martedì 27 maggio 2008

Dietro le quinte del porno

Qualche tempo fa, in uno dei tanti cataloghi remainder che mi arrivano, mi sono imbattuto in un titolo che mi ha intrigato, Pornoland (foto di Stefano De Luigi, con un testo di Martin Amis). Un volume che nel mercato librario ha avuto poca fortuna, visto che, pur uscito nel 2004, è già passato al circuito dei metà-prezzo. L'ho ordinato, anche perchè apprezzo molto il modo di scrivere di Martin Amis, uno dei grandi narratori e saggisti inglesi della nuova generazione assieme a Ian McEwan e a pochi altri [Martin Amis (25 agosto 1949), figlio del prolifico scrittore Kingsley Amis, è autore di alcuni dei lavori più conosciuti della letteratura inglese moderna, in particolare di Money (1984) e di Territori londinesi (1989)].
Appena l'ho ricevuto, ho avuto la sorpresa di constatare che era un libro fotografico di grande formato, in carta patinata, con un saggio appunto di Martin Amis - dal titolo "Uno sporco lavoro" - contenuto nelle pagine centrali. L'ho sfogliato con piacere, trovandolo interessante: nella sua semplicità mi è parso un libro-denuncia - senza peraltro l'espressione di alcun giudizio moralistico facile e scontato - sul mondo del porno che è, di fatto, iperbolico e paradossale, sostanzialmente finto, ma anche crudele e "vampirico" nei confronti dei suoi adepti. E qui non si parla dei fruitori del porno che hanno modo di osservare il prodotto finito (e sostanzialmente finto, salvo rare eccezioni) da cui in seguito possono essere a loro volta "vampirizzati" (nel senso che poi finiscono per diventare dipendenti di questo tipo di rappresentazione), ma di quelli che il porno lo realizzano, come "nuovi" schiavi, veri cottimisti dell'eiculazione e dell'orgasmo.
Le belle foto di Stefano De Luigi e il testo di Martin Amis, offrono, infatti, un'impietosa carrellata su questo mondo. "Pornoland" non è un libro in sé "pornografico" ma un'incisiva inchiesta sul porno. Le foto, presentate in sequenza e senza spiegazioni sul luogo in cui sono state scattate, hanno sul lettore un forte impatto, perchè parlano del porno senza essere "pornografiche". Una delle caratteristiche del "porno" è che le cose, al suo interno, vengono presentate in maniera diretta e concreta, senza alcuno spazio per l'elaborazione simbolica da parte del fruitore, con l'utilizzo rigido di alcuni stilemi che devono sempre ricorrere per non disorientarlo.
Qui, invece, le immagini parlano simbolicamente: si tratta di dettagli, di istantanee di scena mosse apparentemente casuali, di fuoricampo che danno l'idea di ciò che, solitamente, sta dietro le quinte e che non deve essere mostrato. I colori fortemente saturi e la voluta sfuocatura rendono queste foto fortemente "esistenziali", spingendo il lettore ad intravedere un mondo di relazioni cupo e angosciato, senza gioia, senza felicità, ma dominato da un'intera gamma di solitudini e sostanzialmente dominato da un "vuoto" di parola. E ancora una volta all'occhio del fotografo non interessa cogliere foto di scena di performance sessuali, ma immagini di uomini e le donne che interagiscono oppure che se ne stanno sul set chiusi in un angosciato isolamento (e che forse hanno anche un po' perso la loro anima). In altri passaggi, le figure intere scompaion, per lasciare spazio ad ambienti vuoti in cui le presenze umane si sono fatte periferiche ed inessenziali, oppure prendono campo singoli dettagli, parti anatomiche estrapolate dal resto (una mano, un pezzo di volto - ma sempre e rigorosamente - niente di sessuale) estremamente eloquenti e tali da raccontare ciascuno di essi una storia complessa, ma anche per sottolineare la rapacità di un sistema che annienta gli essere umani, frammentandoli e riducendoli al rango di "pezzi" anatomici.
Solo alla fine, accanto alle icone di ciascuna delle fotografie presentate prima in grande formato, compare l'indicazione di "location" e data di scatto, com a dire che di luoghi reali si tratta e che le foto sono "documento" e non la costruzione di un mondo fantastico.
Il commento di Martin Amis è illuminante, sia perchè fornisce delucidazioni preziose sulle nuove frontiere dell'industria del porno sia perchè - senza veli e senza compiacimenti - dà voce ad alcuni personaggi che si muovono in un mondo "al limite" in cui - al di là dell'apparenza di vitalità e di gioiosa disponibilità (che appare nei prodotti finiti) - i personaggi femminili, pur dominati da un tono crepuscolare e depressivo dell'esistenza, non cessano di nutrire la speranza di conqistare un modo diverso di vivere.
Martin Amis illustra - tra le tante cose - la differenza tra il cinema porno "feature" (porno con un accenno di storia ed una sceneggiatura-canovaccio che impone agli attori una forma embrionaria di recitazione) e il genere "gonzo" (che sembra si stia imponendo nel gusto dei fruitori contemporanei) in cui scene sessuali estreme sono presentate senza alcun pretesto.
E' come se - mentre il porno "feature" rimane come un prodotto pornografico "gentile" e dai toni attenuati, il "gonzo" (di cui i massimi rappresentanti sono John Stagliano, Rocco Siffredi e
Nacho Vidal, rispettivamente USA, Italia e Spagna), fosse sempre più orientato ad offrire una forma di intrattenimento estremo in cui è di scena la rappresentazione coatta e claustrofobizzante d'una sessualità feroce e violenta, in cui non c'è più spazio nemmeno per un'abbozzata pantomima dei sentimenti.
C'è da chiedersi quale tipo di impatto possano avere sui più giovani simili immagini (soprattutto quelle del genere "gonzo"), quasi liberamente disponibili in DVD per l'acquisto o per il noleggio, o direttamente attraverso la rete.

