mercoledì 30 settembre 2009

Un'onda benevola e una bimba fanno conoscenza...


Un libro interamente illustrato, senza alcuna parola scritta, all'infuori del titolo.
Vi è rappresentata una storia di reciproca conoscenza tra il mare ed una bimba, sul liminare, in quella zona di confine costantemente mutevole dove si frangono le onde e dove, con il trascorrere delle ore e dei giorni, si alterna il gioco delle maree.
La bimba scopre il mondo meraglioso di ciò che sta sulla soglia del mare e che, periodicamente, dopo il frangersi dell'onda ed il suo ritrarsi, riemerge.
Ma c'è anche il gioco tra l'onda e la bimba, cui partecipano con nervosi voli tanti gabbiani, con tanti spruzzi e spuma bianca. E' un gioco, tuttavia, quando l'onda si gonfia e si solleva, che contiene anche alcuni elementi perturbanti di cui la bimba è ignara, sinoa quando non verrà tutta inzuppata dal frangente.
E' un tempo di osservazione un po' sognante, forse, lungo un giorno oppure che si protrae per il tempo della permanenza della bimba al mare.
Lo stacco (il ritorno alla realtà ordinaria) avviene quando Mamma arriva per chiamare la bimba: "S'è fatta ora - sembra dire - "E' tempo di andare!"

In questa storia per immagini è rappresentato magistralmente il modo in cui un bimbo per successivi approcci sempre più ravvicinati scopre un pezzetto del reale che è ancora del tutto nuovo ed inesplorato. Mostra anche come l'esplorazione più efficace avviene un po' distante da una presenza troppo assillante dei genitori e di adulti responsabili in genere. Sono un po' lontani, ma non troppo; ci sono eppure non si vedono; ma, certamente, rappresentano una base sicura, un appoggio, che può tornare a farsi presente nel momento in cui l'esperienza di contatto con un pezzetto di realtà si è fatta per quel bimbo troppo intensa.

Un libro che si "legge" in poco istanti, anche se, poi, ogni singola tavola può essere riguardata a lungo, anche in ordine sparso, non necessariamente in sequenza: ognuna di esse, in fondo, da sola, può raccontare un'intera storia.
Godibilissimo il volume; accurata - come è per i libri di Corraini - la veste editoriale.

La nota editoriale di Corraini (la casa editrice)


Quando le sue onde giocano e poi si ritirano, il mare lascia sulla spiaggia le conchiglie che portava con sé: una sorpresa inattesa!

Questo libro è la storia dell’incontro di una bambina con il mondo del mare: prima osservato curiosamente dall’esterno, poi sfiorato timidamente e infine “giocato” fra spruzzi e scherzi, con la compagnia di un buffo gruppo di gabbiani.
Fino a quando i loro mondi si incontrano con un’onda che colora tutto di azzurro, e si possono raccogliere le conchiglie come il regalo di un nuovo amico.

Le illustrazioni di questo libro sono state realizzate con carboncino e colori acrilici, e rielaborate digitalmente.

Suzy Lee è nata a Seoul, vive e lavora a Singapore. Dopo aver conseguito un Master of Arts in Book Arts presso il Camberwell College of Arts (2001), ha partecipato a numerose mostre ed esposizioni di book arts e pittura in tutto il mondo, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti.
Dopo Alice in wonderland e Mirror, L’onda è il suo terzo libro pubblicato da Corraini.

Per pura curiosità, il titolo
"L'onda" è già stato utilizzato diverse volte nella cinematografia e in letteratura.

Nel cinema:
  • L'onda - film del 1955 di Ermanno Olmi
  • L'onda - film del 2008 di Dennis Gansel

In letteratura:
  • L'onda - romanzo di Todd Strasser
  • L'onda - novella di Luigi Pirandello
  • L'onda - poesia di Gabriele D'Annunzio
  • L'onda. Una storia vera - un racconto autobiografico di Paola Vona

martedì 22 settembre 2009

Il braccio di ferro: uno sport che richiede rapidità e prontezza di riflessi, alla portata di tutti


