venerdì 31 dicembre 2010

"Le avventure di Sammy": un film di animazione che parla della nostra cattiva coscienza ecologica


"Le avventure di Sammy" (di Ben Stassen, Belgio, 2010) è un film d'animazione che, senza possedere i fasti di un film della Disney-Pixar, si vede piacevolmente, essendo destinato - per le sue connotazioni fortemente didattico-didascaliche - ad un pubblico di piccini che possono apprendere attraverso una storia animata sia elementi preziosi sulla biologia e sulle fasi di vita delle tartarughe sia sulle azioni nefaste dell'uomo contro l'ecosistema.
Infatti, non è soltanto una semplice storia d'animazione per grandi e piccini, ma una storia costruita in modo tale che i bambini possano apprendere, da un lato, la bellezza e il mistero del mare e, dall'altro, i misteri della meravigliosa vita delle tartarughe marine, regolata da ritmi ancestrali e da potenti istinti migratori che le spingono, quando giungono all'età riproduttiva, a compiere lunghi viaggi, a volte di migliaia di chilometri per giungere alle spiaggie di cova, presumibilmente le stesse in cui sono nate.
Oggi le tartarughe marine sono insidiate, oltre che dai predatori naturali (soprattutto dal momento della schiusa delle uova alla prima immersione in mare dei neonati), da molteplici cause dovute all'insensibilità e alla disattenzione dell'Uomo nei confronti della salute del Pianeta: le navi ad elica che solcano i mari, la pesca indiscrimanata in alto mare, l'inquinamento da petrolio e da altre sostanze chimiche, i sacchetti di plastica e altri rifiuti gettati direttamente dalle navi in mare, sono tra le cause principali di nocumento alle tartarughe nel corso dei loro spostamenti.
Il film mostra tutto questo: gli anni trascorrono e Sammy, assieme ai suoi piccoli amici (la tartarughina Shelly, il compagno di "crescita" Ray), cresce (lentamente) e il suo corpo va facendosi sempre più grosso man mano che si avvicinano lamaturità sessuale e il tempo della riproduzione.
Cambiano anche i pericoli e le difficoltà con cui le tartarughe si confrontano nelle diverse fasi della loro vita e con il trascorrere del tempo.
Passano, tra una cosa e l'altra cinquantanni (le tartarughe sono creature longeve), e cambiano anche tante cose: se sono aumentati i pericoli, è cresciuta anche la coscienza ecologica degli Umani che mettono in atto una serie di sistemi per rimediare ai danni. Si passa così dai primi maldestri tentativi maldestri di "figli dei fiori" a quelli più organizzati e sistematici delle associazioni naturaliste nelle quali sono confluiti come dirigenti gli hippie di un tempo, anche se tanti altri pericoli difficilmente possono essere neutralizzati con interventi efficaci e mantengono intatta tutta la loro viruelenza: per eliminarli del tutto, occorrerebbe modificare radicalmente troppe cose e muovere i primi passi verso un altro mondo possibile e più sostenibile, contro il quale tuttavia le leve dell'Economia sono inamovibili.
Preoccupazione del regista è quella di essere "didattico" pur divertendo un pubblico essenzialmente di piccini.
Per questo motivo non ci sono trovate mirabolanti nella pellicola, nè vi è il tentativo di costruire il film come "storia di formazione", com'è nel caso di "Alla ricerca di Nemo della Pixar" della Disney.
E' uno di quei film che potrebbero essere proiettati efficacemente nelle scuole elementari per fare didattica con i più piccini, diveetendoli ed intrattendoli al tempo stesso, sia sul ciclo di vita delle tartarughe marine sia sui danni che l'Uomo ha prodotto e continua a produrre al loro ecosistema.
Di tanto in tanto è bello vedere arrivare sul grande schermo un film di animazione, prodotto altrove rispetto al regime di monopolio della Walt Disney-Pixar, più ruspante indubbiamente e meno "leccato" quanto ad effetti digitali, ma ciò nondimeno forte e robusto, espressione di una cine-diversità che, per la vitalità del cinema, va preservata in ogni modo, così come - per la salvaguardia del nostro Pianeta - occorre lottare in ogni modo per preservare la bio-diversità delle specie viventi e degli ecosistemi.

Scheda film
Un film di Ben Stassen. Voci: Melanie Griffith, Isabelle Fuhrman, Yuri Lowenthal, Anthony Anderson, Sydney Hope Banner, Ed Begley jr, Darren Capozzi, Pat Carroll, Chris Andrew Ciulla, Tim Curry, Tim Dadabo, Kathy Griffin, Denis Kacenga, Stacy Keach, Grant Klemann, Kierstin Koppel, Jenny McCarthy, Carlos McCullers II, Gigi Perreau, Geoff Searle, Heather Trzyna, Billy Unger, Eric Unger
Titolo originale Sammy's avonturen: De geheime doorgang. Animazione, Ratings: Kids, durata 89 min. - Belgio, 2010. - Eagle Pictures. Uscita mercoledì 22 dicembre 2010.