mercoledì 14 maggio 2008

Sono i Comuni a versare un obolo per avere il transito del Giro d'Italia nel proprio territorio

L'amico Giorgio Garello, ultramaratoneta, fitwalker e promoter IUTA per il Piemonte, mi manda questa preziosa precisazione su "La magia del Giro d'Italia e la la trasfigurazione di una città".
Mi trovo d'accordo te praticamente su tutto.
Mi risulta però e questo cambia di molto le cose, che le amministrazioni comunali per avere il GIRO debbano "versare un obolo" particolarmente consistente agli organizzatori....
Di qui, la gestione del soldo che sposta impegno e visione dell'evento con un coinvolgimento che [da parte delle amminitrazioni comunali ospitanti] deve essere totale visto che lo si paga, con vincoli contrattuali che danno sicuramente il via a delle penali se non si rispetta totalmente quanto messo a contratto, e questo accade sia a Trento come a Catania (che sono esempi per dire dalle Alpi alle Piramidi).
C'è poi da sottolineare che la forza organizzativa/logistica del gruppo RCS - Gazzetta dello Sport -(che ho visto lavorare in giro per l'Italia) sembra essere di altissimo livello...
Per quanto riguarda la partecipazione della gente comune, l'esperienza della Maratona di Milano (che ha alle spalle parte dello stesso gruppo) dimostra come il popolo accetta il blocco per il Giro perchè "E' IL GIRO", mentre tutto il resto è limitazione della propria "libertà" di girare in auto per la città, dannandosi a "cercare parcheggio..."

