi chiedevo come sarei stato
nell'allora mitico anno 2000
che mi pareva lontanissimo,
quasi irraggiungibile,
Cosa avrei fatto?
- mi domandavo -
senza poter trovare risposte
e facevo il computo dell'età
che avrei avuto,
impaziente di andare avanti

Quei foglietti strappati,
mi davano il senso del tempo che scorreva,
come le foglie morte d'autunno,
il lento cangiare dei colori,
l'arrivo delle prime pioggie e del freddo
e, ogni tanto,
per noi gente del Sud,
anche l'effimero biancore d'una nevicata
e credevi nella ciclicità, nei ritorni e nei ricorsi

Oggi, invece, non te ne accorgi più

Vai avanti
un giorno appresso
all'altro.

Si consumano, i giorni,
come chicchi di riso
allineati,
che scivolano attraverso il collo
d'una clessidra gigante
ma quelli passati
sono perduti per sempre
non ritorneranno a passare
una seconda volta

Poi, all'improvviso,
vedi che sono arrivati
i primi rondoni ad intrecciare i loro voli,
il glicine è fiorito
e riempie l'aria di inebriante profumo
e altri profumi sontuosi
ti entrano nelle narici
e gli uccelli si accoppiano

E' la primavera che continua ad arrivare,
malgrado tutto
e, ogni tanto, te ne accorgi
e sorridi rinvigorito
davanti alla vita che ritorna
e riempe l'aria che respiri

Palermo, il 19 aprile 2011
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