Il TRAILER

Le tartarughe marine (una nota wikipediana)

Le tartarughe marine (Chelonioidea) sono una superfamiglia di tartarughe che, appartenenti ai Rettili, nel corso della loro evoluzione si sono adattate alla vita in mare, grazie alla forma allungata del corpo, ricoperto da un robusto guscio o carapace, ed alla presenza di “zampe” trasformate in pinne.
Sono tra le più antiche creature della Terra.
Durante la stagione riproduttiva le femmine di tartaruga marina compiono delle lunghe migrazioni dalle aree di alimentazione, dove solitamente vivono, verso spiagge isolate, distanti anche migliaia di chilometri, le stesse dove probabilmente sono nate: e oggi si sa molto di più delle migrazioni che compiono grazie all'applicazione su alcuni individui di marcatori che, inviando un segnale radio, consentono di seguire nel corso del tempo i loro spostamenti.
L'accoppiamento può avvenire durante le migrazioni, o in aree vicine ai luoghi di deposizione, ma si ipotizza che le femmine possano utilizzare il seme del maschio per fecondare le uova anche dopo qualche anno. Nell'ambito della stagione riproduttiva, che varia a seconda della specie e della latitudine , le femmine possono compiere da 3 a 6 deposizioni, dopodichè intraprendono le migrazioni di ritorno verso i loro quartieri di residenza abituali per poi tornare sulla stessa spiaggia di deposizione al seguente ciclo riproduttivo.
Giunte a destinazione, le femmine emergono dal mare per lasciare le uova in nidi che scavano nella sabbia in un processo lungo e faticoso. Terminata la deposizione tornano in mare lasciando al calore della sabbia il compito di portare a termine l'incubazione. I piccoli appena usciti dalle uova si dirigono faticosamente verso il mare, guidati presumibilmente da contrasti di luce ed ombra sulla superficie del mare. La loro crescita è lenta e sono necessari molti anni perchè gli individui maturino giungendo alla capacità riproduttiva. Le prime fasi di vita sono quellle in cui i giovani individui sono maggiormente vulnerabili, insidiati da uccelli e pesci migratori.
Le tartarughe marine, oggi, devono confrontarsi per sopravvivvere non solo con i predatori naturali che ci sono stati sempre ma anche con le insidie generate dall'Uomo e dalla sua disattenzione neio confronti della salute del pianeta: navi che solcano i mari, pesca indiscrimanata in alto mare, inquinamento da petrolio, sacchetti di plastica sono tra le cause principali di nocumento alle tartarughe nel corso dei loro spostamenti.
Sono 7 le specie che popolano i mari di tutto il mondo:
  • Tartaruga verde (Chelonia mydas)
  • Tartaruga liuto (Dermochelys coriacea)
  • Tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata)
  • Tartaruga bastarda (Lepidochelys kempii)
  • Tartaruga olivacea – Lepidochelys olivacea
  • Tartaruga piatta (Natator depressus)

Tartaruga comune (Caretta caretta)
Con una lunghezza massima di circa 140 cm di carapace è una delle tre specie di tartarughe marine che vivono in Mediterraneo. Il carapace presenta una colorazione marrone –rossiccia con 5 placche neurali, 5 paia di placche costali e 12 paia di placche marginali. Il piastrone ha una colorazione tendente al giallo. La sua alimentazione è costituita prevalentemente da crostacei e molluschi ma anche da organismi planctonici come ad esempio alcune specie di meduse. In alcuni contenuti stomacali sono stati ritrovati esemplari di cavallucci marini e pesci ago ( generi Hippocampus e Syngnathus ).
Il periodo della deposizione varia dai primi di maggio fino alla fine di agosto. Un nido è composto da un numero variabile di uova (fino ad un massimo registrato di 190).In Mediterraneo i maggiori siti di deposizione sono in Grecia, Turchia, Libia , Tunisia ed Italia. Questa specie è l’unica che regolarmente depone le uova in alcuni siti lungo le coste italiane ( es. Isole Pelagie).
ll WWF -Italia è impegnato nella salvaguardia e nella ricerca applicata alla conservazione delle Tartarughe marine dagli anni ottanta, quando fu avviato, in collaborazione con l’Università ‘La Sapienza’ di Roma, il primo programma nazionale su queste specie. Questa prima attività ha consentito lo sviluppo di molteplici attività a livello locale, con la promozione da semplici azioni di monitoraggio a complessi interventi e progetti di assistenza diretta su esemplari in difficoltà o recuperati dai pescatori.
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martedì 28 dicembre 2010

