domenica 31 gennaio 2010

La storia del "laboratorio dei veleni" di Catania nell'inchiesta giornalistica di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti


Si legge con sgomento l'inchiesta di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti (Viviano Francesco, Ziniti Alessandra, Morti e silenzi all'università. Il laboratorio dei veleni, Aliberti Editore, 2009).
Ci si chiede come sia possibile che una simile vicenda abbia potuto andare avanti per anni tra silenzi, omertosi occultamenti, depistaggi e benchè fioccassero casi di persone che si ammalavano, di diagnosi di tumore nel personale esposto, di morti.

E anche malgrado che, per anni, si fossero accumulate lettere di denunce e segnalazioni da parte di tante delle persone "esposte". Già, perchè l'inquinamento ambientale non era insidioso, ma dava effetti palesi e vistosi, sia per gli odori nauseabondi di cui il laboratorio era impregnato, sia per gli effetti immediati che tutti gli esposti lamentavano, come irritazioni cutanee, bruciore agli occhi e lacrimazione continua, fenomeni allergici.
Il "laboratorio dei veleni" che tanto evoca - anche se in scala ridotta - la "fabbrica dei veleni", cioè le vicissitudini del Polo petrolchimico di Porto Marghera (che ebbe 157 morti di tumore, 120 discariche abusive e 5 milioni di metri cubi di rifiuti tossici con un procedimento penale iniziato nl 1998 e proseguito sino alla sua conclusione, con sviluppi clamorosi) , continuò a funzionare, malgrado tutto, tra silenzi arroganti, depistaggi e perizie tecniche "addomesticate" per la più atroce delle motivazioni:
"...che non bisognava in alcun modo ledere il buon nome dell'Università di Catania".
Una motivazione agghiacciante, perchè - nel frattempo - la gente si ammalava e moriva, mentre altri - a fronte del rischio - chiedevano insistentemente di essere trasferiti in luoghi di lavoro più salubri.
E' anche una storia sull'arroganza del potere accademico e sul fatto che, a meno che non vi siano fatti eclatanti ed inconfutabili, i deboli sono costretti a patire e soccombere, mentre chi occupa una posizione di forza (che certamente non viene da doti personali, ma da altre concomitanze, cone quelle che portano alcuni a far carriera in un sistema di rapporti di potere) riesce a mantenersi a galla e la fa franca.
In questa triste e atroce storia, ancora più stupefacente perchè si è sviluppata per anni quando già esistevano tutte le norme per la sicurezza e la gestione del rischio ambientale nei luoghi di lavoro, ebbe alla fine un ruolo decisivo il "testamento" di Emanuele Patané, il giovane ricercatore catanese presso il Dipartimento di Farmacia dell'Università di Catania e assegnato proprio a quel micidiale laboratorio.
Questa memoria che,
puntigliosa e circostanziata, evidenziava tutte le disfunzioni del laboratorio dei veleni, giunse per iniziativa del padre di Emanule ad un avvocato battagliero nel corso di un procedimento penale avviato a causa delle numerose denunce che ormai non era più possibile ignorare ed ebbe un peso decisivo nel portare avanti, con buon esito, l'inchiesta giudiziaria.
Questa la presentazione editoriale del volume

Erano docenti, ricercatori, studenti, dipendenti, che per motivi di studio o di lavoro frequentavano il laboratorio di Farmacia dell'Università di Catania. Respiravano veleno e lo sapevano. L'avevano denunciato con lettere, con appelli e perfino denunce. Ma nessuno, per anni, li ha voluti mai ascoltare.
Anzi, minimizzavano. Loro, intanto, si ammalavano e morivano lentamente, uccisi dall'aria killer della Facoltà. Una strage silenziosa che doveva però rimanere riservata: perché non si poteva "sporcare" il buon nome dell'Università.
E molti, tra i vertici dell'Ateneo, hanno fatto di tutto per nascondere quanto accadeva. C'erano relazioni tecniche che denunciavano livelli di inquinamento più alti addirittura di quelli industriali. Tutto scritto, nero su bianco. Ma non si poteva rivelare che c'era un laboratorio di morte dove decine di studenti, docenti e dipendenti perdevano la vita, azzannati dal cancro e da malattie inguaribili ai polmoni e alla gola. Tutti ne parlavano, tutti sapevano che le vittime avevano studiato e lavorato per anni proprio lì, nel laboratorio dell'Università.
Ma, incredibilmente, il silenzio ha accompagnato una storia dannata e orribile per tanto, infinito tempo. Come se nessuno se ne fosse mai accorto. In questo libro, per la prima volta, alcuni documenti inediti confermano le gravi responsabilità di chi sarebbe dovuto intervenire e non lo ha fatto.

venerdì 29 gennaio 2010

I rapporti tra Salgari e La Spezia, trattati in un convegno tematico: "Salgari-Spezia: oltre l'avventura". Ora disponibile anche il volume degli atti