martedì 13 maggio 2008

La magia del Giro d'Italia e la trasfigurazione di una città


Il Giro d'Italia è arrivato in Sicilia per la 15^ volta, rinnovando ancora una volta la sua magia.
Il primo "sbarco" della carovana della Gazzetta dello Sport risale al 1930 e accadde per interessamento dei Florio che
vollero fortemente in terra siciliana la già prestigiosa manifestazione: con le tre tappe siciliane dell'edizione targata 91, la storia dei rapporti tra la Sicilia e il Giro d’Italia è lunga 78 anni. Palermo ha ospitato la partenza di un Giro d'Italia e la sua prima tappa, già nel 1949 (1^ tappa Palermo-Catania), nel 1954 (1^ tappa a cronometro a squadre), nel 1986 (di nuovo una prima tappa a cronometro), mentre anche altre città siciliane hanno avuto l'onore di ospitare la prova d’esordio del tour ciclistico, come nel caso della "storica" Messina-Catania nel 1930, appunto, oppure del Giro di Catania nel 1976 o ancora della Taormina-Catania nel 1989 o della Agrigento-Modica nel 1999 (su 15 volte, per ben 8 volte - ad essere precisi - il Giro è partito dalla Sicilia).
Per esempio, nella storica ricorrenza del centenario dell'unità nazionale, il Giro d'Italia (nel 1961) ha seguito il percorso dei Mille attraverso la Sicilia, con le due tappe, la Marsala-Palermo (con arrivo a Palermo giù da Monreale per la lunga discesa di Corso Calatafimi, dove si erano raccolte due immense ali di folla per vedere il passaggio della carovana) e la Palermo-Milazzo, rispettivamente 5^ e 6^ tappa.
La Gazzetta dello Sport, dunque, non ha mai trascurato la Sicilia, regalando ai suoi cittadini - con una certa periodicità - la magia e la kermesse del Giro.
L'esordio di questa 91^ edizione è stato particolarmente sentito dai Siciliani anche perchè la Sicilia, non più "maglia nera" del Giro, ha messo in campo ben due suoi assi: il messinese Vincenzo Nibali ed il palermitano Giovanni Visconti, che ha
già indossato la maglia tricolore e che, questa volta, punta in alto.
La presenza di Giovanni Visconti ha suscitato nei palermitani che hanno assistito alla crono a squadre un giusto orgoglio campanilistico evidente sia negli applausi scroscianti a lui indirizzati, sia nel fatto che, sparsi lungo il circuito di gara di 23km 600m, erano stati disposti dai supporter numerosi striscioni di incitamento in onore del "picciotto" Visconti.
La tappa palermitana ha creato per tutto il 10 maggio un'atmosfera quasi incantata di silenzio sospeso.
Gran parte del percorso di gara era già stato chiuso ai mezzi pubblici sin dalle prime ore del mattino, mentre gli autoveicoli che non erano spostati per tempo dai proprietari erano stati rimossi per lasciare sgombra la sede stradale. A piazza Politeama e a piazza Massimo fervevano i preparativi per l’allestimento delle zone patenze ed arrivi, mentre si vedevano in giro numerosi cicloamatori e ciclisti master che avrebbero preso parte a dimostrazioni tecniche sul circuito di gara nella prima parte del giorno.
La città e le borgate di Pallavicino, Partanna Mondello e Mondello erano pervase da un'innaturale tranquillità. A Mondello, il viale del lungomare, interamente transennato e trasformato in un ampia pista, dava concretezza al sogno - condiviso purtroppo solo da pochi – d’una eliminazione significativa del traffico automobilistico dalla località balneare dei Palermitani.
Soprattutto, era abolito quasi del tutto quel rombo pressoché continuo che, di norma, fa da sfondo acustico ineliminabile di ogni attività umana nelle metropoli (tanto s'è abituati ad esso che non ci si fa più caso): muovendosi in uno scenario così inusitato, si provava una grande piacevolezza nel sentire il canto degli uccelli e lo stormire delle foglie e nel potere godere con pienezza della fragranza delle fioriture primaverili senza l'interferenza olfattiva del fetore dei gas di scarico.
Ciò che si sperimentava era una sensazione quasi di derealizzazione: l’impressione d'essere in un altro luogo, non nei posti abitudinari - nello spazio della quotidianità - ma in uno spazio quasi da sogno, nel mondo come lo vorremmo, privato radicalmente del frastuono innaturale ed opprimente delle automobili.