In "Il 36° Giusto" ritornano gli ammazzavampiri modenesi di Claudio Vergnani


Claudio Vergnani continua a stupirci.
Con "Il 36° Giusto", di recente edito da Gargoyle (2010), ritornano gli ammazzavampiri modenesi con una nuova serie di avventure che si riallacciano immediatamente a quelle narrate in "Il 18° vampiro", anche se i due romanzi si possono leggere autonomamente con piena godibilità della trama.
La struttura del romanzo è semplice. Dopo l’attacco alla roccaforte vampiresca di Corsano, dopo il "caos vampirico" e la susseguente "mattanza" che concludono con uno scenario da apocalisse la storia precedente, i nostri anti-eroi sono momentaneamente "disoccupati" e sull'orlo del tracollo esistenziale, disgustati da ciò che hanno fatto e visto e, nello stesso tempo, psicologicamente svuotati, nel pieno di una sorta di spleen postraumatico.
Uno di loro, Gabriele, si ricicla come romanziere (e che sia la cifra dello stesso autore?), traducendo in romanzo le avventure di cui è stato protagonista.
Rossana, l'"amica", generosa finanziatrice delle imprese precedenti, ha deciso di tirarsi fuori da una partita sostanzialmente perdente per entrare in un ritmo di vita più normale e “borghese”.
Rimangono Vergy, roboante, spassoso e patetico assieme, e Claudio (il narratore, che qui per la prima volta esce dall'anonimato), a muoversi tra il senso di svuotamento, la depressione da mancanza di motivazioni e le nebbie di alcool e tranquillanti.
Poiché ci sono sempre vampiri-zombie da fare fuori e molti luoghi infestati da bonificare, per fortuite circostante, i due - dovendo sbarcare il lunario - riescono a rimettersi in pista al servizio di un ammazzavampiri di seconda generazione rampante, arrivista e atteggiato, tal Paride, che li prende al suo servizio per i lavori “sporchi”, che Vergy e Claudio svolgeranno sempre nel loro modo scassato e, in definitiva, da antieroi che, occasionalmente, si perdono - soprattutto il narratore Claudio, in pensose divagazione di stampo esistenzialista, in cui mostrano la loro natura di individui smarriti che cercano di dare un senso ad una vita latrimenti vuota.
"Non era generosità la nostra. Né altruismo. Cercavamo semplicemente di dare un senso a ciò che facevamo. Non che il senso in sé potesse bastare a giustificare tutta quella merda, ma non avevamo altro" (p. 296)
Le loro imprese (tra cui la lenta e perigliosa traversata d'un cimitero fatiscente, il sopraluogo al vecchio motel infestato, la sorveglianza prestata - a tipo di sgangheratissimo servizio body-guard - come contractor d'una ricca famiglia modenese che si reca in villa montana a trascorrere le feste di Natale, sino alla trasferta parigina, assoldati per libero un fatiscente e labirintico edificio - che tanto rievoca le atmosfere de "I misteri di Parigi" di Sue - per eliminare un vampiro solitario denominato "Il becchino") sono a dire il vero dei poemi grotteschi e tragicomici che servono all’autore per rappresentare lo sfascio delle metropoli, lo stato di abbandono di periferie urbane sempre più degradate, crepuscolari e decadenti, che tanto rimandano alle "Carceri" di Piranesi, dimostrando nell'autore una grande capacità evocativo-visionaria.


I vampiri-zombie, morti viventi che, pur corrotti e quasi cadenti a pezzi, continuano a rimanere attaccati ad una loro non-vita sono forse una metafora dell'inconcludenza che fa da pendant all'inettitudine esistenziale degli ammazzavampiri: entrambi condannati ad un ruolo di marginalità sociale e alla condizione di reietti della società produttiva.
Le avventure dei nostri eroi sono intercalate a periodi di riposo e di stanca, autentici momenti di “ozi di Capua”, in cui a farla da padroni sono ottenebramento alcoolico, mancanza cronica di donne e sesso, di soldi, di conforto domestico.
Le eroiche imprese servono ai due a ravvivarsi (ed è per questo che la ricerca di vampiri da quattro soldi da fuori diventa per loro un'urgenza, quasi una dipendenza non farmacologica), con il supporto di occasionali compagni di gesta: Alicia (l’avvenente segretaria di Paride), il nano ivoriano Matthew (che ricava di che vivere come macabro fotografo cimiteriale), la compiacente Elisabetta (che li riconduce al vigore di una sessualità sanguigna e promiscua), Gabriele (ex-compagno di "caccia" e neo-scrittore, che si aggrega a loro per un nuova impresa, avendo bisogno - dopo il suo primo exploit letterario - di materiale di prima mano per un nuovo romanzo).
L’essere eroi (o antieroi) per Vergy e Claudio (il narratore) è soltanto il prodotto secondario della loro tracotanza ed inconcludenza, al tempo stesso.
Alla fine, i due - malgrado tutto - riescono ad uscire indenni dalle loro imprese, sempre in condizioni pietose, ricoperti di sangue, brandelli di tessuti umani, deiezioni, vomito, fango putrido, e chi più ne ha più ne metta: disillusi, soprattutto. Perchè - uscendo sani e salvi per il rotto della cuffia da ogni impresa intrapresa - la loro vita non ha acquistato un briciolo di senso in più e, forse, è ancora più vuota di prima, perchè gli affetti "normali" e le possibilità evolutive di incontri se li lasciano alle loro spalle, bruciati dall'urgenza di sopprimere il vampiro di turno.
In un bilancio finale, tuttavia, nelle loro imprese non c’è un senso anche perché il loro uscirne per il rotto della cuffia, non cambia d'un millimetro le sorti del mondo e le sue derive inarrestabili: le loro vittorie sono del tutto ininfluenti nel modificare alcuni equilibri.
In un mondo così, fatto di rovine, di rifiuti, di cimiteri degradati, di periferie urbane disabitate e cadenti, non sorprende affatto trovare una residua popolazione di vampiri che agiscono dall’interno di corpi corrotti.
I veri vampiri – i cosiddetti “Maestri” – se ne stanno in disparte e le loro attività vanno avanti, malgrado e a dispetto degli ammazzavampiri che, per un paradosso di cui è piena la vita, vengono considerati proprio dai maestri come alleati nel tenere sotto controllo i vampiri-zombie che, imbarazzanti ed invadenti, rappresentano soltanto un sottoprodotto scomodo della loro attività che rimane il più delle volte occulta e poco evidente.
E' lecito chiedersi se nei romanzi di Vergnani non ci sia – nella contrapposizione tra “Maestri” e vampiri-zombie – una rappresentazione metaforica, appena velata, dell'agonismo/antagonismo tra capitalisti rampanti e onnipresenti e neo-proletari ridotti dai primi ad essere degli zombie, condannati a vivere una mezza vita (non caso il film-documentario di Sabina Guzzanti, sui fatti e misfatti successivi al terremoto aquilano è, evocativamente intitolato - con un abile neologismo - "Draquila", ovvero Dracula+Aquila).
Non è che, dunque, gli ammazzavampiri, esclusivamente polarizzandosi sui secondi, non stiano prendendo – in realtà – un granchio colossale, in quanto operano per il rafforzamento dei poteri occulti che governano la società?
Credo che in questa seconda opera narrativa di Vergnani, in maniera ancora più chiara rispetto a "Il 18° vampiro”, sia contenuta una grande metafora della società contemporanea.
Il linguaggio dei due amici, durante il compimento delle loro imprese, è istrionesco e picaresco, infarcito di frasi da caserma, puntualmente scandito da peti e scorregge. E ciononostante i personaggi (anche quelli minori) hanno tenuta ed esprimono una loro coerenza.
Ai loro discorsi, spesso scurrili e densi di termini scatologici, fanno da contraltare delle descrizioni paesaggistiche e di contesti urbani nelle quali Claudio Vergnani dimostra di essere un vero maestro, con un sapiente utilizzo del linguaggio per rappresentare vividamente luoghi ed ambienti, con intensa ed abile forza evocativa, con la sopresa di constatare che, prima o poi, ad impreziosire il testo arriva anche una citazione colta, che conferisce ulteriore profondità allo sguardo di Vergnani.