Emilio Salgari è stato un grande narratore per la gioventù e non solo. Intere generazioni di giovani si sono "formati" leggendo i suoi romanzi di avventure che fungevano anche da grandiosa introduzione al viaggio, all'avventura, alla scoperta geografica, ma anche da solida guida a principi etici universali e a valori, quali il coraggio, la lealtà, l'abnegazione, l'intraprendenza.
Una testimonianza di ciò è stato, in tempi recenti il volume curato da C. Gallo e pubblicato per i tipi di Aliberti, Viva Salgari. Testimonianze e memorie raccolte da Giuseppe Turcato (2006) che raccoglie brevi memoir salgariani di artisti, scrittori, uomini della cultura in genere, sui i modi in cui le letture salgariane della loro adolescenza abbiano influenzato le loro successive scelte di vita.
Giuseppe Turcato tra il 1964 e il 1965 inviò una lettera a scrittori, poeti, giornalisti, cartografi, viaggiatori, che in gioventù potevano aver letto le opere di Salgari, chiedendo come la loro formazione fosse stata influenzata da queste letture. La raccolta delle risposte ci restituisce l'immagine dello scrittore Salgari attraverso i suoi lettori d'un tempo: un pioniere di una grande facoltà di fantasia, che crea nell'immaginazione mondi fantastici, esotici, lontani e tuttavia così completi da perdersi al loro interno. Insegna così l'ardimento e la lealtà senza didattica, ma attraverso la vita dei personaggi.
Oggi i giovani, purtroppo, guardano ad altro: la cultura del videogioco con la sua immediatezza sensoriale e con la sua estrema velocizzazione che spesso elide la semplice possibilità di elaborare un pensiero, impera e si è meno propensi a prendere un libro in mano per utilizzarlo come una sorta di psico-porta che introduce d'imperio in mondi lontani.
La capacità di applicazione nella lettura, in genere, tsi affievolisce e, quindi, anche Salgari come tanti altri autori per l'infanzia per molti tende a cadere nel dimenticatoio.
Ma non del tutto, per fortuna.
Fortunatamente ci sono tanti che sono stati ammaestrati ad apprezzare i romanzi e i racconti salgariani da piccoli, perchè uno dei propri genitori era stato a sua volta un appassionato lettore del romanziere o anche perchè una preziosa edizione originali con quelle favolose illustrazioni in bianco nero passava di mano da un padre ad un figlio. E quel padre consegnando il prezioso libro che veniva dal passato diceva al figlio: "Vedi, qui c'è scritto il mio nome. Quando avevo la tua età mio padre mi ha fatto dono di questo libro ed io l'ho letto avidamente"
Quindi, anche se a macchia di leopardo, la trasmissione del testo salgariano da una generazione all'altro, mentre il corpus salgariano si arrichisce con una certa continuita di rispecaggi, di edizioni annotate e dotate di apparato critiche, e di una serie di altre interessanti iniziative editoriali.
Apprezzabile, ad esempio, è la collana "Salgariana" della casa editrice Viglongo che, dopo la Donath, pubblicò nel dopoguerra tutti i romanzi di Salgari. Questa collana con una certa continuità sta riproponendo in veste critica alcune delle opere salgariane, sia quelle più note, sia altre meno note e meno conosciute al grande pubblico.
La passione per Salgari si vede anche in frequenti iniziative culturali, convegni e conferenze, che approfondiscono la conoscenza di alcuni aspetti specifici della cultura salgariana, arricchendola ogni volta di nuovi tasselli.
E' molto attiva da questo punto di vista Corinne D'Angelo che, da sempre appassionata del testo salgariano, ha creato un sito web nel quale confluiscono testi critici, apparati iconografici e che è, nello stesso tempo, promotore di iniziative culturali e di progetti tematici su Salgari ed alcune fondamentali intersezioni culturali del suo tempo.
Di recente, proprio in questo ambito, è stato attivato il progetto "Per terra e per mare" Avventure e studi sulle orme di Emilio Salgari" che ha prodotto alcune pubblicazioni tematiche sul grande scrittore, tra i quali ad esempio "I Misteri dell'India", antologia di racconti indiani salgariani annotati e illustrati.
Nel quadro di tale progetto, vede ora la luce una terza pubblicazione, il volume "Salgari-Spezia: oltre l'avventura", come risultato finale di un'iniziativa culturale dedicata allo scrittore Emilio Salgari, promossa dall'Amministrazione comunale di La Spezia, e svoltasi il 17 maggio 2009.
"Salgari-Spezia: oltre l'avventura" è stato anche il titolo diella manifestazione, articolata in una mattinata ed in un pomeriggio di studio con interventi di studiosi salgariani, anche di levatura nazionale e non solo appartenenti alla città ligure.
Il Sistema Bibliotecario Spezzino ha fornito il proprio patrocinio e gli spazi idonei all'iniziativa (una sala del Centro Salvador Allende).
La città di La Spezia, protagonista in particolare di un'avventura salgariana narrata nel romanzo "I naviganti della Meloria" (Donath editore, 1899) che, ambientata al tempo delle Repubbliche Marinare, ipotizzava l'esistenza di un canale sotterraneo navigabile che garantiva il colle,gamento tra il Mar Tirreno e l'Adriatico, è stata oggetto a più riprese di approfondimento durante la giornata del 17 maggio, e la sua cittadinanza, nonchè la sua intelligentsia culturale, hanno dimostrato di apprezzare questa manifestazione di studio con la propria intensa partecipazione.
La pubblicazione degli atti è uno strumento appositamente voluto dai promotori dell'iniziativa per far conoscere questi interventi anche a coloro, Spezzini ma non solo, che non sono potuti intervenire in tale occasione.
Il volume di Atti, che viene ora pubblicato, è distribuito dal Progetto stesso e dal sito www.emiliosalgari.it.

Questi gli interventi raccolti nel volume:
  • Saluti iniziali, a cura di Corinne D'Angelo;
  • Chimere salgariane sul Golfo di La Spezia, a cura di Felice Pozzo;
  • Progetto di canale navigabile Venezia-Spezia, a cura di Sergio Del Santo;
  • Il Progetto "Per Terra e Per Mare" ed il mito dell'isola di Mompracem, a cura di Corinne D'Angelo;
  • Mompracem, l'isola che c'era, a cura di Fabio Negro;
  • Le regine dei tagliatori di teste, a cura di Nicoletta Gruppi;
  • Conclusioni, a cura di Felice Pozzo;
  • Salgari & La Spezia: raccontiamo l'avventura, a cura di Corinne D'Angelo e Fabio Negro.
Per maggiori informazioni sul volume e conoscere le altre iniziative del Progetto "Per Terra e Per Mare" - Avventure e studi sulle orme di Emilio Salgari - è possibile visitare i siti www.emiliosalgari.it oppure www.perterraepermare.it
Il volume è curato e distribuito dalla redazione del sito www.emiliosalgari.it.
Chi fosse interessato a riceverne copia può richiederla scrivendo all'indirizzo e-mail: redazione@emiliosalgari.it

martedì 26 gennaio 2010

Esistono veramente le rose blu?


L'altro giorno mi sono imbattuto in uno strano ritrovamento. Si trattava di una strana rosa blu, spiccata dal gambo e abbandonata sul cemento del marciapiede, dove giaceva semicalpestata e offesa.
L'ho raccattata, chiedendomi, se non fosse una rosa mutante o il prodotto di una mutazione genetica volutamente indotta. Ho fatto, spinto dalla curiosità una veloce ricerca in internet e questo è quello che ho trovato.