Potenza del Giro!
La cosa più stupefacente era che nemmeno gli automobilisti più impenitenti e protervi fossero in circolazione, pronti a forzare i blocchi ed altrettanto propensi a discutere e litigare, affermando il proprio diritto assoluto di muoversi liberamente sulla propria autovettura, estensione sulla strada pubblica del proprio spazio privato.
Viceversa, in attesa della partenza della tappa, erano tanti quelli che passeggiavano o che si muovevano indolentemente in bici, percorrendo tratti del circuito e sperimentando l’ebbrezza di circolare su strade deserte e silenziose. L'innaturale tranquillità e l'assenza di concitazione erano anche dovute alla dislocazione - lungo il circuito di gara - di oltre 700 Vigili urbani, oltre ai Carabinieri e ai rappresentanti delle Forze dell'Ordine (Pubblica sicurezza, Guardia di Finanza), ma anche al fatto che fosse stato predisposto dall'Amministrazione comunale un piano logistico efficace, tale da scoraggiare i più riottosi e da creare blocchi ed interruzioni della viabilità cittadina, mai a ridosso del circuito, allo scopo di prevenire incolonnamenti di vetture.
Lo scenario s'è ulteriomente trasfigurato, quando alle transenne metalliche che chiudevano gli incroci, s’è aggiunta una "recinzione" del percorso ad opera delle squadre logistiche della carovana del Giro. Con l'allocazione di una serie di basse transenne di legno,ricoperte dagli striscioni colorati con i loghi degli sponsor ufficiali, nel giro di poco tempo, quasi per magia è stata creata una vera e propria "pista" lungo la quale sarebbero sfrecciate di lì a poco le coloratissime squadre dei ciclisti (22 squadre, per l'esattezza) che avrebbero preso il via una dopo l'altro con o stacco di 5', a partire dalle 15.00.
Ancora, altro elemento derealizzante e quasi "fantasmagorico", era la pulizia della sede stradale; nessuno dei soliti detriti in vista (cartacce, bottigliette e bicchieri di plastica e quant'altro). Tutto era stato rimosso con solerzia dalle squadre di pulitori messi in campo dall'AMAP. In tempi da record, inoltre, il mantod'asfalto di interi tratti di strada era stato rifatto e così pure rimossi i dissuasori lungo Viale d’Ercole, all’interno del parco della Favorita.
Insomma, di fronte a quest'evento di rilevanza nazionale, ciascuno ha fatto la propria parte senza tirarsi indietro e persino i cittadini sono stati solerti nel rispettare le ordinanze sindacali.
Una dimostrazione forte e chiara del fatto che quando si vuole si può!
Per una volta, siamo stati alla stregua di altre città italiane del Nord che accolgono con rispetto e partecipazione simili eventi.
Nel constatare ciò, tuttavia, vi è un certo dispiacere: viene naturale chiedersi perchè la stessa cosa - un’analoga, partecipata, rispondenza - non debba verificarsi in occasione di altri eventi sportivi di rilevanza nazionale che si svolgono in Sicilia o altrove.
Ci si chiede con un po’ di amaro in bocca, perchè in concomitanza di maratone cittadine che attraggono centinaia di podisti, incrementando nelle nostre città la movimentazione turistica, si debba assistere alle scene pietose di automobilisti che minacciano di invadere la sede stradale della gara ed essere sommersi dagli strombazzamenti, dalle grida furibonde di protesta, dall'inquinamento con nuvole di gas di scarico da parte delle automobili che fanno pressione per passare, tutte con i motori in accelerazione.
Ci si chiede perchè le amministrazioni comunali non debbano attivare un analogo dispiegamento di mezzi e di personale per garantire la buona riuscita di eventi sportivi di altro genere: e ciò vale per la Sicilia come per altre città italiane. La Sicilia, in questo - per fortuna! - non è la regione più arretrata o più incivile, perchè anche nell’evoluta Milano – in occasione della maratona con migliaia di podisti presenti - ne succedono di tutti i colori sino al lancio di ortaggi muffiti e uova marce addosso ai poveri maratoneti, nella totale indifferenza da parte dei tutori dell'Ordine pubblico e dell'Amministrazione locale.