Dal risguardo di copertina
Pensavamo di aver smesso di uccidere i vampiri, invece abbiamo ricominciato a farlo. Ora che è accaduto quel che è accaduto, è diventato quasi un mestiere. Non devi più nasconderti per cacciarli. Sono reietti, emarginati, abbandonati dai loro stessi Maestri. Le retrovie di un esercito allo sbando. Non c'è posto per loro. Ma nemmeno per noi. E la loro presenza giustifica in qualche modo la nostra. La loro mancanza di futuro si intreccia con la nostra voglia di speranza. Loro e noi. I vampiri e i cacciatori. Una battaglia senza onore né gloria tra disperati, dove in mezzo stanno le prede innocenti. E forse c'è più colpa in noi, che possiamo scegliere, che in loro, schiavi di una sete che non possono spegnere. Loro sono nati assassini, mentre noi siamo l'estrema difesa, sempre sull'orlo dello sfascio. In qualche modo ambiguo e discorde, però, nell'inconsapevolezza innocente dei semplici, non cessiamo di confidare in un brevissimo e insperato momento di giustizia.

lunedì 27 dicembre 2010

In "Balkan Bang!" una scatenata guerra balcanica tra bande rivali nella Sarajevo post-bellica


Balkan Bang!
è il primo romanzo di Alberto Custerlina, già pubblicato nella collana spionistica di Mondadori, "Segretissimo" e ora edito da Perdisa Pop (nella collana Walkie Talkie), 2008 .

La storia, ambientata in una Sarajevo, apparentemente pacificata dopo il sanguinoso assedio da parte dei Serbi, si sviluppa con un intreccio complesso in cui tutti sono contro tutti: poliziotti onesti, poliziotti corrotti, mafiosi desiderosi estendere il proprio potere per incrementare loschi affari, e - al di sopra di tutti - l'Ombra, un personaggio misterioso e senza volto che, manovrando molti fili, cerca di destabilizzare la situazione di pseudo-equilibrio tra gang rivali per ripristinare un ordine legale che, in definitiva, poichè - per essere realizzato - si avvale di mezzi loschi del tutto affini a quelli utilizzati dalle cosche, potrà avere - se dovesse essere realizzato - soltanto la parvenza della legalità.
In queste vicissitudini fatte di intrighi, i morti e le sparatorie non si risparmiano e nemmeno delle scene fortemente colorite e sanguigne di sesso, droga e lotte di cani con il contorno inevitabile delle scommesse clandestine truccate.
Il romanzo, appartenente al filone del "turbo-noir" (termine, peraltro, coniato dallo scrittore medesimo) e prima prova letteraria di Custerlina, mostra come - in tempi di destabilizzazione politica e di conflitti tra etnie rivali - le mafie organizzate possano trarre grandi vantaggi e come, quando - alla fine - si dovesse creare uno stato di pace apparente, ci siano molte possibili evoluzioni, da quella che porta all'incremento delle sfere d'influenza di alcuni malviventi, alla necessità di attivare nuovi conflitti per trarre dalla deregulation che ne consegue ulteriori vantaggi.
Il romanzo di Custerlina è molto ben scritto e si legge con grande interesse: sicuramente, mostra da parte dell'autore un'approfondita conoscenza dei luoghi e dei retroscena cui egli fa riferimento.
La letteratura d'intrattenimento, come può esserlo una spy-story, possiede grandi potenzialità nel condurre il lettore nel cuore di luoghi a lui ignoti, di ambientazioni e di intrighi di cui non ha conoscenza alcuna perchè - solitamente - i fatti narrati riguardano cose ed eventi di cui molto di rado giornali e notiziari parlano.