MA ESISTONO LE ROSE BLU?
(da http://www.compagniadelgiardinaggio.it)

Le rose blu non esistono in natura, come non esistono dalie, crisantemi o peonie blu; ma allora perché si sente tanto parlare di "rose blu" offerte in dono, regolarmente acquistate dai fiorai?
La risposta è che le cosiddette "rose blu" che si possono acquistare recise in negozio, non sono altro che rose bianche immerse in una soluzione colorante, o semplicemente spruzzate con uno spray color azzurro.
Questo accade non solo per le rose, ma anche per i crisantemi, che vengono spesso spruzzati di azzurro o di verde durante il periodo di Tutti i Santi.
A dire il vero ci si sorprende non poco di come per molti questo effetto – visibilmente artificiale – risulti invece "naturale", al punto di indurli a credere che esistano effettivamente delle varietà di rose color blu cobalto.
Confesso a cuore aperto di avere una forte avversione per questo tipo di trattamento riservato ai fiori, che dovrebbero essere accettati con i colori che hanno o che l'ibridazione gli regala, e non a tutti i costi trasformati in qualcosa che non sono e che è estraneo alla loro natura. Sotto il segno del consumismo, per molti una rosa blu è una curiosità, una rarità, un regalo più costoso e quindi più prezioso, ma purtroppo non è così: una rosa blu finta è peggio di qualsiasi rosa vera, anche di un colore insignificante, persino se un po' sgualcita, bucherellata e spampanata.
Le rose contengono quelle molecole, i delfinidi , che danno ai fiori colorazioni azzurre o celesti, ma a livello "sopito", per cui non sarà mai possibile ottenere per ibridazione una Rosa di colore azzurro pieno.
Nel 2004, dopo 14 anni di ricerche, la Florigene di Melbourne è riuscita a produrre la prima “rosa blu” con le tecniche dell'ingegneria genetica.
Questa Rosa OGM è verrà introdotta sul mercato giapponese nel 2009.
La Florigene, ditta giapponese del Suntory Group, con sede in Australia, era già famosa nel campo della creazione di nuovi ibridi geneticamente modificati per aver introdotto i garofani blu della serie 'Moon' (commercializzati in Europa dal 2007).
In quel caso, dicono gli esperti, è stato piuttosto semplice introdurre il gene del colore azzurro all'interno del DNA di un fiore che ne è privo, mentre molto più difficile è stato ottenere una “rosa blu” che tendesse al cobalto, poiché le rose possiedono già la molecola del colore azzurro (un enzima chiamato Delfidina, come i Delphinium), ma nelle rose questo enzima si rivela poco efficiente.

La creazione della Rosa blu (da hypography.com)
I ricercatori australiani sono riusciti ad aumentare nei petali delle rose la concentrazione di Delfidina, un pigmento estratto dalle pansè. La difficoltà di questo processo sono state aumentate dalle alte percentuali di Ph. La Florigene fa sapere che i risultati sono incoraggianti e che si tenderà ad ottenere nuove varietà più pallide ed ancora più azzurre. Per ora le rose azzurre potranno essere solo importate in Italia, sicuramente a prezzi non economici.
Ai posteri l'ardua sentenza sull'utilità.
Ma – ci domandiamo – siamo poi sicuri che una rosa azzurra ci piaccia davvero?
Non è che cerchiamo soltanto di soddisfare la nostra brama di assoggettare la Natura, di possedere tutto in mille versioni di colore?
È certo che una rosa blu sarebbe un grosso affare per il mercato delle rose da taglio: se consideriamo che all'inizio del 1800 fu promesso un premio di 1000 sterline per chi riuscisse ad ibridare una dalia blu, ci rendiamo conto di che tipo di cifre ruotino attorno al mercato delle novità da fiorista.
Proprio in virtù di questo, ma anche del genuino entusiasmo e della sana curiosità di molti ibridatori (nonché dell'incessante lavorio della Natura), esistono moltissime Rose che hanno delle tonalità che si avvicinano molto al malva, al lavanda, al viola ed al porpora.

domenica 17 gennaio 2010

La ragazza della porta accanto: il vero orrore è nella faccia oscura del quotidiano

The girl next door è anche un romanzo sulla perdita dell’innocenza dell’intero paese. Io volevo assolutamente che il microcosmo che mettevo in scena contenesse sia il lato allegro e le facce felici dell’America anni ’50, sia il lato oscuro che vi si annidava sotto e questo aspetto si è andato sviluppando piano piano, quasi spontaneamente (Jack Ketchum)

