domenica 2 maggio 2010

Vendicami: un gangster movie cinese con un tocco di noir in stile francese


Johnny To, prolifico regista di Hong Kong e amante dei film di arti marziali, ha iniziato la sua carriera una trentina di anni fa, costruendo una filmografia solida costituita prettamente da gangster movies che, negli Anni Ottanta, diventeranno i più grandi successi commerciali del cinema orientale. Dopo aver fondato una sua casa di produzione indipendente (la Milkyway Image, con il collega Wai Ka-Fai), ha cambiato il suo stile di regia fra pistole, geometrie visive, creatività, dinamismo e un’estetica ipnotica, con il tentativo (riuscito) di far compenetrare il noir francese nelle atmosfere cinesi, con furia, lirismo e polverosità.

Con Vendicami (2009) Johnny To introduce, appunto, un tocco di noir francese nel gangster movie in stile cinese.

Punto di giunzione tra questi due "generi" attigui è proprio la figura di Costello (Johnnie Halliday, l'Elvis Presley francese), che si presenta con il volto scavato e rugoso di un quasi settantenne che ha vissuto di tutto).
La figlia di Costello, francese ma sposata con un Cinese di Macao subisce un barbaro attentato per ordine di un potente mafioso della Triade e sopravvive per quanto in gravi condizioni, mentre il marito e i due bimbi muoiono, trucidati senza alcuna pietà. Il padre, arrivato dalla Francia per soccorrere la figlia, vuole vendetta e assolda un gruppo di killer (Kwai, Chow e Lok) che casualmente ha visto in azione proprio nell'albergo in cui alloggia.
Costello ha dei trascorsi criminali, probabilmente: è un duro e, per i suoi modi rudi e di poche parole, si fa apprezzare dai tre killer, suscitando in loro sentimenti di rispetto e di fedeltà. Ma vive con una spada di Damocle sul capo: quella di poter perdere all'improvviso la memoria, perché porta confitto nella materia cerebrale un proiettile che, a suo tempo, non è stato possibile estrarre e che spostandosi imprevedibilmente potrebbe arrecare degli improvvisi ed irreparabili danni.

L'intreccio va avanti con un montaggio estremamente vivace e con l'alternarsi di scene di quiete in cui, in maniera parca e più con gli sguardi e con i gesti, si costruiscono relazioni di lealtà, e sequenze di movimento fatte di sparatorie e inseguimenti.
In alcuni momenti, le scaramucce a fuoco assumono un sapore quasi epico e vengono narrate come autentiche battaglie, come quella nella discarica di Macao, in cui i "cattivi" al soldo del mafioso vengono avanti ad ondate successive, con la protezione di originali ed insoliti scudi individuali.
L'ambientazione, sulle traccie dei killer si sposta ad Hong Kong e quindi ritorna a Macao, sino al redde rationem finale.

Interessante l'interrogativo: Che senso ha vendicarsi se uno no ricorda più di cosa vuole vendicarsi?
E in effetti, il film è anche una riflessione sulla vendetta e sul senso che può avere.
Il regista fornisce implicitamente una risposta attraverso la rappresentazione d'una coerenza interiore dei personaggi principali (Costello e i tre killer che si legano a lui con un patto di fedeltà): sembra dirci che è giustificato volersi vendicare, perchè - a volte - i delitti commessi sono così atroci che la Legge, per quanto sapientemente amministrata, non potrà mai comminare l'adeguata punizione.
Poi - altra notazione interessante - Costello, sempre timoroso di perdere memoria di tutto da un momento all'altro, fa delle "annotazioni" fotografiche sulle persone che incontra: le fotografa con una polaroid e, sulle istantanee, trascrive con pennarello i nomi di ciascuno.
Un film da vedere.

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