Dal risguardo di copertina
Cedomir e Karel sono due vecchi criminali che vogliono mantenere il potere. Normale per dei vecchi, se non fosse che qualcuno ha deciso per loro un altro destino. Emir e Lovro sono due giovani sbirri che s'infilano dentro una storia criminale. Normale per degli sbirri, se non fosse che loro ci sarebbero rimasti volentieri fuori. Un segretario cerca di tirare le somme, ma fa male i conti. Tre killer schizzati seminano morte e una schizzata che fa la killer raccoglie vendetta. Un'ombra che aspetta. Serbi, croati e bosgnacchi, insieme, come acido nitrico, acido solforico e glicerina. Sullo sfondo, una Sarajevo che tenta di rialzarsi, come un pugile mandato al tappeto già troppe volte. Un romanzo d'esordio che è un gioco delle parti dove le parti non sanno a che gioco stanno giocando.

(Un commento nel web)
Sarajevo, oggi.
In una realtà criminale di sopravvissuti all'orrore, dove l'odio razziale viene accantonato ma non dimenticato nel nome del dio denaro, due anziani boss della malavita - Cedomir Dragovic e Karel Banfic - studiano come mantenere il potere di fronte all'inarrestabile avanzata di un cartello rivale di cui non si conosce nulla.
Janez, Joze e Jurij, tre gemelli nonché killer psicopatici, mettono a ferro e fuoco la città con spettacolare ferocia, obbedendo agli ordini di un mandante misterioso.
Al bagno di sangue contribuisce ben volentieri anche Zorka Stoltz, assassina torturatrice croata con la passione per le sevizie sadomaso, tanto da impartire quanto da subire. Anton Karadic - gay cinquantenne dal sesso smisurato, quasi quanto la sete di potere che lo divora - cerca il suo posto al sole. Lovro, uno sbirro che non rispetta nessuna elementare regola procedurale, si trova a collaborare con Emir, giovane poliziotto appena arrivato dalle montagne, con la moglie incinta e qualcuno che lo ricatta.
Nell'ombra, un potente burocrate si adopera per distruggere con ogni mezzo, anche illecito, la malavita locale. Questi sono solo alcuni dei personaggi creati dall'autore in questo esordio che sarebbe un autentico delitto sottovalutare. Custerlina ci propone un libro spietato, adrenalinico, pulp.
Un noir a prova di proiettile per l'ambientazione originale, la totale mancanza di qualsiasi forma di pietismo, l'umorismo cattivo, la capacità di tenere alta la tensione.

giovedì 16 dicembre 2010

Ne "L'isola della follia" una nuova avventura di Aloysius Pendergast, agente dell'FBI con poteri speciali


L'isola della follia (Fever dream, Rizzoli, 2010) è il nuovo romanzo della premiata ditta Preston-Child, che non manca mai il consueto appuntamento annuale con i propri fan.
Anche questa volta si tratta di un'avventura appartenente al corpus di storie che hanno come protagonista l'agente speciale dell'FBI, Aloysius Pendergast ed alcuni suoi comprimari. In questo romanzo che - come i precedenti - presenta un fitto intreccio tra mistery, poliziesco e action thriller gli scenari si spostano ad un ritmo vorticoso, mentre Pendergast, spalleggiato prima dal tenente del NYPD Vincent D'Agosta e poi da Laura Hayward (capitano del NYPD, nonchè moglie di D'Agosta), seguono l'usta d'un omicidio commesso più di 12 anni prima, inizialmente rubricato come atroce incidente di caccia: la morte di Helen, moglie dello stesso Pendergast. I metodi di indagine di Pendergast sono del tutto non convenzionali e assolutamente reprensibili, eppure funzionano e sono efficaci.
Gli scenari sono continuamente mobili, anche se - alla fine - il nucleo più vivo della vicenda finisce con il concentrarsi nel profondo Sud degli Stati Uniti, nel cuore misterioso e paludoso della Louisiana.
Per svelare l'intreccio i due dovranno passare al setaccio i più tenui indizi per ridare vita ad una traccia ormai fredda, passando dall'interesse di Helen per John James Audubon (Les Cayes, Haiti, 26 aprile 1785 – New York, 27 gennaio 1851), un ornitologo statunitense di origine francese, famoso soprattutto per avere realizzato 435 illustrazioni di uccelli americani (date alle stampe in volumi di grande formato: The Birds of America), surclassando il lavoro precedente di Alexander Wilson, e dagli interrogativi posti dall'improvviso accendersi del suo genio rappresentativo, ai misteri loschi delle ricerche biologiche condotte da scienzati senza scrupoli per isolare nuovi farmaci dotati di possibilità d'applicazione promettenti e futuribili.
Come accade sempre più di frequente nella saga delle indagini svolte al nostro Pendergast il finale del romanzo rimane aperto.
Si giunge, sì, ad una parziale risoluzione dell'intreccio, è ovvio: altrimenti il lettore rimarrebbe deluso, ma nella stesso tempo c'è una coda di trama che, lasciata insoluta, promette un nuovo seguito altrettanto avventuroso, come pure rimane insoluta la vicenda della protegée di Pendergast, Constance Greene che, in questo romanzo fa una fugace comparsa in collegamento con un nuovo mistero (la morte del proprio figlio, ancora in tenerissima età, durante una traversata atlantica).
A questo punto, occorrerebbe un piccolo dizionario per muoversi a proprio agio nel complesso mondo delle indagini di Pendergast e dei suoi comprimari: insomma, ci vorrebbe una sorta di guida alla lettura, soprattutto per quanti - non ancora aficionados - abbiano la sorta di entrare nella saga con questa storia. Tra i romanzi che vi fanno capo citiamo Dossier Brimstone, La danza della morte, Il libro dei morti, La ruota del buio e Il sotterraneo dei vivi.
E' una lettura di puro intrattenimento che non lascia delusi i lettori desiderosi di storie: e quanto più queste sono interminabili e ad episodi successivi che si intrecciano l'un con l'altro, tanto meglio è. Preston e Child, in questo senso, sono tra i rappresentanti del moderno feuilleton di un tempo, riconettendosi direttamente in qualche misura, ad opere come I misteri di Parigi di Eugène Sue.
Douglas Preston e Lincoln Chil, in una nota conclusiva alla loro opera, annunciano che, senza abbandonare le storie di Pendergast, inaugureranno nel 2011, un nuovo filone di romanzi che avranno come protagonista un investigatore dallo strano nome, Gideon Crew.
"Ci stiamo divertendo come matti a scrivere il primo romanzo che verrà pubblicato nel 2011. Ci dispiace di non potervi fornire maggiori informazioni al riguardo, ad eccezione del titolo: Gideon's sword. Vogliamo che tutto il resto sia una sorpresa" - così scrivono.
Intanto, i due, inaugurano nel loro sito web ufficale i "Pendergast files" in cui - lungi dal volere essere celebrativi su se stessi e sulla propria attività - forniranno ai lettori una serie di anticipazioni su Pendergast o su Gideon Crew, propri inediti e testi scartati dalla produzione ufficiale a stampa, fotografie che documentano i viaggi di Douglas Preston e le ricette tratte dalla repertorio gastronomico di Lincoln Child nella sua veste di grand gourmet e tanto altro.
Nella first issue dei Pendergast files i due autori inteloquiscono, in un'intervista fittizia, proprio con Aloyisius Pendergast in persona.