La ragazza della porta accanto (per i tipi della Gargoyle Books, 2009) è il secondo romanzo di Jack Ketchum, nom de plume di Dallas Mayr, ad essere pubblicato in traduzione italiana (ha visto la luce nell'estate 2009, il suo romanzo Red pubblicato da Mondolibri), ma il primo ad avere gli onori dell'hard cover: un fatto rimarchevole, visto che in patria, Ketchum non è mai riuscito a ottenere - a torto - un simile prestigio, rimanendo confinato - malgrado la sua fiorente, e varia, produzione narrativa - all'editoria pulp (una tipologia di libri che, negli Stati Uniti, come è noto, sono i più economici tra i tascabili).
La sua pubblicazione in hard cover riflette, peraltro, l'alta considerazione che gli tributa Stephen King, collocandolo tra i maggiori scrittori mainstream e non semplicemente di genere.
La ragazza della porta accanto è davvero libro straordinario! Ha dunque ragione Stephen King che, dall'alto della sua fama, non esista ad inchinarsi davanti alla prosa di Jack Ketchum, considerandolo uno dei maggiori scrittori americani contemporanei e accostandolo addirittura a Cormac McCarthy, il quale - non fosse stato per l'inatteso boom editoriale di Cavalli selvaggi - sarebbe probabilmente rimasto confinato al ruolo di scrittore serie B, pressocchè misconosciuto alla massa dei lettori consumistici.
Per King, Ketchum - scrittore poliedrico e versatile, dalla prosa asciuta, incisiva, evocatica, - è un fenomeno cult, con importanti punti di contatto con un altro writer di noir - in questo caso - Jim Thompson che, in vita, ebbe ben poco successo e che viene riscoperto solo in questi ultimi anni.
The girl next door è ben scritto, ben tradotto, con un ottimo apparato critico, comprese le note che al lettore europeo consentono di contestualizzare immediatamente alcuni riferimenti, specifici della cultura USA anni '50 che risulterebbero altrimenti ostici e, dulcis in fundo, anche l'approfondita postfazione (o "nota finale") di Stephen King.
Libro straordinario non significa romanzo facile da leggere: apparentemente piano e scorrevole, a tratti idilliaco nella rappresentazione della vita di un gruppo di adolescenti - divisi come sono tra battute di pesca al fiume vicino, partite di Baseball, le prime trasgressioni come la sigaretta e la birra consumate di nascoste, la frequentazione della fiera paesana - man mano che si prosegue ti colpisce ripetutamente come un maglio nello stomaco e, ogni volta, un po' di più, con un abile equilibrio tra ciò che viene detto e raccontato da David, il ragazzino che fa da testimone-narratore parzialmente coinvolto e paralizzato da una sorta d'indifferenza emozionale (ma solo fino ad un certo punto) e ciò che, invece, viene omesso o taciuto.
Come in Dante che fa dire al Conte Ugolino a conclusione del suo atroce racconto: "E poscia più che il dolor, potè il digiuno". E non c'è bisogno che Ugolino aggiunga altro per far comprendere come si conclude la sua storia. L'atrocità maggiore viene narrata (rappresentata) attraverso un ellisse, con un vuoto di parola.
Il tema proposto da Ketchum, quello dell'abuso e della violenza perpetrata su di una minore, impossibilitata a difendersi e tenuta quasi in ostaggio facendo leva su di un odioso ricatto affettivo, è molto attuale alla luce di tanti fatti di cronaca che si sentono oggi come anche quello - altrettanto importante - dell'abuso/violenza sia fisica, ma soprattutto morale, ai danni dell'infanzia e degli adolescenti, con in più l'aspetto inquietante dell'"addestramento" alla violenza da parte di un adulto/leader.
E' una sorta di enunciazione in corpore vili delle teorie di Zimbardo, elaborate a partire dagli studi di Milgram, sul fatto che chiunque, messo in una situazione favorente e sottoposto alle istruzioni provenienti da una persona al quale si attribuiscono autorevolezza e potere, può compiere anche le azioni più efferate ai danni di un altro (Stanley Milgram, Obbedienza all'autorità, Einaudi, 2003; Philip Zimbardo, L'effetto Lucifero. Cattivi si diventa?, Raffaello Cortina Editore, 2008). Tali teorie sono state ampiamente semplificate nel breve romanzo della belga Amélie Nothomb, Acido solforico e nel film - in stile docufiction - L'onda, a questo romanzo ispirato.
E' una riflessione cogente su quanto la spersonalizzazione dell'altro e il ridurlo ad un mero oggetto possa avere effetti altrettanto devastanti nel liberare quote sempre più alte di aggressività e violenza: è noto che la spersonalizzazione dell'Altro da sé, la sua reificazione, sono alcuni dei meccanismi alla base della psicologia del serial killer e furono ampiamente utilizzati nei campi di concentramento nazisti e, purtroppo, in alcune esperienze concentrazionarie di moderni scenari di guerra, sino ad arrivare allo scempio di Abu Graib, in Iraq.
E, infine, è anche un magistrale studio applicato sulle moderne teorie della psicologia dell'indifferenza, (si veda al riguardo lo studio di Adriano Zamperini, L'indifferenza. Conformismo del sentire e dissenso emozionale, Einaudi, 2007), a proposito di come possa accadere che un'intera comunità, pur sapendo che qualcosa di terribile sta accadendo possa tacere e far finta di niente.
E' infine un romanzo sulla perdita dell'innocenza e sulle ferite indelebili che l'esposizione a certi stimoli può lasciare aperte in una mente giovane ancora in formazione, sino a segnare pesantemente buona parte dell'evoluzione futura della sua vita.
E, in entrambi i casi, vale il principio (sancito anche dei codici penali) che osservare lo svolgersi di un fatto criminoso (o comunque contrario ai propri principi morali) o sapere che tale fatto sta accadendo e non far nulla (per quanto sia nelle proprie possibilità) per impedirlo, equivale ad aver commesso quel fatto. Non c'è alcuna diluizione della responsabilità, fatti salvi - ovviamenti - dei plausibili ed inoppugnabili impedimenti). Da qui scaturisce la complessità della figura di David, insieme narratore e testimone, coinvolto in uno slittamento progressivo nella perdita di saldi ancoraggi morali e nell'azione criminosa e poi capace di distanziarsene per compiere un ultimo atto di giustizia, che tuttavia non ripara al male fatto.
Il racconto di Ketchum che è ispirato - come apprendiamo da una postfazione da lui stesso scritta - ad un reale fatto di cronaca accaduto nei tardi anni '60, ma antedatato - rispetto a quel fatto - di circa dieci anni, con l'ambientazione in una quieta cittadina satellite della metropoli, di tipologia quasi rurale, rimanda - almeno all'inizio - per le sue atmosfere provinciali, dominate da consuetudini e ritualità inamovibili a Stand by me di S. King, con una svolta dura e da incubo che prende piede in modo insidioso, mentre il tema dell'iniziazione adolescenziale in King rimane sempre alquanto diffuso e favolistico, pur contemplando l'impatto con la morte e il dolore e, in genere, con il perturbante.
Lo slittamento temporale all'indietro rispetto a quel fatto di cronaca Ketchum lo motiva con la necessità di far sviluppare la sua storia in un ambiente che
gli fosse più congeniale sia geograficamente, sia per riferimenti sociali e culturali.
Quando ero bambino la strada di casa mia era un vicolo cieco in cui ogni abitazione era piena di ragazzini nati a ridosso della guerra. Mi sono immaginato quella donna [quella del fatto di cronaca nera realmente accaduto] fare quelle cose proprio qui, E poi, se sei uno cresciuto negli anni Cinquanta, conosci il lato oscuro di quell'epoca. Tutte quelle piccole, soffici e impenetrabili bolle di segretezza e repressione pronte a scoppiare come pustole. Regnava il perfetto tipo di isolamento, riempito da quella nutrita schiera di personaggi mutanti che imperversavano alla televisione... (Jack Ketchum, A proposito de La ragazza della porta accanto, pp. 271-272).
L'orrore, quello vero, ci dice Ketchum si nasconde nel pieghe del quotidiano, dietro veli di apparente normalità o dell'iper-normalità del periodo maccarthista.
Ma c'è, indubbiamente, anche il rimando a Il signore delle mosche di Golding che pone il tema della degenerazione dell'istanza normativa nel momento in cui viene meno la funzione regolatrice dell'adulto o quando - ancora peggio - è l'adulto stesso a sobillare e a plagiare, abbattendo il limite della naturale eticità dell'infanzia.