Se il Giro d'Italia fa spettacolo e, ad ogni tappa, attrae lungo il percorso centinaia se non migliaia di spettatori, rispettosi (desiderosi e appagati di vedere il passaggio della carovana e i loro mostri sacri in testa), altri sport non sono soltanto spettacolo da vedere ma hanno anche il pregio di essere occasione concreta di partecipazione, di coinvolgimento in forme di attività motorie e ludiche in occasione degli eventi collaterali predisposti e, per questo, momenti preziosi di promozione sportiva e stili sani di vita per l’intera cittadinanza.
Quindi, altri sport sono per tutti i cittadini, ai quali devono essere offerti nella forma migliore: è colpevole un'Amministrazione comunale che, avendo dimostrato di poter garantire una più che perfetta organizzazione in occasione del Giro d’Italia, si mostri distratta e negligente in concomitanza di altri eventi (che rappresentano, ben di più, il pane quotidiano delle pratiche sportive, a differenza del Giro che arriva una volta soltanto ogni tanti anni come una pietanza straordinaria ed insolita e più che altro da "guardare", uno spettacolo di "intrattenimento" e poco più).
C'è da chiedersi se tutto lo sforzo dispiegato in occasione del Giro non rientri piuttosto di quell’insieme di strategie che concorrono a dar forma e forza alla cosiddetta "politica della vetrina" prediletta dai politici (con la conseguente statuizione che l’efficienza, in determinate occasioni, non è espressione di apertura culturale degli amministratori, ma frutto soltanto di premeditato calcolo) o se, ancora una volta, non ci sia di mezzo un giro di soldi (in termini di contributi e quant’altro), visto che è evidente a tutti che la macchina organizzativa del Giro d'Italia fa girare molti milioni.
Forse, sarebbe lecito concludere che gli organizzatori di maratore siano soltanto degli ingenuotti quando pretendono che le amministrazioni comunali si impegnino a garantire una buona sorveglianza del percorso di gara e il controllo logistico del traffico cittadino e, contemporaneamente, diano loro supporti economici per la gara. Troppa grazia!!!
Il Giro d'Italia, invece, non chiede soldi a nessuno, ma - viceversa – porta, assieme alla sua carovana, soldi e finanziamenti.
E i soldi fanno girare il mondo: questa purtroppo è storia nota. E, se ci sono i soldi, allora si può realizzare una cosa senza sbavature e farla andare come una macchina ben oliata.
E' anche vero ed innegabile che il Giro abbia la sua magia: questa ha a che vedere con la sua capacità di attrarre spettatori e fan che se stanno lì per vedere passare in un turbine di pochi minuti la carovana oppure il passaggio, in pochi secondi appena, delle squadre, impegnate nella prova a cronometro e veloci come frecce. La magia del Giro è in quell'attesa di ore sul ciglio di una strada, che trova il suo culmine nel passaggio degli uomini in fuga, degli scalatori, dei portenti e dei talentuosi, ma poi anche nella sfilata dei gregari, delle auto di supporto e dei cameraman sulle moto, e poi, alla fine, di tutto nel transito della "maglia nera" della tappa, dell'ultimo uomo, fanalino di coda della carovana.
Per il resto, dietro la magia e la kermesse ci sta una questione di soldi: più sono i soldi in campo, migliore sarà l'organizzazione risultante.
Passati i fasti del giro, gli sportivi siciliani ritorneranno, quindi, a dibattersi nelle loro miserie quotidiane (strade sporche ed invase dal traffico), nelle inadempienze delle amministrazioni comunali nel favorire sport diersi dal Calcio, nella loro scarsa e distratta rispondenza alle esigenze poste dagli organizzatori per la buona riuscita di gare podistiche e di altri eventi sportivi che siano veramente popolari e per tutti (e che, soprattutto, attivino la voglia di fare dello sport, facendo uscire molti cittadini dalla prigione dello sport “guardato” e dello sport “spettacolo”).