Dal risguardo di copertina
Il tempo della verità è arrivato, per l'agente Aloysius Pendergast. Sono passati dodici lunghi anni da quel tragico incidente in Africa, quando lui e Helen, giovani sposi, stavano dando la caccia al Dabu Gor, un gigantesco leone dalla criniera rosso sangue mangiatore di uomini. Di fronte all'animale, però, Helen aveva mancato il colpo, e in un attimo da predatrice si era trasformata in preda. Impotente e disperato, Aloysius l'aveva vista morire davanti ai suoi occhi.
Ma il destino trova sempre il modo per sconvolgere qualunque certezza. E così quando a distanza di anni, nella dimora di famiglia in Louisiana, Pendergast imbraccia il fucile con cui Helen aveva sparato quel maledetto giorno, viene alla luce un dettaglio inquietante: l'unico proiettile rimasto è caricato a salve. Sua moglie non aveva sbagliato il colpo: non aveva mai sparato davvero.
È chiaro che Helen è stata assassinata. Inizia così per il geniale agente dell'FBI, in coppia con il tenente del NYPD Vincent D'Agosta, l'indagine più difficile che abbia mai affrontato. Perché questa volta la posta in gioco è una sola: la vera identità di sua moglie.
A guidare Pedergast in un vorticoso e inquietante viaggio nel suo passato, la misteriosa ossessione che Helen gli ha sempre tenuto nascosto: un virus sconosciuto e mortale che precipita le sue vittime nel cuore oscuro della follia. Con L'isola della follia ritorna l'agente Aloysius Pendergast, uno dei personaggi più amati usciti dalla penna di Douglas Preston e Lincoln Child, in un thriller teso e appassionante che si muove sull'ambiguo confine tra giustizia e vendetta.

Gli autori
Douglas Preston è nato nel 1956 a Cambridge nel Massachusetts, è laureato e inizia la sua carriera di scrittore con un volume sul Museo di Storia Naturale di New York, in questa occasione conosce Lincoln Child editor in una casa editrice. L'idea di scrivere un romanzo a quattro mani venne a Preston e Child accettò di buon grado: il risultato della loro prima collaborazione Relic da cui è stato tratto anche un film di discreto successo.
Lincoln Child è nato nel 1957 a Westport nel Connecticut, laureato anche lui, ha lavorato per vari anni nel campo dell'editoria.
Entrambi gli scrittori hanno scritto ottimi romanzi anche individualmente.