La sintesi del romanzo, proposta nel primo risguardo della sovraccoperta.

America rurale, anni Cinquanta.
David ha 12 anni e incarna il prototipo dell'adolescente medio.
Frequenta gli altri ragazzi del vicinato e comincia a sviluppare un certo interesse per il sesso femminile. Quando le sorelle Meg e Susan Loughlin si trasferiscono a vivere nella casa accanto, David è felice dell'opportunità di ampliare il proprio giro di amicizie, anche se Meg, che incontra per prima, è un paio d'anni più grande. I genitori delle due ragazze sono rimasti uccisi in un incidente d'auto, e le sorelle Loughlin sono state affidate alla vicina di David, Ruth.
Ma Ruth, in apparenza ottima madre di famiglia, nasconde una vena di sadismo e alienazione, che sfoga dapprima sottoponendo le ragazze a percosse sempre più violente e dolorose, poi dando vita a una serie di torture fisiche e psicologiche di cui David e gli altri ragazzi del vicinato divengono testimoni e, in qualche modo, complici inconsapevoli. La polizia non prende sul serio le denunce di Meg: l'unica speranza per lei e la sorella è nell'aiuto dell'amico David. Riuscirà a salvare le sorelle prima che sia troppo tardi?

Del romanzo è stata fatta una trasposizione cinematografica, mai giunta sul grande schermo delle sale italiane, una trasposizione cinematogriche che, nelle grandi linee è stata approvata da Ketchum che l'ha ritenuta aderente al suo testo e alle sue scelte narrative "tecniche" per poter raccontare di fatti talmente duri ed indicibili, cioà introducendo il punto di vista di un osservatore parzialmente coinvolto, ma con dei margini di innocenza che gli consentono un riscatto finale, per quanto tardivo.

Il film di Gregory Wilson, del 2007, venne intitolato "Jack Ketchum The girl next door" perchè non si confondesse con The girl nex door, una commedia brillante molto nota e popolare di alcuni anni prima.
Clicca qui per visionare il trailer del film.
Breve nota bio-bibliografica su Jack Ketchum

Jack Ketchum è lo pseudonimo usato dallo scrittore americano Dallas Mayr, autore controverso, esaltato e celebrato da autentiche icone del calibro di Steèhen King, attaccato spesso dalla critica ufficiale per la crudezza delle sue ambientazioni e il sadismo dei suoi personaggi. Mayr trae infatti ispirazione per le sue opere dalla violenza offerta dalla realtà che ritiene essere fonte di orrore principe, ancor più dell'immaginazione. Vincitore di numerosi Bram Stoker Awards, Mayr ha scritto anche libri che hanno avuto importanti adattamenti cinematografici: oltre a La ragazza della porta accanto, Red e The lost
A proposito del nom de plume di Dallas Mayr, scrive Stephen King con il suo consueto gusto per il macabro:
Non mi è sembrato che "Jack Ketchum" sia uno di quei nomi d'arte buttati lì a caso, mi è sempre sembrato piuttosto un nom de guerre... e di quelli che calzano a pennello. Del resto Jack Ketch in Inghilterra sin da quando ci sono state le impiccagioni, è stato per generazioni il soprannome del boia; e, nei romanzi del suo omonimo americano, non sopravvive mai nessuno: la botola si apre sempre, il cappio si stringe inesorabilmente, e perfino a qualche innocente può capitare di morire impiccato." (dalla Nota finale di Stephen King, p. 277.
E, tra l'altro, John Price, comunemente chiamato Jack Ketch, fu un boia realmente esistito ai tempi di re Carlo II d'Inghilterra (XV secolo) e fu noto per l'efferato sadismo con il quale portava a termine le esecuzioni che gli erano assegnate.

sabato 16 gennaio 2010

Sempre il mare, uomo libero, amerai!

Un saluto dalla Sicilia... Il mare un po' tempestoso, forse... Ma penso che sia bello lo stesso...
(foto di Maurizio Crispi)

"Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal suo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d'ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!"

Charles Baudelaire (I fiori del male, 1857)

domenica 10 gennaio 2010

Joseph Sheridan Le Fanu e gli investigatori dell'occulto: un narratore tra horror e sensation novel