Questa la notizia.
A Porto Viro (Rovigo) si è svolto dal 9 al 12 settembre, il 31° Campionato mondiale di braccio di ferro. Dal 6 al 12 settembre, la località polesana è stata invasa da atleti da tutto il mondo per disputare le competizioni delle varie categorie: 1600 atleti provenienti da 48 nazioni, 800 bicipiti in lizza per le diverse categorie di peso e di età. Era da otto anni che, in Italia, non si disputava in questa disciplina una manifestazione di questa portata che, quanto a numero di partecipanti ha il vanto di aver battuto città come Roma e Milano.
E’ portovirese anche il campione europeo Ermanno Marangon il responsabile dell’organizzazione del campionato. Nella sua squadra di Braccio di Ferro del Delta del Po "Team Eurobody", campione d’Italia nel 2009, ci sono ben dieci atleti selezionati per la Nazionale italiana.
“Questo è un evento di grande significato perché permette al nostro territorio di farci conoscere nel mondo e allo stesso tempo fornisce informazioni su questo sport così poco conosciuto” ha spiegato Marangon.


Una quantità di arm-wrestler si sono dunque dati appuntamento in questa piccola località polesana.
All’evento sono stati dedicati servizi televisivi che gli hanno dato la giusta rilevanza mediatica, pur trattandosi di uno sport di nicchia.

Chi ha visto il film com Silvester Stallone più di vent'anni fa ("Over the top", di cui segue una scheda esplicativa) é portato a pensare al braccio di ferro come a qualcosa di coreografico in cui uomini con montagne di muscoli e bicipiti grossi come lacerti si fronteggiano, scambiandosi sguardi belluini, lanciando urla bestiali, mentre le vene delle tempie e delle braccia si inturgidiscono a dismisura per lo sforzo.

Si é anche portati a pensare a incontri che durano diversi minuti, in un logorante confronto isometrico dei due rivali ciascuno dei quali aspetta di cogliere l'attimo in cui, con un fulminante strappo finale, potrá abbattere il braccio dell'avversario.
Niente di tutto questo.
Quelle immagini fanno parte della coreografia cinematografica e di un immaginario mutuato dall’atmosfera istrionica del wrestling.
I veri campioni di arm-wrestling - anche quelli appartenenti alle categorie di peso maggiori e muscolarmente più dotati - vincono soltanto se hanno prontezza di riflessi e velocitá nel passaggio dallo stallo iniziale alla fase dinamica rapida e bruciante.
Dunque, non c’è il più delle volte alcun contorcimento mimico, non ci sono vene che pulsano e muscoli pompati di sangue che si gonfiano a dismisura, non c'è, in definitiva, grande spettacolarità nel gesto atletico e nel duetto vincitore-soccombente.
Gesti rapidi, efficienti: ogni incontro si esaurisce in pochi secondi.

Sgombrato il campo da questo equivoco di fondo, va detto che braccio di ferro può essere davvero uno sport per tutti: sono sufficienti velocità, riflessi pronti e addestramento alla situazione specifica.


Over the top
Un camionista in disgrazia (interpretato da Sylvester Stallone) cerca di emergere ai campionati di braccio di ferro: deve procurarsi i soldi per comprare un camion nuovo e mantenere il figlioletto infinitamente caro, specie ora che è di recente morta la madre di famiglia altolocata e lui è andato a riprenderselo, suscitando le ire del suocero danaroso e altolocato, che disapprova il suo stile di vita.
Un film "on the road", con Sylvester Stallone che impartisce lezioni di vita al figlio, tentando di conquistarne l'affetto.
Il loro viaggio terminerà nel luogo dove si deve disputare il Campionato di braccio di ferro che Silvester vorrebbe vincere, poiché - come si è detto - ambisce al ricco premio in denaro in palio.
Quindi, il viaggio è anche inframmezzato dagli allenamenti che, per il figlio, servono pure da scuola di vita.
A poco a poco, il duro rifiuto e il disprezzo del figlio si ammorbidiscono, sino alla capitolazione finale, quando il duro match finale sancisce la vittoria di Silvester.
Il road movie si trasforma così in storia di formazione che strappa qualche lacrimuccia.

Un film che può piacere, per questi aspetti sentimentali.