sabato 4 dicembre 2010

Se incontrate un nano da giardino, non fermatelo: sta facendo il giro del mondo


Cos’è un nano da giardino?
Molti forse lo sanno. Altri no.
Molto semplicemente: un nano da giardino è una rappresentazione di uno gnomo o di un nano sotto la forma di una statua di piccola taglia, utilizzata per decorare i giardini. Tradizionalmente, il nano da giardino ha la barba bianca, la pelle rosa e un berretto rosso; è vestito d'un paio di pantaloni e da un soprabito di vari colori. La variabilità negli abiti, soprattutto nella foggia e nei colori del soprabito, è ammessa.
Inizialmente apparsi in Germania nel XVII secolo, i nani da giardino sono stati importati nel Regno Unito nel 1874 da un certo sir Charles Isham, che da un viaggio in Germania portò con sé ben ventuno personaggi in terracotta, disponendoli come ornamento del giardino della sua casa nel Northamptonshire.
Oggi, esistono diverse qualità di nani da giardino, dalla scultura autentica alla statua in plastica prodotta industrialmente. A volte, ai nani da giardino, è abbinata una Biancaneve, le cui fattezze sono ispirate alla Biancaneve di Walt Disney.
Negli ultimi decenni del XX secolo si è sviluppato un movimento spontaneo per la “liberazione” dei nani da giardino, a partire dalla con stazione che i nani messi in mostra in un’ostentata immobilità fossero delle povere “anime” prigioniere, cui doveva essere donata la libertà.
A partire da queste origini “spontanee”, si è costituito il Fronte [internazionale] di Liberazione Nani da Giardino (FLNG), di ispirazione “goliardica”, con lo scopo programmatico di liberare i nani da giardino. Secondo gli aderenti, i nani, essendo completamente indifesi, sono preda di malvagie persone che li imprigionano nei loro giardini; e, essendo creature nate nei boschi, soffrono enormemente nel dover vivere intrappolati nei giardini, costretti a mostrare con i sorrisi stereotipati che hanno dipinti sul volto una finta allegria.
I nani liberati, secondo il manifesto del FLNG è quello di riportare i nani nel loro habitat naturale.
Si ritiene che i nani ricambino la gioia della ritrovata libertà, portando fortuna al loro liberatore. Alcuni potrebbero sorridere dopo aver letto queste parole e sentirsi presi in giro da quella che ha tutta l’aria di una bufala.
No, invece: il movimento esiste davvero.
Ha un suo sito web che offre anche delle mappe, contenenti indicazioni sui luoghi in cui vi sono dei nani da liberare e un bollettino, tenuto costantemente aggiornato sui nani liberati, alcuni dei quali vengono spinti ad intraprendere il giro del mondo o viaggi più o meno lunghi, dei quali viene fornita frequentemente anche documentazione fotografica. Il FLNG affonda le proprie radici in Francia, intorno alla metà degli anni novanta e da lì si è espanso sempre più, oltrepassando anche i confini francesi ed approdando anche in Italia dove però i liberatori non si limitano a "riportare" i nani nel bosco come in Francia, ma provvedono anche a liberare le lo loro anime dalla prigione in gesso in cui sono racchiuse, rompendoli (ed evitando così una nuova cattura).
L’organismo italiano si chiama MALAG (Movimento Autonomo Liberazione Anime da Giardino) e possiede pure un suo sito web (dove si possono anche leggere notizie di nani da giardino liberati che stanno compiendo il giro del mondo). In Germania, esiste un movimento simile, ma forse (virtualmente) più cruento che si è auto battezzato Fronte per L'Olocausto dei nani: è volto infatti all'eliminazione dei nani da giardino anziché alla sola liberazione. Gli aderenti a questo movimento sono spesso sono protagonisti di atti clamorosi, quali ad esempio il sequestro, la decapitazione e l'esposizione pubblica dei nani rapiti. E’ recente la notizia di sette nani da giardino decapitati (evento verificatosi circa un anno fa a Ponzano, Pordenone).
Ma, senza andare a scomodare, questi inquietanti estremismi che rimandano a forme di giustizialismo cruento ed intollerante, piace forse conservare come sintesi gentile di questo movimento una delle “storie” narrate nel film “Amelie”, in cui la stessa Amelie rapisce uno dei nani dei giardino del padre (che ne possiede un’intera collezione) e, affidandolo ad un’amica hostess, lo fa viaggiare attorno al mondo, con una precisa e puntuale documentazione fotografica polaroid che il padre di Amelie riceve puntualmente a casa e che gli mostra il suo nano da giardino “liberato” in visita ai principali monumenti delle capitali dei cinque continenti: compiuto il giro del mondo il nano da giardino farà ritorno al punto di partenza.
Chiunque quindi potrebbe imbattersi in un nano da giardino “liberato”.
Se ne incontrate uno per strada lasciatelo libero, perché è sicuramente uscito dalle ristrettezze del suo giardino e sta viaggiando orse in giro per il mondo oppure, semplicemente cerca casa: di un anno fa la notizia che si cercava una dimora per 1500 nani da giardino liberati in Australia.


Qualche giorno fa ho incontrato un nano da giardino liberato: questo è il piccolo racconto che ho scritto per illustrare l'evento.