Joseph Sheridan Le Fanu

Joseph Sheridan Le Fanu, nato e vissuto a Dublino tra il 1814 e il 1873, oltre ad aver svolto la professione di avvocato, è divenuto noto come scrittore che venne ricordato soprattutto per le sue storie ricche di incursioni nel paranormale con il contorno di vampiri ed altri esseri fantastici. La sua produzione letteraria fu particolarmente vasta e annovera romanzi e racconti, alcuni dei quali tuttora inediti in Italia.
La sua notorietà – ma sempre ad un pubblico di nicchia – è legata all’essere stato autore del magistrale romanzo breve Carmilla che ispirò il cineasta Dreyer nell’elaborazione di uno dei primi film del muto che ebbero come protagonista un vampiro.
La sua caratteristica principale fu quella di dar vita a racconti presentati non come come prodotto di finzioni ma come veri e propri “casi” indagati da “investigatori dell’occulto”, di cui il Professor Van Helsing nel Dracula di Bram Stoker fu indubbiamente uno dei più illustri rappresentanti, ma è possibile citare anche John Silence, inventato dalla fervida mente di Algernon Blackwood, per non parlare di altri personaggi, quali Thomas Carnacki (creato da William Hope Hodgson), "l'Antiquario" (Montague Rhodes James), Gideon Fell di John Dickson Carr. E a questi, nel campo della narrativa contemporanea, si può aggiungere l'aristocratico Adam Sinclair, creato dalla penna di Katherine Kurtz e Deborah T. Harris e protagonista di numerosi romanzi - a partire da La loggia della lince - che lo vedono costantemente impegnato in una lotta con il Male, senza respiro
Si tratta di un genere che s'è mantenuto in pieno rigoglio sino ai nostri giorni, pur con delle dovute trasformazioni che ne adattassero la sostanza (il riferimento a misteri insondabili, la cui verità si può soltanto sfiorare, e mai veramente conoscere) ai mutamenti di gusto, di sensibilità, all'avvento di nuove tecnologie e al superamento di barriere cognitive prima ritenute impensabili. In fondo, le avventure di Fox Moulder e Dana Scully e gli X-Files si pongono esattamente in questo filone, di cui sono appunto l'incarnazione più moderna.
Le cinque storie dell’antologia di Le Fanu, In a Glass Darkly, hanno infatti come comune protagonista il Dottor Hesselius, che affronta vari casi al limite del paranormale con spirito analitico, individuandone le eventuali implicazioni soprannaturali.
Inoltre, ispirato dal folklore della sua terra natale, l'Irlanda, Le Fanu è autore di una saga il cui tema potrebbe essere descritto come la Sopravvivenza degli dei antichi (gnomi, fate, mostri leggendari, unicorni tra i tanti). Gran parte di queste storie sono presentate come resoconti dell'ecclesiastico Padre Purcell (anche questo da collocare nella galleria degli investigatori dell’occulto): un espediente narrativo che dà un velo documentaristico a questa sua specifica produzione.
Il gallese Arthur Machen si ispirò a questo filone delle opere di Le Fanu, per le sue storie tra paganesimo e cristianesimo, tra le quali Il grande dio Pan è uno dei più riusciti e magistrali esempi.
Le Fanu fu tra i primi a riportare il mito del vampiro nel suo luogo d'origine con il romanzo Carmilla. La vampira protagonista dell'opera è un personaggio complesso, una creatura saffica e morbosa che racchiude in sé tratti di una lunga tradizione di vampiri letterari, dalla Christabel di Samuel Taylor Coleridge (1801-1816) a Il Vampiro di John William Polidori (1819), e - decisamente - anticipa il Dracula di Stoker.
Due sono gli elementi stilistici che s'innestano nell’opera narrativa di Le Fanu: da un lato, gli stilemi propri della nascente letteratura dell’orrore (di cui Carmilla è il migliore esempio), dall’altro quelli della narrativa “a sensazione” che poi confluirà in quel filone definito “mistery”.
In questo secondo raggruppamento, i racconti di Le Fanu resistono alla tentazione del ricorso al soprannaturale come causa ultima degli eventi di cui i protagonisti sono testimoni per chiamare in gioco piuttosto eventi misteriosi che rimangano in attesa di una spiegazione che, prima o poi, sarà possibile dare, ampliandosi le conoscenze degli investigatori dell’occulto.
Le
sensation novel (nate nel pieno rigoglio della letteratura gotica) ruotano attorno ad un mistero e al segreto che esso gelosamente crea e che mai potrà essere conosciuto veramente: ma solamento colto a sprazzi e a frammenti, tuttavia sufficienti a creare spiazzamento e turbamenti, proprio perchè alludono a qualcosa che sta al di là della capacità di comprensione umana.

E’ uscito alla fine del 2009, per i tipi della Gargoyle, Books un volume che contiene due racconti meno conosciuti di Le Fanu, rispettivamente L’ospite maligno e La stanza al Dragon Volant, nell’ambito di un progetto editoriale che ha già visto la pubblicazione, nel 2008, de Lo zio Silas, da alcuni critici considerato indiscutibilmente la migliore opera narrativa di Le Fanu.
Come tutte le opere di narrativa edite dalla Gargoyle Books, anche questo volume si contraddistingue per il rigore dell’apparato critico: dei due romanzi brevi solo uno era stato in precedenza pubblicato presso un'altra casa editrice (La stanza al Dragon Volant dalla Serra&Riva), ma senza un’adeguata presentazione e contestualizzazione. L'ospite maligno, viceversa, era assolutamente inedito in traduzione italiana.
Ed è sempre il benvenuto il ripescaggio di simili opere che, attraverso questo minuto lavoro di elaborazione, vengono ricontestualizzate e arricchite di vertici d’osservazione nuovi e più aggiornati che ne consentono una lettura più piacevole (ed agevole) con l’arricchimento derivante da una profonda conoscenza dei riferimenti culturali che, in modo sorprendentemente articolato, ne scaturiscono, aggiungendo importanti tasselli di conoscenza e riflessione al vasto capitolo della letteratura gotica.
L'ospite maligno: nella dimora di Richard Marston e della sua famiglia, l'omicidio di un ospite, Sir Wynston Berkley, è il punto di avvio di una complessa vicenda di adulterio, bigamia e suicidio, che si snoda intorno alla figura dell'ambigua e seducente istitutrice francese Eugénie de Barras, giunta dal continente per gettare sul suolo straniero il seme fatale della corruzione.
La stanza al Dragon Volant: il giovane e ricco Richard Beckett, in cerca di avventure nella Francia poco dopo la battaglia di Waterloo, scende al "Dragon Volant" alloggiando in una camera che in passato è stata teatro di misteriose sparizioni. Innamoratosi dell'affascinante contessa di St. Alyre, prigioniera di un matrimonio infelice, cadrà ben presto vittima di una banda di cospiratori che hanno architettato per lui un seppellimento prematuro.

Vampyr (1932) - Carl Theodor Dreyer

sabato 9 gennaio 2010

Sul web cominciano a comparire le prime lapidi virtuali. Vediamo cosa sono.



Dal "Messaggero Veneto", notizia del 3 novembre 2009 (sezione: PORDENONE)
Tre friulani su quattro hanno reso omaggio con fiori al caro estinto (nel sondaggio sui cimiteri di Coldiretti) e l’uno per cento dei pordenonesi ha celebrato il 2 novembre su internet.
Sono state 37, infatti, le lapidi virtuali, vale a dire on line, di Spilimbergo, Pordenone, Vivaro, Aviano, Casarsa della Delizia, Cavasso, San Vito al Tagliamento, Cordovado e Travesio nel “cimitero” del web www.funeras.it.
Sul sito, lanciato da un paio di settimane, la lapide-foto del caro estinto si materializza in un clic.
Il primo social network nordestino dedicato al culto dei defunti è un portale asettico, di servizi vari.
Necrologi, condoglianze, pensieri d’affetto, ringraziamenti, appuntamenti commemorativi e lapidi eternate dall’elettronica.
Lutti da tutta Italia e divisi per regione, provincia e paese. «Funeras - sono le istruzioni on-line - è il portale di riferimento per la promozione di tutte le onoranze funebri e le imprese del comparto funerario e cimiteriale. La pubblicazione del necrologio, con l’avviso di morte e le informazioni sulle esequie (epigrafe), consente la creazione e l’arricchimento del profilo del defunto».
Omaggio alla memoria perenne: vietato dimenticare i morti, nel sito commemorativo che permette l’interazione tra vivi. «Parenti, amici e conoscenti - continuano le istruzioni - vengono informati sulla data del funerale e possono manifestare il loro dolore con messaggi di condoglianze e dediche. I familiari ringraziano per la partecipazione al lutto e comunicano la data del trigesimo anniversario in memoria della scomparsa».
Cliccando www.funeras.it è possibile inviare le condoglianze: pubblicate con il nullaosta della famiglia.
Su un totale di 2 mila e 61 “lapidi” del Friuli, in provincia il testa a testa è tra Pordenone (10 lapidi virtuali) e Spilimbergo (7). (c.b.)