sabato 10 maggio 2008

BIMBIMBICI: la IX edizione si svolgerà, l'11 maggio 2008, simultaneamente in 237 piazze italiane tra cui Palermo.

L’11 maggio si svolgerà simultaneamente in 237 piazze italiane la manifestazione nazionale “Bimbinbici”, un’iniziativa promozionale ed educativa rivolta ai più piccini (e ovviamente alle loro famiglie) per promuovere l’uso delle due ruote “a trazione umana”. Particolarmente significativa, dell’insieme dell’iniziativa nazionale “Bimbinbici”, sarà la "celebrazione" palermitana che cade proprio mentre si saranno spenti da poche ore gli ultimi riflettori sulla prima tappa a cronometro del Giro d'Italia e su tutte le manifestazioni accessorie che, da Giovedì 8 maggio, hanno riempito d'animazione la nostra città.

C’è da sperare che qui a Palermo possa svilupparsi sempre di più, anche attraverso simili iniziative a valenza educativa, la mobilità “bicibus”, a somiglianza di quanto già avviene in altre città d’Italia. Soltanto utilizzando la bici sin dalla più tenera età, acquisendo dimestichezza con le due ruote, imparando la consapevolezza della propria fragilità nel rapporto con i più potenti (e prepotenti) mezzi meccanici, i bambini - divenuti adulti - potranno scegliere senza remore l’utilizzo della bici per i spostamenti intracittadini. La cosa più importante è che entri nella consapevolezza di tutti che la bici è un mezzo assolutamente funzionale, economico, non inquinante e che va utilizzata non soltanto per il diletto e nel tempo libero, ma soprattutto come mezzo di trasporto. Naturalmente occorre anche che le strade cittadine siano rese più sicure, che siano studiate dei percorsi ciclabili preferenziali, come è nelle città europee più “civili” sotto questo profilo. A Palermo molto s’è fatto negli ultimi anni a partire da un’embrionaria consapevolezza che qualche iniziativa andava pur intrapresa per ridurre le convulsioni d’un traffico impazzito, con le prime sperimentazioni di una pista ciclabile lungo il maggiore asse viario cittadino (tutto Viale della Libertà) con la Giunta Orlando: un att, in verità puramente simbolico, ma non funzionale.
Adesso è in corso di realizzazione avanzata una lunga via ciclabile che porta da via Messina Marine a Mondello, con la previsione di alcune diramazioni perpendicolari. Ma la messa in opera di una o più piste ciclabile non può rimanere un atto amministrativo isolato: occorre creare tutti
gli accorgimenti necessarie perché esse siano fruibili a permanenza. E quindi: dissuasori contro il parcheggio selvaggio ed invadente, delimitazioni non rimovibili, manutenzione, sanzioni ai trasgressori. E, oviamente, occorre muoversi con iniziative idonee a far crescere la "cultura" del movimento in bici, sia con iniziative come la "Bimbinbici", sia con attivazioni sul piano culturale (per esempio, non sarebbe male divulgare il pensiero di Ivan Illich sul movimento in bici) attraverso incontri e conferenze, sia con la promozione di passeggiate ecologiche e con periodici incontri di "massa critica" che, con loro trasversalità, consentono ad utenti diversi delle due ruote (sostenuti da motivazioni diverse) di incontrarsi e trovare convergenze su comuni interessi.
Comunque, è indubbio che qualcosa si stia facendo e che Palermo stia muovendo i primi timidi passi per diventare una città “ciclabile”.

Il comunicato stampa del comunicato organizatore
Il 5 maggio s’è svolta presso la sala multimediale del Monte dei Paschi di Siena, sponsor dell’evento insieme all'azienda Doria, la conferenza stampa per la presentazione della IX edizione di Bimbimbi.

Testimonial dell’evento sarà il noto giornalista Mediaset Paolo Brosio, da sempre impegnato nelle iniziative legate allo sport e al sostegno dei più svantaggiati. Dopo il crescente successo delle scorse edizioni le piazze ritornano per la nona edizione consecutiva ad essere popolate da migliaia di bambini tra i 3 e gli 11 anni, desiderosi di trascorrere una giornata emozionante, all’insegna del puro divertimento nel rispetto della sostenibilità ambientale e della mobilità urbana. Le stime parlano di oltre 50.000 bambini e altrettanti adulti accompagnatori che pedaleranno tra le vie delle 237 città che hanno aderito all’iniziativa. Ed è un primo grande traguardo se si pensa che nel 2000, anno della sua prima edizione, le adesioni erano state soltanto 32 prevalentemente nel nord Italia. Tale numero ha subito una crescita “esponenziale” (108 nel 2003, 198 nel 2007) anche in termini qualitativi: si annoverano oggi molte amministrazioni locali del sud e delle isole, entusiaste di ospitare un evento di tale portata.

«Ciò che dobbiamo fare è lobbying, pressione politica, affinché si creino le condizioni per una mobilità sostenibile e meno convulsa» risuona l’appello di Luigi Riccardi, direttore della FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, istituzione promotrice dell’evento. Bimbimbici propone una nuova filosofia, destinata a eludere i confini nazionali e proiettarsi in Europa. Dopo il successo riscosso dalla presentazione dell’iniziativa in Belgio e Spagna, si sta tentando di rendere l’evento una manifestazione europea attraverso la collaborazione dell’ECF – European Cyclists Federation. Anna Pavan, responsabile di Bimbimbici Milano, sottolinea come una «formula di successo» replicata nel corso degli anni in tutta Italia abbia saputo consolidare sempre più tale iniziativa.
Bimbimbici è anche molto di più. È un viaggio alla «riscoperta della natura che sembra non esserci più nelle grandi città»: da tali parole trapela l’entusiasmo di Nadia Zanoni, responsabile nazionale dell’iniziativa. Pedalare è l’occasione di scoprire le piccole cose che la frenesia quotidiana spesso ci impedisce di vedere.