L'altro giorno ho incontrato un nano da giardino liberato. Camminavo con la mia auto diretto al mare, in un bel mattino di fine novembre, quando al passaggio mi è sembrato di intravedere qualcosa sulla linea bianca che segna il limite della carreggiata.
Qualcosa? No, sarebbe meglio dire una personcina...
Un minuscolo autostoppista, forse... Uno sguardo veloce nello specchietto me lo ha confermato. Ho piantato i freni, malgrado il traffico e sono schizzato giù, percorrendo alcune decine di metri di corsa dal punto in cui mi ero fermato. Ecco: era un nanetto da giardino, girato nel senso di marcia dell'auto, dunque in direzione del mare, dove ero diretto pure io.
Tutto è fatidico. "Avrà un senso, quest'incontro" - ho pensato
Il nanetto di plastica, alto poco meno di 10 centimetri, era disegnato con i colori canonici, ma aveva anche un paio di occhialetti e un libro sotto il braccio.
Era dunque un Dotto!
Forse era un Dotto liberato dal Fronte internazionale per la liberazione delle Anime da giardino o dal nostrano MALAG (o forse liberato personalmente da Amelie) e lasciato lì on the road a sbrigarsela da solo: forse, stava per iniziare a percorrere l'intero giro del mondo...
Quanti forse!!!
L'ho preso con me.
Soltanto dopo ho realizzato che, così facendo, stavo traendo il povero nano nuovamente in schiavitù, privandolo di quell'empito di libertà che aveva sperimentato soltanto per poco (il suo minuto corpicino non recava i segni di una lunga permanenza sulla strada: quando l'ho incontrato doveva essersi appena incamminato...).
Mi son detto che sarebbe stato soltanto per poco e che di lì a poco lo avrei liberato. Intanto, a scaricarmi la coscienza dal peso di questi muti rimproveri, l'ho portato con me al mare, assecondando i suoi desideri.
Arrivati sulla spiaggia l'ho posato proprio al limitare della risacca e lui era lì che contemplava incantato il mare, i frangenti, i gabbiani, il cielo azzurro le leggere nuvole cotonose.
Per quanto lo girassi anche verso di me che stavo alle sue spalle, si rigirava di nuovo per rimimare il mare: c'era molta nostalgia in questosuo volgersi verso l'orizzonte lontano. Forse nella sua schiavitù aveva sempre sognato il vasto mare o addirittura l'oceano...
Poi, l'ho portato con me e ho provato a fargli assaggiare il mio prosecco...
Insomma, l'ho davvero considerato un mio pari, un temporaneo ospite.
Da alcuni giorni il nano da giardino è con me: in questo momento mi guarda mentre io batto sulla tastiera.
Di notte, silenziosamente, quando nessuno lo vede, apre il libro che tiene sotto il braccio e legge qualche pagina di antica saggezza.
Lo dovrò liberare presto, per onorare la mia promessa.
Mi piace pensare che si metterà sulla strada per fare il giro del mondo...
Stai tranquillo, nano, ti ridarò la libertà che hai conquistato a duro prezzo, ma intanto non posso fare a meno di apprezzare la tua compagnia quieta e silenziosa.
Che non sia io stesso un nano da giardino?
O forse lo sono stato in una vita precedente.
Non so...
Ho sempre desiderato di poter fare il giro del mondo in un'unica tirata...
Aspetto di essere liberato per partire...


Bisogna anche chiedersi se i nani da giardino abbiano tutta questa voglia di essere liberati: in fondo, il movimento per la loro liberazione si basa su d’una presunzione, cioè che essi vogliano essere liberi…
Ma forse non è così…
Ricordiamoci di uno degli episodi della saga del maghetto Harry Potter.
Hermyone Granger scopre con grande disappunto che i maghi – anche quelli buoni - si servono degli Elfi domestici, che hanno con loro un rapporto molto rigido, servo/padrone. Questo rapporto può essere tuttavia spezzato: è sufficiente regalare un oggetto qualsiasi - anche di scarso valore - ad un elfo domestico per tramutarlo in “liberto”, susctando in lui più che manifestazioni di gioia, espressioni di sommo disappunto. Gli Elfi domestici, infatti non vedono altra possibilità di rapportarsi con i maghi, se non questa e non riescono a concepire di avere con essi un rapporto da pari a pari.
Hermyone, sulla base della sua convinzione di essere nel giusto, vuole portare una ventata di democrazia nel mondo degli Elfi domestici e attiva un “movimento per la liberazione degli Elfi domestici” che si propone appunto di liberare un elfo ogni volta che sia possibile.
Come? Facendogli un dono: ma il più delle volte in questa sua azione idealistica, non trova riconoscenza, ma solo rimbrotti.
I nani da giardino la fanno da protagonisti, proprio alle prese con una migrazione e un cambio di casa, assieme a gerbilli e ad altri animaletti domestici, in un bel racconto favolistico di Margherita Oggero (Così parlo il nano da giardino, Einaudi, 2006), di recente riedito con delle accattivanti e incantevoli illustrazioni di Guido Pigni. E’ lecito pensare, per aprire ulteriori scenari, che i nani da giardino possano liberarsi da soli e da soli partirsene per una migrazione da un luogo all’altro o per un viaggio intorno al mondo, nel corso del quale possono fermarsi per condividere alcuni momenti, più o meno o lunghi, con degli ospiti “sensibili” che comprendano le loro esigenze.
I nani, in una dimensione simbolica, come gli gnomi, loro congeneri, rappresentano in qualche misura un’integrazione complementare alla figura dell’angelo.

L’Angelo (e l’Elfo nella mitologia nordica) sta al cielo e alla trascendenza, come il Nano sta alla Terra.
Come l’Angelo è etereo e rarefatto, così il Nano è terragnolo.
Mentre l’Angelo è perfetto e incorporeo, il Nano è profondamente legato alla sua corporeità imperfetta e alle sue radici.
Mentre l’Angelo conosce i segreti del Cielo, il Nano terragnolo conosce quelli della Terra, è capace di scavarla e di trarne tesori incommensurabili, come gemme e metalli preziosi.
Se l’Angelo fa da tramite tra il Cielo e la Terra, il Nano porta all’uomo i segreti antichi della lavorazione degli elementi e della loro trasformazione e, in questo senso, è il prototipo e il precursore dell'Homo faber.
Per questi motivi, i Nani meritano rispetto, così come gli Angeli, di cui sono la controparte indispensabile.
Tra gli Angeli e i Nani, ci siamo noi, gli Umani, ai quali entrambi portano alternativamente i propri doni, se soltanto sappiamo comprenderli.
Anche gli Angeli, più volte raffigurati nella pittura e nella statuaria, siderati sulle pareti e sui tetti delle chiese in pose sublimi, potrebbero desiderare di liberarsi dalle loro catene e di scendere a terra, mescolandosi agli uomini: è esattamente così che comincia lo straordinario film di Wenders, Il cielo sopra Berlino.
In fondo, dividiamo egualmente la natura dell'Angelo e del Nano.


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