domenica 3 gennaio 2010

Perdas de Fogu e l'inquinamento ambientale da nanoparticelle

Perdas de Fogu (Massimo Carlotto&Mama Sabot, Edizioni E/O, 2008) è un noir mediterraneo, ambientato nella località sarda di Perdas de Fogu, sul tema dell'inquinamento ambientale da nano-particelle, conseguente all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito nel Poligono Interforze Salto di Quirra - Capo San Lorenzo in Sardegna (con una superficie terrestre e marina totalmente interdetta ai civili vastissima).
Le nanoparticelle si liberano conseguentemente all'utilizzo di materiali contennti uranio impoverenti, sottoposto ad elevate temperature, e rimangono a lungo nell'aria in forma di polveri sottili che poi penetrano per contatto o inalazioni negli organismi vegetali ed animali, provocando alterazioni cromosomiche e geniche.

Le operazioni condotte nel poligono interforze sono coperte da un rigorosa copertura di intelligence, come anche è stato mantenuto a lungo un opprimente velo di silenzio sulle sindromi che hanno colpito i reduci delle missioni italiane da zone di guerra dove è stato utilizzato l'uranio impoverito (sia tra i militari, sia tra il personale volontario).
Il romanzo di Carlotto/Mama Sabot svela con il suo intreccio fiction le interelazioni tra mondo della politica e malaffare nelle decisioni prese relative a queste attività attorno alle quali ruotano interessi miliardari, probabilmente senza alcun riguardo per l'inquinamento dell'ecosistema e delle conseguenze nefaste per la popolazione civile.
L'idea è buona.
Tuttavia, lo sviluppo della storia è scheletrico, appena un po' più di una buona sceneggiatura e, a tratti, anche confuso in una situazione in cui tutti sono nemici di tutti, in un intreccio inestricabile di politica e malaffare.

Ma è notevole, indubbiamente, l'attivazione d'interesse sulla località e sulla tematica.

In questo senso, i noir possono essere un ottimo modo per rivelare al grande pubblico temi di attualità scottante che il giornalismo d'inchiesta sulla carta stampata ed audiovisiva non può più portare alla luce, per il radicale imbavagliamento del giornalismo tradizionale sui temi più scottanti.

E allora, utilizzando il paravento della fictiom, sui tali temi, si può costruire un romanzo che, bene o male che sia scritto, può servire tuttavia come strumento di denuncia di una trama nascosta o di un malaffare.
I metodi dello scrittore che affronta queste particolari tematiche, nella fase preliminare di costruzione del romanzo (la raccolta del materiale), sono del resto analoghi a quelli impiegati dal giornalista d'inchiesta.

Nella realtà, le cose sono andate in una maniera un po' diversa, almeno per quanto concerne le dichiarazioni d'intenti e la volontà del Legislatore.
Se Massimo Carlotto e il collettivo di scrittori uniti Mama Sabot avessero potuto conoscere in anticipo le parole del Ministro della Difesa La Russa a proposito di uranio impoverito e propagazione letale di nano-particelle, la loro trama avrebbe potuto essere un po' diversa.
Poco dopo la pubblicazione del volume, La Russa ha infatti annunciato uno stanziamento di trenta milioni di euro per risarcire le vittime del cosiddetto “metallo del disonore”, come ammettere: "Effettivamente, l’uranio impoverito uccide”. Ed è così calato il sipario su silenzi e lunghe omertà.
Il provvedimento ha esteso i benefici non solo ai militari italiani che hanno svolto missioni all’estero, ma anche a coloro i quali hanno prestato servizio nei poligoni di tiro. Dunque, in teoria, anche all’interforze del Salto di Quirra.
La Russa ebbe a spiegare che il provvedimento
era stato avviato da Rifondazione con il parere positivo dell’allora opposizione di AN, a seguito di un’accurata indagine parlamentare sugli effetti dell’uranio impoverito nella zona di Perdas de Fogu.

Mama Sabot è un collettivo di scrittori di cui fa anche parte, tra gli altri, Francesco Abate, autore di diversi romanzi e coautore, assieme a Massimo Carlotto, di un altro noir di ambientazione mediterranea (
Mi fido di te) centrato invece sul tema delle sofisticazioni alimentari .
La trama
Sardegna 2008. Pierre Nazzari è un disertore ricattato e costretto a fare il lavoro sporco in operazioni segrete o illegali. Finisce nelle mani di una struttura parallela al servizio di un comitato d'affari locale e viene obbligato a spiare Nina, una giovane ricercatrice veterinaria che studia gli effetti dell'inquinamento bellico sugli animali nella zona del poligono di Salto di Quirra.
Mentre l'ex-militare tenta di conquistare la fiducia della giovane donna, il suo passato ritorna per chiudere un conto lasciato in sospeso. Entrambi saranno costretti a giocare una partita complicata e pericolosa il cui premio è la sopravvivenza.
Sullo sfondo un mondo di affaristi e politici, ex contractor e strutture di sicurezza private, militari e industrie di armamenti legati al grande business della produzione bellica. Frutto di una lunga e meticolosa inchiesta condotta da Massimo Carlotto e dal gruppo di scrittori uniti nella sigla Mama Sabot, "Perdas de fogu" segna il ritorno di Carlotto al grande romanzo d'inchiesta contemporaneo.
Un'indagine mozzafiato con una trama fitta di colpi di scena, il cui protagonista rappresenta una forte novità nel panorama del noir.
Una denuncia dei giochi sporchi di ambienti politici e militari ai danni della nostra salute e sicurezza.