«Le piste ciclabili consentono di creare degli ambienti a misura d’uomo e rendere la città più vivibile; un ambiente tale rappresenta un valore aggiunto in termini di civiltà e non deve essere visto come fastidio». Le parole di Paolo Brosio incarnano perfettamente la nuova cultura promossa da Bimbimbici. Del resto, il noto giornalista televisivo non è nuovo a simili iniziative. La sua passione per la bici affonda le proprie radici in un programma televisivo in occasione del Giro ciclistico d’Italia, durante il quale egli percorre in bicicletta circa 1500 Km accanto ai più grandi campioni.
Lo stesso Brosio è l’ideatore dell’iniziativa “Olimpiadi del Cuore”, evento sportivo di solidarietà, sostenuto da “BIMBIMBICI”, che coinvolge le maggiori celebrità allo scopo di raccogliere fondi destinati ai bambini malati di cuore.

Cos’è Bimbimbici
Una pedalata cittadina riservata ai bambini fino agli 11 anni (cioè dalle scuole materne alle elementari), che si tiene ogni anno, la prima domenica di maggio.
Una pedalata gioiosa, un’occasione di festa per tutti quegli utenti deboli delle strade e delle piazze che, come i bambini, vivono quotidianamente la città come luogo riservato ad utenti forti (in primo luogo gli automobilisti) per i quali la fisionomia della città assume strutture e configurazioni funzionali ad un certo tipo di sviluppo; nella città si costruiscono parcheggi ma non spazi verdi, nella città si costruiscono strade dove potersi muovere a velocità sempre più alte e non zone 30.
Quali la filosofia e quali gli obiettivi
La bicicletta, oltre ad essere un’allegra occasione di gioco per i bambini, rappresenta un importante momento di crescita autonoma e di formazione civica, nonché una possibilità per un percorso educativo rispettoso dell’ambiente e dei diritti di tutti. La Fiab ha deciso di promuovere Bimbimbici®, per riaffermare il tema della sicurezza dei più piccoli negli spostamenti quotidiani e, in particolare, in quelli casa-scuola. Solo se le strade sono sicure per tutti, i bambini possono spostarsi in modo autonomo in città.
La strada e i bambini in bicicletta: operare in direzione di una rivoluzione copernicana delle attuali tendenze disuminazzanti
Di chi è oggi la strada? Non c’è dubbio: dei "più forti": dei camion, dei bus, dei furgoni, delle auto che sfrecciano a velocità folli, che lasciano dietro di sé una scia di fumo tossico e producono un frastuono assordante e un altissimo numero di incidenti. E poi le auto, anche quando sono ferme, occupano i bordi delle strade, le piazze, i marciapiedi, togliendo alle persone spazi sempre più grandi. Così, i pedoni sono costretti a camminare su marciapiedi ristretti; i ciclisti obbligati a fare la gimcana tra un’auto e l’altra, i bambini, i più indifesi, a vivere in questa città degli adulti che a malapena si accorgono di loro. Tutti "utenti deboli" della strada che subiscono i danni dell’inquinamento e corrono i rischi più grossi per la loro incolumità e salute.
Circolare in bici è diventato difficilissimo: il traffico dei mezzi motorizzati, convulso e sempre meno rispettoso di regole, allontana i bambini dalle strade e dalle piazze. Restano i "fazzoletti" delle aree verdi, spesso così piccole ed affollate che andare in bici diventa difficoltoso e poco divertente.
Eppure…
Per un bambino la bicicletta significa trascorrere il tempo all’aria aperta, scoprire quel che c’è attorno; acquisire sicurezza nei propri mezzi, riconquistare la strada con tutte le sue possibilità di socializzazione; significa divertirsi a patto di farlo in libertà e senza doversi continuamente guardare dalle auto.
Impossibile?
Affatto!
In Paesi appena come l'Austria, la Germania o la Svizzera tutto ciò avviene. Là ci sono corsie e piste ciclabili protette, spazi verdi ben tenuti, zone residenziali in cui le auto circolano a bassa velocità, percorsi casa-scuola accuratamente studiati.
La Fiab crede fermamente che tutto ciò si possa realizzare anche in Italia.

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