Dal Morandini si evince, invece, un giudizio inutilmente severo: "Tutto è così prevedibile che sembra un melodramma messo insieme col computer; prima ci si irrita, poi a poco a poco ci si lascia quasi incantare da una spudoratezza così efferata. Un cocktail di Rocky e Incompreso".
Ma, in ogni caso, il film è interessante perché dà uno spaccato del mondo del braccio di ferro americano (anni Ottanta) che - per alcuni versi - ha le contaminazioni folcloriche e spettacolar-istrioniche del wrestling, come lo conosciamo oggi.

lunedì 14 settembre 2009

Nel nuovo romanzo di Claudia Priano il tema della violenza fisica e psicologica sulle donne


Proprio questa mattina ho finito di leggere l'ultimo romanzo pubblicato di Claudia Priano (per me, il primo dei suoi romanzi che mi capita di leggerei).
L'acquisto del libro è avvenuto causalmente: di esso mi hanno intrigato il titolo, ma anche il nome della protagonista e voce narrante della storia: Margherita...
Il romanzo è essenzialmente una storia di solidarietà tra donne e una riflessione sulle molte forme di violenza (da quella sottilmente psicologica a quella fisica sino alle ferite e alle lesioni) che gli uomini infliggono alle donne in un intreccio che non trascura di toccare anche il tema di quella sottile ed indefinibile forma di violenza degli uomini che è l'assenza, la distrazione, il poco interesse.
In appendice, giusto per dare sostanza documentaria alla vicenda narrata, infatti, è riportata una sintesi dei risultati della ricerca Istat 2007 sul fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne.
Il romanzo della Priano ha, dunque, anche una valenza fortemente sociologica, ma nello stesso tempo gioca delicatamente sui sentimenti e sulle angoscie di Margherita che, anch'essa del tutto sola (il suo compagno impegnato come giornalista in un lontano teatro di guerra è del tutto assente), per potere essere d'aiuto ad Anna, la fragile dirimpettaia abusata dal marito ed incapace di ribellarsi, dovrà lavorare sui suoi ricordi d'infanzia più penosi, imparando anche ad acquisire la consapevolezza che alcuni problemi si possono superare più facilmente se si riesce a costruire una rete di solidarietà amicale tra donne.
Il ritmo lento della narrazione non disturba, anzi, aiuta alla costruzione, nella prima parte del romanzo, di un'atmosfera fortemente claustrofobica, in cui le ansie di Margherita sono amplificate dal riversarsi - nel suo spazio privato - dei terrori di Anna e favorisce lo sviluppo dell'altro importante leit motiv che è quello di solitudini che si uniscono generando conforto, accoglimento, possibilità di aiuto.
Decisamente un bel romanzo. Non mi ha annoiato. Anzi, mi ha appassionato. Non riuscivo mai a fermarmi quanro avrei voluto...

Claudia Priano, Smettila di camminarmi addosso, Guanda, 2009

Questa, in sintesi, la storia narrata nel romanzo:
Margherita, scrittrice e donna in crisi, va a vivere in una nuova casa con il suo compagno. Ma lui, Sergio, giornalista e corrispondente di guerra, è sempre assente e lei deve affrontare il trasloco e le difficoltà del cambiamento da sola. Nel silenzio del nuovo appartamento, forse per distrarsi, comincia a prestare attenzione alle voci e ai rumori del palazzo. Così, a poco a poco, incredula, dubbiosa, ascoltando quello che le arriva attraverso una parete più sottile delle altre, finisce per scoprire l'inquietante e ambigua realtà di Anna, la sua vicina, una donna con due figli, picchiata e maltrattata dal marito. O è solo il frutto della sua immaginazione? Un eccesso di fantasia in un momento di fatica e di debolezza? Margherita, a distanza ogni giorno più ravvicinata, scruta Anna, la sua famiglia in apparenza normale. E in quella donna, nei suoi lamenti che filtrano dalle pareti, in quel segreto imprigionato tra le mura domestiche, lei si riflette, quasi in un gioco di specchi, che la disorienta e la sorprende.

Claudia Priano è nata e vive a Genova. Per Aliberti ha pubblicato i romanzi Cose che capitano (2006) e Con il cuore leggermente indolenzito (2007). Per Kowalski, Medicina generale (2007), trasposizione romanzata della fiction di Rai Uno. Collabora con il quotidiano online www.mentelocale.it.