Massimo Carlotto: nota bio-bliografica
Massimo Carlotto, nato nel 1956 a Padova, è uno dei maggiori autori europei di gialli.
E' anche autore teatrale, sceneggiatore e collabora con quotidiani e riviste. Attualmente vive a Cagliari.
Negli anni '70 fu al centro di uno dei più controversi casi legali della storia italiana: nel 1976 trovò il corpo di una donna accoltellata e tentò di salvarla, macchiandosi gli abiti di
sangue.
La giustizia non credette alla sua versione dei fatti, fu incarcerato e processato, conobbe la latitanza in Francia e in Messico.

Definitivamente condannato, nell'aprile 1993 il Presidente della Repubblica gli concesse la grazia.
Da quel momento, tornato libero, diventa scrittore esordendo nel 1995 con il romanzo autobiografico "Il Fuggiasco" (successivamente trasposto in film), storia lucida e dura della latitanza e della fine della sua vicenda giudiziaria.
Ha scritto due romanzi-reportage: Il Fuggiasco (ed. E/o, 1995) e Le irregolari (ed. E/o, 1998) sul tema della prostituzione; il romanzo noir Arrivederci amore, ciao, nonché cinque gialli della serie di noir l'Alligatore (un investigatore sui generis, fuori dalle righe che conoscenza però perfettamente il sottobosco della delinquenza e dei loschi traffici che stanno subito sotto l'imprenditoria avventuristica del Nord Est (ma negli anni '90, prevalentemente): La verità dell'Alligatore, Il mistero di Mangiabarche, Nessuna Cortesia all'uscita (premio Dessì 1999 e menzione speciale della giuria premio Scerbanenco 1999), Il corriere colombiano, e Il maestro di nodi (uscito per le Edizioni e/o nel 2002).
Per le Edizioni E/o sono anche usciti L'oscura immensità della morte, Niente, più niente al mondo, mentre a settembre 2005 è uscito Nordest, scritto a quattro mani con Marco Videtta. Negli ultimi anni, a partire da questa esperienza, si sono moltiplicate per Carlotto le colaborazioni con altri scrittori emergenti, come è stato appunto per il recente Perdas de Fogu.
Il suo più recente romanzo
è stato, L'amore del bandito, in cui ritorna ancora una volta L'Alligatore, uscito nel 2009.

sabato 2 gennaio 2010

I sogni e le ossessioni dello scrittore in una serie di disegni con una penna stilo che fa da protagonista



Scrivere di Daniel Pennac (Archinto, 2008) è un libro tutto da guardare.
Da leggere, c'è soltanto la breve - ma esaustiva - premessa dell'autore che ci rivela il senso di questa serie di disegni che, in origine, in Francia vennero pubblicati come raccolta di cartoline.
Racconta Pennac che da piccolo, quando imparava a scrivere, aveva l'incoercibile tendenza ad operare una "deriva" del segno scritto che da lettera si trasformava per trasformazioni successive in disegno, che andava ad occupare il margine delle lettere scritte: era come se le lettere dell'alfabeto, si animassero, diventando altro e acquistando vita autonoma.
Continuò ad accadere la stessa cosa, quando il fratello Jean-Louis, avendo preso atto del desiderio di scrivere espresso dal giovane Pennac, gli regalò una penna stilografica, una marca prestigiosa oggi scomparsa.
Anche usando la penna stilografica, Daniel continuò a mantenere il vezzo del disegno che si animava a partire dalle lettere vergate: solo che adesso compariva in infinite varianti lo strumento stesso della scrittura, cioè la penna stilografica, sempre quella donatagli dal fratello.
In seguito mi misi a scrivere su un quaderno e a disegnare su un altro: una vittoria del margine sul testo, insomma.
Il giovane Pennac, avendo imparato a scindere la scrittura dal disegno creativo, potè avviarsi nella carriera di scrittore, lasciandosi tuttavia aperto uno spazio per poter continuare a coltivare la passione del disegno che, prevalentemente, continuoò ad avere per oggetto la sua penna stilografica in tutte le sue possibili significazioni simboliche e trasformazioni.
La penna stilografica è infatti, per chi esercita la professione di scrittore, un ogggetto altamente pregnante, anche se oggi la maggior parte di chi scrive (per passione, per hobby o per mestiere) utilizza programmi di scrittura.
Che la penna sia legata alle personali ossessioni di Pennac scrittore è testimoniato dal fatto che la galleria di disegni è suddivisa in tre parti: sognare di scrivere; scrivere; avere scritto; morire di scrittura.
Che, poi, a ben guardare sono quattro fondamentali momenti del ciclo di vita di uno scrittore.
Assolutamente godibile: un bel passatempo di 15-20 minuti.

(da IBS)
Un curioso album che raccoglie 50 disegni di Daniel Pennac che hanno come protagonista una penna stilografica. Una vecchia Waterman che, a seconda dell'umore dell'autore, si trasforma in termometro, fa la siesta su una sdraio, o si sbuccia come una banana. Qui, una mano lancia una stilografica, come fosse una freccetta, verso un bersaglio che nei suoi cerchi concentrici rappresenta i diversi premi letterari, là la stilografica si consuma nel posacenere come la sigaretta dello scrittore che sa che, forse, l'ispirazione si è ridotta a un mozzicone. C'è poi la stilo-bolide, la stilo-atleta pronta a correre i cento metri, la stilo-culturista. Ci sono le stilografiche simili a proiettili nella cartucciera del panflettista e la stilo che viene fucilata. Il tutto rappresentato con il consueto fine umorismo e l'acuto spirito di osservazione di Pennac, che in questo caso, anziché con le parole, si esprime attraverso il disegno.

Cenni biografici
Daniel Pennac, pseudonimo di Daniele Pennacchioni (Casablanca, 1º dicembre 1944), è uno scrittore francese. Già autore di libri per ragazzi, nel 1985, comincia - in seguito ad una scommessa fatta durante un soggiorno in Brasile - una serie di romanzi che girano attorno a Benjamin Malaussène, capro espiatorio di "professione", alla sua inverosimile e multietnica tribù, composta di fratellastri, sorelle veggenti, madre sempre innamorata e incinta, e a un quartiere di Parigi, Belleville.
Nel 1992, Pennac ottiene un grande successo con Come un romanzo, un saggio a favore della lettura.
«L'uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun'altra, ma che nessun'altra potrebbe sostituire».
Evita scritti autobiografici, per non tradire l'intimità familiare, e s'è autoimposto che, in ogni romanzo, debba avvenire sempre una nascita importante.
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