Nella foto, Claudia Priano, autrice di "Smettila di camminarmi addosso", Guanda 2009

domenica 13 settembre 2009

Uno strano sogno: la mantide esibizionista amante della pittura


Tutto inizia così.
Sto passeggiando con Frida che, ad un certo punto, si ferma e si mette seduta, continuando a fissarmi.
Io per un po' mi allontano (evidentemente, Frida non era al guinzaglio) e poi mi giro a guardarla.
E' sempre seduta che mi fissa. Ma noto, sullo sfondo chiaro del marciapiede di cemento, che - accanto a lei - vi è un esserino identico, ma proprio minuscolo, nella stessa identica postura.
Cosa sarà mai? Mi avvicino per guardare meglio, con cautela per non impaurire la creaturina.
Mi avvicino e osservo con attenzione.
Di cosa si tratta?
Non ci crederete...
Certo, non sono bravo in entomologia: ma quello che vedo dovrebbe essere simile o a un grillo oppure ad una mantide religiosa.
L'armaluzzu è sicuramente di un bel colore verde brillante.
Ma la cosa più curiosa di tutte è che è accomodato nella tipica posizione seduta dei cani.
Il lato meraviglioso della faccenda non finisce qui: dopo un attimo l'esserino - la mantide, così la chiameremo per convenzione narrativa - comincia a muoversi e s'addentra in un ciuffo d'erba cresciuta tra gli interstizi del cemento...
Io penso che sia scappata, intimorita dalla mia eccessiva vicinanza, oppure che sia andata a rifugiarsi in una tana.
Invece no. Ritorna spavalda, reggendo tra le esili zampine anteriori un piccolo quadretto di legno dipinto di dimensione commisurate alle proprie e comincia a trasportarlo.
Il quadro ha un'immagine che vedo distintamente, ma ora - raccontando - non saprei più dire di cosa si trattase.
Io dico tra me e me: "Wow!!! Ho a che fare con lo scoop del secolo! Devo assolutamente documentare questo momento!"
Tiro fuori dalla tasca il mio I-phone e, con dita impacciate, comincio ad armeggiare per scattare una foto.
Ma, come da copione in questi casi, non ci riesco.
Sbaglio clamorosamente, attivo altre applicazioni. Esce fuori un jack-in-the-box, poi si trasforma in pistola ad acqua con tanto di spruzzo, fa più volte beep beep come un clacson d'auto d'epoca e diventa perfino un coltellino svizzero, ma niente foto.
"Pazienza! - mi dico - ho perso l'occasione".
Quando mi riprendo dalla confusione, noto tuttavia che la mantide non è scomparsa, ma si è soltanto spostata in un luogo più elevato: in particolare sulla cassettina dei citofoni del vicino ingresso condominiale, dove ha disposto il quadretto in bella vista - come fosse in una pinacoteca - per posizionarsi di nuovo seduta sul suo bordo superiore e, da lì, ferma ad osservare con fierezza il mondo.
"Ho a che fare con una mantide spavalda ed esibizionista! Orsù, non tutto è perduto!" E, di nuovo, mi accingo a scattare la fatidica foto.
La mantide sembra soddisfatta dei miei armeggiamenti e si sposta di continuo per assencondarmi e per essere sempre a favore di obiettivo.
Riesco così ad inquadrare dei bei primi piani. Una foto, due, tre, quattro. E magari, spinto dall'entusiasmo anche cinque e sei...
Sei: penso dii averne a sufficienza e mi fermo.
[stacco]
Arrivo al Diving dove mi stavo recando.
La sede non è nel solito posto, ma in una specie di carrozzone-caravan.
All'interno c'è anche Margo, ed altri, ma nessuno di quelli che già conosco.
Appena entrato, con concitazione, prendo a raccontare la mia avventura e del motivo per cui sono arrivato tanto in ritardo.
Parlo, racconto, la voce rotta dall'emozione.
Ma nessuno mi dà conto più di tanto.
Capisco che tutti pensano - forse, all'infuori di Margo - che sto sparando cazzate a tutto spiano.
"I'm not talking bullshit!"
Allora penso "Ma io ho la prova di ciò racconto" e metto mano all'I-phone.
Prima di arrivare alla galleria fotografica mi impappino di nuovo con le dita, attivando diecimila altre funzioni: questa volta, la bussola, le previsioni meto, google earth e perfino il navigatore satellitare, per non parlare dell'immancabile e beffarda pernacchia che scaturisce dal profondo delle sue viscere.
Insomma, per un attimo, mi sento un paperino.
Per farla breve, finalmente entro nella galleria fotografica e comincio a far scorrere le immagini avanti ed indietro...
Niente, non c'è niente, nessuna delle foto che credevo di aver fatto.
Margo, Margo, ma almeno tu mi crederai, spero!!!
Mi sveglio di colpo (non è vero: il sogno continua ancora per un po' ma non me lo ricordo più bene) e mi ritrovo con l'I-Phone in mano e penso alla classica frase: "Allora era tutto un sogno!!!".
Ma non si sa mai! Prima di affermarlo con assoluta certezza, voglio dare controllatina alle gallerie di immagini: chissà che le foto della mantide esibizionista ed amante dell'arte pittorica non ci siano veramente!!!

domenica 6 settembre 2009

Rock Symphony: un pompaggio mediatico all'eccesso, ma - a conti fatti - deludente lo spettacolo


Palermo, Teatro della Verdura, 4 settembre 2009 - Rock Symphony
Live Concert. The rock greatest Hits in Symphony.

Una combinazione di orchestra sinfonica e di classici del rock, interpretati da vocalist emergenti dal mondo di X Factor e con la partecipazione di Eleonora Abbagnano nelle coreografie di Patrick de Bana.
Gran pieno alla prima serata, deflessione delle vendite di biglietti per la seconda serata palermitana, annullata la serata prevista ad Agrigento. Uno spettacolo decisamente inflazionato e pompato oltre misura, rispetto alle sue effettive qualità.
Sì, i giovani talenti (come Daniele Magro, Serena Abrami, Sagi Rei, Noemi) selezionati hanno mostrato di possedere del talento vocale, chi più chi meno (come ad esempio Noemi che ha mostrato di possedere delle qualità vocali che potrebberlo portarla lontana), ma presenza scenica minima e scarsissima capacità di trascinamento. I curatori d'immagine delle talentuose promesse non sono nemmeno riuscite a farli presentare in scena in modo impeccabile: le loro mise lasciavano a desiderare e non miglioravano certo il loro aspetto generale. Lo spettacolo si è salvato grazie a singoli camei: un bravo chitarrista e un batterista altrettanto valente che, nell'interpretazione di un classico dei Deep Purple, si sono lanciati in un duetto (con il resto dell'orchestra che, fortunatamente, taceva).
Massacrati altri pezzi, come il "Light my fire" dei Doors, sia nell'arranggiamento musicale (irriconoscibile nell'esordio), sia per la voce non certo felice (in questo specifico brano) di Daniele Magro.
Mon parliamo poi dell'attacco del dylaniano "Knockin'on heaven's door": assolutamente distrutto nell'incipit..
I brani scelti per la seconda parte perdevano anche quell'effetto di trascinamento sonoro di quelli della prima parte, perchè erano tutti mediamente più lenti.
Insomma, nel complesso, un concerto deludente, assai al disotto di altri spendidi spettacoli che ci ha offerto il Teatro della Verdura quest'estate e che, purtroppo, sono stati assai meno (e negligentemente) trascurati dai media.
Il palco, in questo concerto, ero preso d'assalto dai cameraman con una presenza quasi disturbante.
Per lo spettacolo di sabato 5 settembre erano rimasti invenduti circa 300 biglietti che sono stati offerti con lo sconto promozionale del 30% per cercare di colmare i vuoti di pubblico.
Invece, è stato annullato lo spettacolo previsto ad Agrigento.
E queste defezioni di un pubblico atteso numeroso al di la di ogni ragionevole prospettiva, la dicono lunga sul pompaggio mediatico cui questo spettacolo - come appendice del televisivo X Factor - è stato preventivamente sottoposto.

Nelle foto, Serena Abrami.
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